Da Avvenire del 18/02/2024
La «tragica» morte di Alexseij Navalny «in una prigione russa » è «stato un omicidio politico» con un legame «diretto con il passato sovietico», scrive Memorial International in un comunicato. Per l’associazione che ha tra i suoi fondatori il più noto dei dissidenti russi Andreij Sakharov, dal 2021 di fatto messa fuori legge dalla magistratura russa, “la serie di omicidi politici e i prigionieri politici morti nei campi e nelle prigioni evidenzia questo legame criminale”, si denuncia, ricordando i nomi, oltre che di Navalny, di Vasilij Stus, poeta ucraino, morto alla stessa età di Navalny, nel carcere del campo di lavoro di Perm il 4 settembre 1985 e Anatolij Marchenko, scrittore e difensore dei diritti umani, morto a 49 anni nella prigione di Cistopol l’8 dicembre 1986”.«L’attuale regime cerca di riportare un Paese enorme, insieme ai suoi milioni di abitanti, nel “glorioso Passato sovietico ». Lo fa «con la violenza, l’aggressione, la privazione della libertà nei confronti di milioni di persone, l’omicidio dei prigionieri politici», scrive ancora Memorial.«La morte di Alexseij Navalny è una tragedia non solo per la sua famiglia, i suoi amici e collaboratori, ma per tutti coloro che desiderano che la Russia diventi uno Stato democratico e non una minaccia per i paesi circostanti, che desiderano la conclusione della guerra e il ritiro delle truppe della Federazione Russa dall’Ucraina. La sua morte è l’ennesimo crimine del regime putiniano per il quale i responsabili devono essere puniti», si sottolinea, precisando che «la cosa migliore che possiamo fare adesso è ricordare la risposta di Alexseij Navalny quando gli chiesero un messaggio da lasciare ai suoi sostenitori, nell’eventualità che fosse ucciso: “Non arrendetevi”».