Di Vittorio Possenti da Avvenire del 13/03/2024
<<La legge determina le condizioni nelle quali si esercita la libertà garantita alla donna di far ricorso a una interruzione volontaria di gravidanza>>. Pochi giorni fa l’Assemblea nazionale e il Senato in seduta comune hanno votato a stragrande maggioranza l’introduzione del diritto all’aborto (la libertà garantita) nella Costituzione francese. L’evento è stato ampiamente festeggiato all’insegna di una conquista e di un progresso; la Torre Eiffel illuminata mentre campeggiava la scritta: il mio corpo, la mia scelta.
Appena dopo l’approvazione, Mathilde Panot, la giovane promotrice di France Insoumise che ha pilotato l’iter, non ha avuto remore nel presentare la riforma come una conquista di civiltà e la Francia come faro per il mondo. Alcune/i l’hanno seguita inneggiando alla vittoria contro l’oscurantismo, tema tipico dell’illuminismo scatenato (il richiamo alla grandeur de la France non si smentisce mai). Solo un’ideologia libertaria e adultocentrica può presentare come vittoria il diritto della donna di sopprimere il concepito, anche alla luce del fatto che in Francia il numero di aborti è notevolmente più alto rispetto a Paesi come la Germania e l’Italia. Non sussiste perciò una minaccia alla facoltà di abortire.
La vicenda può essere commentata da varie angolazioni, non ultima quella della politique politicienne, dove il presidente Macron ha raccolto un consenso molto largo, mancatogli in tutti gli altri atti politici dall’inizio del suo mandato. L’esito lo ha confermato nell’idea di proporre la costituzionalizzazione dell’aborto nella Carta europea, una mossa molto avventata che, pur riguardando la prossima legislatura, finirà sventuratamente per avvelenare il dibattito dell’Ue già da ora. Ma il punto più decisivo riguarda l’ideologia sbilanciata e libertaria che si respira nell’operazione, e che la inficia: ossia nessun altro reale compare nella “libertà garantita” di cui sopra.
Al centro sta soltanto la donna e la sua scelta: il concepito, il figlio è scomparso. Non esiste bilanciamento alcuno tra la libertà della donna di disporre del proprio corpo e il diritto incomprimibile del concepito a nascere. La scritta sulla Torre Eiffel concernente “il mio corpo” ne implica una concezione proprietaria che trascura o cancella l’altro in esso presente. Il cambiamento introdotto non volge verso la libertà dall’aborto e/o il suo contenimento, ma verso la libertà di aborto.
Il richiamo alla Dichiarazione universale del 1948 è d’obbligo. L’art. 3 recita: «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona». Il “diritto di aborto” si oppone frontalmente al primo e al terzo punto; affermarlo non è dunque civiltà giuridica ma ideologia, perché nessuno Stato può proclamare la libertà garantita di sopprimere una vita. Non sussiste la prevalenza della libertà di autodeterminazione dell’adulto sul diritto a nascere del concepito.
Norberto Bobbio lo aveva dichiarato con nettezza nel 1981, pochi giorni prima del referendum italiano sull’aborto. Egli «ribadiva il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere ». Transigere significherebbe che non valgono più il “non uccide-re”, e in senso rafforzativo il “non uccidere l’innocente”. Per il pensatore torinese il diritto del concepito può essere onorato solo lasciandolo nascere. Il supposto diritto sovrano della donna sul proprio corpo non si estende al concepito che non è parte del corpo della madre, ma è un altro.
Bobbio poneva sulle spalle dell’uomo un dovere a cui i maschi si sottraggono troppo volentieri, lasciando sola la donna e dicendole: arrangiati. Lo penso anch’io da tempi remoti, confidando che l’esecrabile maschilismo circolante venga braccato senza respiro. Che ne è del concepito nella nuova formulazione francese? Una delle regole supreme della vita sociale sta nel criterio di non offendere o danneggiare alcuno, ma per la nuova Costituzione il concepito sembra un signor nessuno, da cui si può prescindere. Viene creata una neolingua che accomoda le cose secondo la prospettiva scelta. La sparizione dell’altro, la sua cancellazione sono i coerenti approdi dell’ideologia dell’individuo autocentrato che dice “io sono io”, e dell’altro non mi interessa.
La “libertà garantita” è ipocrita perché non si pronuncia sullo statuto del concepito; implica senza dirlo che l’aborto non sia un omicidio, perché suppone che il concepito/feto non sia persona, ma solo un essere vivente con DNA umano: il non uccidere l’innocente viene arbitrariamente riformulato in “non uccidere la persona”. In Occidente cresce il sentimento che lo statuto dell’esser-altro sia definito da me stesso in quanto individuo-isola: vi sono molti altri reali che non vogliamo riconoscere. Semplicemente li allontaniamo dal nostro sguardo.
Il “diritto di aborto” nuoce anche alla società, perché libera il cittadino/a dal criterio supremo della responsabilità. Questo itinerario, non progressivo ma apertamente regressivo, illude i cittadini e i politici, restii a vedere che l’assolutizzazione delle (false) libertà individuali porta un colpo severo alla vita e alla cooperazione sociali.