Compie dieci anni l’enciclica programmatica del pontificato di Francesco, ed è la perfetta sintesi del ciclo sullo zelo apostolico
di Michele Brambilla
Papa Francesco spiega, all’inizio dell’udienza del 15 novembre, che «dopo aver incontrato diversi testimoni dell’annuncio del Vangelo, mi propongo di sintetizzare questo ciclo di catechesi sullo zelo apostolico in quattro punti, ispirati all’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, che in questo mese compie dieci anni». Si tratta, infatti, dell’enciclica programmatica del pontificato, che ha al centro il fatto che il Vangelo «è l’annuncio di “una grande gioia” (Lc 2,10). E la ragione? Una buona notizia, una sorpresa, un bell’avvenimento? Molto di più, una Persona: Gesù».
La fonte della gioia autentica è Gesù, Dio fatto uomo, «ecco perché un cristiano scontento, un cristiano triste, un cristiano insoddisfatto o, peggio ancora, risentito e rancoroso non è credibile. Questo parlerà di Gesù ma nessuno gli crederà». Non è un caso che «le ideologie sono fredde, tutte. Il Vangelo ha il calore della gioia. Le ideologie non sanno sorridere, il Vangelo è un sorriso, ti fa sorridere perché ti tocca l’anima con la Buona Notizia».
«La nascita di Gesù, nella storia come nella vita, è il principio della gioia: pensate a quello che è successo ai discepoli di Emmaus che dalla gioia non potevano credere, e gli altri, poi, i discepoli tutti insieme, quando Gesù va al Cenacolo, non potevano credere dalla gioia (cfr Lc 24,13-35)», ricorda il Papa. Questo riporta l’attenzione ancora una volta sul discepolo: come insiste a dire il Pontefice, «i primi a dover essere evangelizzati sono i discepoli, i primi a dover essere evangelizzati siamo noi, cristiani: siamo noi. E questo è tanto importante. Immersi nel clima veloce e confuso di oggi, pure noi, infatti, potremmo trovarci a vivere la fede con un sottile senso di rinuncia, persuasi che per il Vangelo non ci sia più ascolto e che non valga più la pena impegnarsi per annunciarlo. Potremmo addirittura esser tentati dall’idea di lasciare che “gli altri” vadano per la loro strada. Invece proprio questo è il momento di ritornare al Vangelo per scoprire che Cristo “è sempre giovane e fonte costante di novità” (Evangelii gaudium, 11)».
«Così, come i due di Emmaus, si torna nella vita quotidiana con lo slancio di chi ha trovato un tesoro», fino a scoprire «che l’umanità abbonda di fratelli e sorelle che aspettano una parola di speranza. Il Vangelo è atteso anche oggi: l’uomo di oggi è come l’uomo di ogni tempo: ne ha bisogno, anche la civiltà dell’incredulità programmata e della secolarità istituzionalizzata», soggiunge: «anzi, soprattutto la società che lascia deserti gli spazi del senso religioso, ha bisogno di Gesù». Allora «questo è il momento» forse più «favorevole all’annuncio di Gesù»: diradatisi i fumi ideologici dei secoli “moderni”, riappare la tensione che ogni uomo ha verso l’Infinito. E ad ogni uomo bisogna ripetere che «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia».
Ogni fedele cattolico trovi il tempo per riconoscere che «Gesù, Tu sei dentro di me: io voglio incontrarTi tutti i giorni. Tu sei una Persona, non sei un’idea; Tu sei un compagno di cammino, non sei un programma. Tu sei Amore che risolve tanti problemi. Tu sei l’inizio dell’evangelizzazione. Tu, Gesù, sei la fonte della gioia».
Giovedì, 16 novembre 2016