Di Matteo Mattzuzzi da Il Foglio del 28/11/2023
Roma. Dopo il Papa che, tramite lettera privata inviata a quattro ex partecipanti del Cammino sinodale tedesco, ha espresso tutta la sua preoccupazione per le derive del percorso assembleare in Germania, arrivando fino al punto da definire contraria alla struttura sacramentale della Chiesa cattolica l’istituzione dell’organo “consultivo e decisionale” cui si dovrà occupare il Comitato sinodale che già mesi fa il Vaticano aveva ritenuto illegittimo, stavolta tocca al segretario di stato. Il Tagespost ha infatti reso nota una lettera del cardinale Pietro Parolin che fissa chiari paletti all’azione dell’episcopato tedesco. Destinataria è la signora Beate Gilles, segretaria generale della Conferenza episcopale. Il segretario di stato ricorda che è in corso un Sinodo sulla sinodalità e che dunque “bisogna rendersi conto che si sta svolgendo una via sinodale universale convocata dal Santo Padre”, per cui è “necessario rispettare questo percorso ed evitare l’impressione che siano in corso iniziative parallele”. Detto ciò, Parolin entra a gamba tesa sui due punti più delicati del Synodale Weg, il Cammino sinodale al di là delle Alpi. Punto primo: il sacerdozio femminile. I tedeschi sono favorevoli ma il Papa “ha espressamente riaffermato” che come aveva ricordato Giovanni Paolo II “la Chiesa non ha nessuna autorità di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne”.
Il segretario di stato va oltre, perché avverte i riottosi che sono possibili “conseguenze disciplinari”, compresa la scomunica per chi “ordina una donna”. Punto secondo: gli omosessuali. Aperture e accoglienza sì, ma fino a un certo punto, perché “una Chiesa locale non ha la possibilità di avere una visione diversa” rispetto a Roma. E la valutazione caso per caso, ad esempio rispetto alla benedizione delle coppie omoaffettive? “Anche se si riconosce che da un punto di vista soggettivo ci possono essere vari fattori che chiedono di non giudicare le persone, in alcun modo la valutazione della moralità oggettiva di questi atti può essere cambiata”.
La chiarezza di quanto affermato dal cardinale Parolin, paradossalmente, è destinata a provocare reazioni confuse. Il motivo è semplice, visto che è stato proprio il Pontefice, nel suo documento programmatico, l’Evangelii gaudium, a stabilire che le Conferenze episcopali hanno anche poteri in materia dottrinale. Ed è proprio sfruttando tale breccia che il Cammino sinodale tedesco (ma non solo, le medesime istanze benché in modo meno ultimativo sono state fatte proprie anche da altri episcopati) ha potuto avviare un processo di radicale riforma in contrasto – come s’è visto – con Roma. Ma la lettera del segretario di stato conferma anche che nei piani del Papa il Sinodo sulla sinodalità dovrà fare da calmiere di tutte le istanze più “avanzate” provenienti dalle Chiese locali. Ogni spinta, anche la più estrema, dovrà essere portata a Roma e lì, in assemblea, valutata e resa compatibile con le proposte degli altri episcopati. Fatta decantare, insomma. In ogni caso, il dialogo con la Conferenza tedesca proseguirà: a gennaio, aprile e giugno sono previsti incontri per cercare una soluzione che eviti drammatiche fratture, tutt’altro che impossibili, considerato anche che in Germania non sembrano voler recedere dai propositi più azzardati: “Non si tratta di negoziare. Si tratta di capire se si vuole affrontare i problemi che esistono nella Chiesa cattolica”, ha detto il vicepresidente del potentissimo Comitato centrale dei cattolici tedeschi, Thomas Söding. E per chiarire meglio il concetto, ha detto che quanto all’ordinazione delle donne “prima discutiamone e poi vedremo il risultato”. La questione è seria: lo scorso 11 novembre la Conferenza episcopale tedesca ha istituito il tanto contestato Comitato sinodale, che prevede la presenza attiva dei laici con diritto di voto anche per questioni attinenti la vita della Chiesa (due giorni dopo, lunedì 13, il Papa ha ricevuto in udienza il nunzio in Germania, mons. Nikola Eterovic, e non pare una casualità). Si tratta di un primo passaggio che dovrebbe portare all’istituzione di un “Consiglio sinodale” nel 2026, sul quale è già calata la scure vaticana tramite altolà pronunciato dai cardinali prefetti del dicastero per la Dottrina della fede e dei Vescovi e dal segretario di stato. Sulle rive del Reno non si spaventano: dopotutto hanno già rispedito al mittente i moniti papali. E non solo una volta.