Giovanni Paolo II, Cristianità n. 252-253 (1996)
Discorso ai partecipanti al Symposium su «Evangelium vitae» e Diritto, del 24-5-1996, nn. 2-4, in L’Osservatore Romano, 25-5-1996. Titolo redazionale.
«Il Diritto è istituito per gli uomini»
[…] studiare i moderni ordinamenti giuridici conduce a riformulare, con chiarezza, un adeguato e pertinente nesso tra etica e diritto, facendo costante riferimento ai principi fondamentali della persona umana, chiaramente puntualizzati nell’Enciclica Evangelium vitae.
L’Enciclica ha inteso infatti riaffermare la visione della vita umana che scaturisce con pienezza dalla rivelazione cristiana, ma che, nel suo nucleo essenziale, è attingibile anche dalla ragione umana. Lo ha fatto senza tener conto degli arricchimenti che la riflessione razionale è venuta maturando nel corso dei secoli. Di fatto, riconoscere il valore della vita dell’uomo, dal concepimento alla sua fine naturale, è una conquista della civiltà del diritto che deve essere tutelata come un bene primario della persona e della società. Oggi, tuttavia, in non poche società non è raro assistere ad una sorta di regresso di civiltà, frutto di una incompleta e a volte distorta concezione della libertà umana, che spesso trova pubblica legittimazione nell’ordinamento giuridico statuale. Avviene cioè che al rispetto dovuto all’inalienabile diritto alla vita di ogni essere umano si contrappone una concezione soggettivistica della libertà, svincolata dalla legge morale. Questa concezione, fondata su gravi errori relativi alla natura stessa della persona e dei suoi diritti, è riuscita, avvalendosi delle regole maggioritarie, ad introdurre non di rado nell’ordinamento giuridico la legittimazione della soppressione del diritto alla vita di esseri umani innocenti non ancora nati.
È utile pertanto mettere in rilievo, in prospettiva sia filosofica che giuridica, l’intimo rapporto che intercorre tra le Encicliche Veritatis splendor e Evangelium vitae: nella prima è posto in evidenza l’influsso che esercitano, nel sovvertimento dell’ordine morale e del diritto, «correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità» (n. 4, AAS 85 [1993], 1136). Nella Evangelium vitae, parlando della urgenza di promuovere una «nuova cultura della vita» e del «nesso inscindibile tra vita e libertà», viene ribadita la necessità di riscoprire «il legame costitutivo che unisce la libertà alla verità», perché «sradicare la libertà dalla verità oggettiva rende impossibile fondare i diritti della persona su una solida base razionale» (n. 96, AAS 87 [1995], 510).
Affermare un diritto della persona alla libertà, prescindendo dalla verità oggettiva sulla stessa persona, rende di fatto impossibile la stessa costruzione di un ordinamento giuridico intrinsecamente giusto, perché è proprio la persona umana — così come essa è stata creata — il fondamento e il fine della vita sociale a cui il Diritto deve servire.
La centralità della persona umana nel Diritto è espressa efficacemente dall’aforisma classico: «Hominum causa omne ius constitutum est». Ciò equivale a dire che il Diritto è tale se e nella misura in cui pone a suo fondamento l’uomo nella sua verità. Chi non vede come questo principio basilare di ogni giusto ordinamento giuridico sia seriamente minacciato da concezioni riduttive dell’essenza dell’uomo e della sua dignità, quali sono quelle di ispirazione immanentistica e agnostica? Simili concezioni hanno fornito, nel secolo che sta per concludersi, legittimazione a gravi violazioni dei diritti dell’uomo, in particolare del diritto alla vita.
Giovanni Paolo II