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Ti trovi qui: Home / Dalla stampa / Iniziato il processo a Jimmy Lai, in aula a sostenerlo anche il card. Zen

Iniziato il processo a Jimmy Lai, in aula a sostenerlo anche il card. Zen

23 Dicembre 2023 - Autore: Alleanza Cattolica

AsiaNews logo

Da Asianews del 18/12/2023

Hong Kong (AsiaNews) – Dopo i ripetuti rinvii è cominciato questa mattina a Hong Kong in mezzo a un dispiegamento imponente di forze di sicurezza, il più importante dei processi a Jimmy Lai – l’imprenditore e attivista pro-democrazia – accusato di sedizione e collusione con forze straniere, reati che ai sensi della Legge sulla sicurezza nazionale verrebbero puniti con la pena dell’ergastolo. Lai – 76 anni, cattolico, fondatore del giornale indipendente Apple Daily, costretto alla chiusura dalle autorità nel 2021 – è già in carcere da più di mille giorni, dopo la stretta imposta da Pechino che nel 2020 ha portato dietro le sbarre tutti i protagonisti del movimento pro-democrazia e sta già scontando una condanna a cinque anni e nove mesi per “frode”, sulla base di accuse legate ai finanziamenti del giornale.

Il processo – considerato una cartina di tornasole di ciò che resta dello stato di diritto a Hong Kong – si è aperto presso il Palazzo di giustizia di West Kowloon, dove ai 400 posti per il pubblico nell’aula sono state aggiunte 4 sale dalle quali è possibile seguire il dibattimento in streaming. Jimmy Lai è apparso magro ma sorridente: ha salutato da lontano la moglie Teresa presente in aula, insieme a tanti amici tra cui il card. Joseph Zen, che a 92 anni e dopo essere stato lui stesso alla sbarra come imputato ha voluto in questo modo esprimere il proprio sostegno al fondatore dell’Apple Daily. Fuori dal tribunale – tra le forze dell’ordine in assetto di massima sicurezza, con persino un furgone anti-bomba come parte della narrazione del “pericolo” rappresentato da Jimmy Lai – è andata in scena la protesta pacifica di Alexandra Wong, 67 anni, attivista pro-democrazia conosciuta come “nonna Wong”. Ha gridato “Sostengo Jimmy Lai perché voglio la verità. Voglio leggere di nuovo l’Apple Daily”, prima di essere portata via dalla polizia.

A processare Jimmy Lai è un collegio di tre giudici appositamente nominati, senza una giuria. Pur avendo come molti cittadini di Hong Kong un doppio passaporto, gli è stata negata nei mesi scorsi la possibilità di essere difeso dall’avvocato britannico Timothy Owen, un giurista di fama internazionale. Ad assisterlo è dunque un avvocato di Hong Kong, Robert Pang, che oggi ha subito sollevato una questione procedurale: la Legge sulla sicurezza nazionale si rifà a una vecchia normativa coloniale inglese che fissava un termine di sei mesi per sollevare l’accusa di sedizione. Jimmy Lai è accusato di aver cospirato per stampare, pubblicare, vendere o distribuire “pubblicazioni sediziose” tra l’aprile 2019 e il 24 giugno 2021 – quando l’ultima edizione dell’Apple Daily è stata pubblicata in seguito a un raid della polizia e all’arresto anche degli altri dirigenti. Ma l’accusa contro l’imprenditore (che si trovava già in carcere) è stata avanza formalmente solo il 28 dicembre 2021, cioè più di sei mesi dopo.

Difficilmente questa argomentazione basterà a smontare il processo, ma rende comunque l’idea di quale grado di arbitrio nell’uso della legge sia stato utilizzato per colpire a Hong Kong il fronte pro-democrazia. Domani intanto la parola passerà all’accusa in un dibattimento che è previsto duri circa 80 giorni.

Intanto a favore di Jimmy Lai ieri è intervenuto il ministro degli Esteri di Londra David Cameron, chiedendone la liberazione in quanto cittadino britannico. “Come giornalista ed editore – ha scritto in una dichiarazione ufficiale – è stato preso di mira in un chiaro tentativo di fermare l’esercizio pacifico dei suoi diritti alla libertà di espressione e di associazione. Chiedo alle autorità di Hong Kong di porre fine all’azione penale e di rilasciare Jimmy Lai”.

Già qualche giorno fa il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Wang Wenbin aveva replicato a un incontro tra Cameron e il figlio di Jimmy Lai definendo il fondatore dell’Apple Daily come “il principale pianificatore degli incidenti anti-cinesi e destabilizzanti di Hong Kong”, “un agente e una pedina delle forze anti-Cina, nonché il manipolatore dietro le quinte dei disordini che hanno sconvolto la prosperità e la stabilità” della metropoli, definendo “equi e legittimi” i processi che si svolgono a Hong Kong.

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