Da Avvenire del 09/03/2024
Inviato a Mykolaiv
In un remoto cimitero coperto di neve è apparso un volantino. Qualcuno lo ha appoggiato sopra la lapide appena posata sulla tomba di un giovane soldato russo morto in Ucraina. «Se non fosse per lui sarei vivo», c’è scritto. A poche decine di chilometri un’altra mano ignota incollava lo stesso foglio in bianco e nero accanto alla foto di un altro caduto. La faccia è quella di Vladimir Putin. La firma: i “legionari” russi che hanno dichiarato guerra al Cremlino. Del resto lo avevano giurato sparando su una foto dello zar. Un gesto violento, secondo lo spartito della retorica di guerra. Ma ora sono tornati ai fatti. Dalla Bielorusia alla Russia profonda le formazioni dell’opposizione armata stanno mettendo a segno un attacco dopo l’altro: ferrovie, centrali elettriche, centri per l’arruolamento. Azioni accompagnate da una campagna di comunicazione indirizzata soprattutto alle madri, alle mogli e agli orfani delle decine di migliaia di militari arruolati alla svelta e mandati a morire in Ucraina.
Il nuovo impulso ai partigiani che il Cremlino indica come «terroristi» è arrivato dalla folla che ancora omaggia Alexeij Navalny, il celebre dissidente che secondo la “Legione Libertà” è stato ucciso «dalla mafia di Putin». Il primo attacco della nuova stagione di lotta armata è stato compiuto la scorsa settimana. Mosca minimizza e preferisce non entrare nel merito. Più dei danneggiamenti, sono temute le reazioni emotive nelle settimane che precedono un’altra trionfale rielezione per Vladimir Putin.
« Il traffico ferroviario è stato sospeso nella regione meridionale di Samara», si legge su una scarna nota delle agenzie di stampa russe. Citano i servizi di emergenza, che hanno parlato di una esplosione, ma precisando che «l’incidente non ha provocato feriti». Fonti locali hanno confermato che il sabotaggio è stato causato «dall’intervento di persone non autorizzate». L’Ucraina dista un migliaio di chilometri, ma lungo quella strada ferrata passano i carichi destinati alle prime linee russe, oltre ai convogli che garantiscono l’arrivo di altri uomini da sacrificare sul fronte avanzato. « Un ordigno esplosivo ha danneggiato un pilastro del ponte ferroviario », sopra il fiume Chapayevka, ha spiegato una fonte del servizio di emergenza citata dall’agenzia ufficiale Tass. Nel tratto che collega la città di Zvezda a quella di Chapayevsk, il transito ferroviario è stato sospeso. Le autorità non hanno indicato alcuna pista investigativa.
I gruppi di russi che hanno scelto di arruolarsi in Ucraina contro l’armata di Mosca affermano invece che si tratta di azioni coordinate dalle formazioni dissidenti. Da quando la Russia ha lanciato l’offensiva contro l’Ucraina nel febbraio 2022, sono stati segnalati numerosi danneggiamenti ai binari ferroviari nelle regioni meridionali della Federazione. In diverse occasioni Mosca ha accusato Kiev di essere responsabile, ma nelle ultime settimane il Cremlino ha preferito non contribuire a pubblicizzare gli attacchi compiuti in casa propria da parte di “lupi solitari” ancora non identificati.
Subito dopo la morte di Navalny, molti residenti delle città russe di confine hanno ricevuto sms e messaggi su canali telegram con una richiesta: « Dateci informazioni sulle strutture militari». Una nuova sfida stavolta in campo aperto e rivolta alla capillare intelligence di Mosca. « In meno di una settimana siamo stati contattati da lavoratori dell’industria della difesa, personale militare, funzionari pubblici, agenti delle forze dell’ordine e semplici cittadini che hanno accesso alle informazioni di cui abbiamo bisogno», assicurano i fedelissimi del “comandante Caesar”, il controverso leader della “Legione Libertà”, che Mosca dipinge come un traditore destinato alle prigioni siberiane, ma che in meno di due anni grazie al conflitto in Ucraina ha rivendicato decine di attentati e continua a mostrarsi a volto scoperto mentre rivendica gli attacchi della “Legione”.
A giudicare dalla precisione dei recenti attentati, gli esecutori dispongono di notizie aggiornate. Ieri è nuovamente toccata a Belgorod, il distretto sul confine ucraino dove più volte i “partigiani” russi sono penetrati facendosi beffe della sorveglianza, mettendo a ferro e fuoco alcune delle strade più vicine alle caserme dei battaglioni moscoviti. « A seguito delle esplosioni, due persone sono state uccise e una terza è rimasta gravemente ferita», ha dichiarato su Telegram Vyacheslav Gladkov, governatore della regione russa di Belgorod. Per la verità si sarebbe trattato di droni lanciati dal territorio ucraino, e il ministero lo stesso Gladkov hanno fatto sapere che altri attacchi con velivoli senza pilota erano stati sventati all’inizio della giornata. Come siano andate davvero andate le cose è difficile da accertare.
«Comprendiamo che non tutti i nostri compagni sono pronti a imbracciare le armi. Ma molti di voi possono aiutare in altri modi», è il messaggio partito dalla “Legione”.
Le informazioni arrivano interagendo con un “bot”, un’applicazione che raccoglie le segnalazioni in modo automatico senza un contatto diretto con i militanti armati. Diventa così più facile scongiurare i tentativi di infiltrazione dell’intelligence russa, anche se il rischio di ricevere informazioni-trappola resta alto. Prima di colpire gli uomini della “Freedom Legion” chiedono di conoscere « posizioni dei quartieri generali militari delle Forze armate, punti di accumulo di equipaggiamento militare, informazioni sul movimento delle truppe nelle regioni di confine (Bryansk, Kursk, Belgorod)». Una mappatura che ha lo scopo di scoprire anche «l’ubicazione dei vertici militari delle truppe di Putin; documenti e informazioni sulle attività di servizi speciali e altre forze paramilitari; documenti di imprese del complesso militare-industriale e qualsiasi altra informazione che possa essere utile per il nostro obiettivo comune: causare danni al regime di Putin e alla sua macchina da guerra».
Le formazioni operano in rete con “Bypol”, la sigla di oppositori bielorussi composta prevalente da ex militari e agenti delle forze di polizia di Minsk. Contro di loro il regime di Lukashenko è spietato, ma ha armi spuntate. Alcuni dei leader sono processati in contumacia. Un avvertimento per i loro complici ancora in patria e che hanno condotto numerosi sabotaggi senza essere individuati.
A metà febbraio i capi dell’organizzazione sono stati sentenziati con pene dagli 11 ai 25 anni di carcere, secondo quando riferito dal centro per i diritti umani “ Viasna”. Il leader di Bypol, l’ex investigatore di polizia Alexander Azarov, è stato condannato a 25 anni in una colonia di massima sicurezza. Ma Azarov vive nascosto all’estero. Nel febbraio 2023 l’organizzazione si era assunta la responsabilità di un attacco con piccoli droni contro un aereo radar russo A50, presso l’aeroporto bielorusso di Machulishchi.
I piccoli velivoli comandati da remoto hanno depositato alcuni pacchi esplosivi sulla fusoliera degli aerei militari, irrimediabilmente danneggiati dalle esplosioni. Un doppio smacco per il regime di Minsk, che in quella circostanza dimostrò di non essere in grado di proteggere un proprio aeroporto militare, lasciando che venisse danneggiato un costoso aereo dell’alleato russo.