Spiegare la virtù della pazienza tramite la Passione di Gesù
di Michele Brambilla
Nel discorso per l’udienza del 27 marzo Papa Francesco rammenta che «domenica scorsa abbiamo ascoltato il racconto della Passione del Signore. Alle sofferenze che subisce, Gesù risponde con una virtù che, pur non contemplata tra quelle tradizionali, è tanto importante: la virtù della pazienza. Essa riguarda la sopportazione di ciò che si patisce: non a caso pazienza ha la stessa radice di passione».
«E proprio nella Passione emerge la pazienza di Cristo», che sopporta tutti i patimenti per amore nostro, sottolinea il Papa. «L’apostolo Paolo, nel cosiddetto “Inno alla carità” (cfr 1 Cor 13,4-7), congiunge strettamente amore e pazienza. Infatti, nel descrivere la prima qualità della carità, utilizza una parola che si traduce con “magnanima”, “paziente”», perché «essa esprime un concetto sorprendente, che torna spesso nella Bibbia: Dio, di fronte alla nostra infedeltà, si mostra “lento all’ira” (cfr Es 34,6; cfr Nm 14,18): anziché sfogare il proprio disgusto per il male e il peccato dell’uomo, si rivela più grande, pronto ogni volta a ricominciare da capo con infinita pazienza».
«Ma non solo: è il primo tratto di ogni grande amore, che sa rispondere al male col bene, che non si chiude nella rabbia e nello sconforto, ma persevera e rilancia», continua il Santo Padre citando il De patientia di sant’Agostino d’Ippona: «“Uno è tanto più forte a sopportare qualunque male, quanto in lui è maggiore l’amore di Dio”».
«Si potrebbe allora dire che non c’è migliore testimonianza dell’amore di Gesù che incontrare un cristiano paziente. Ma pensiamo anche a quante mamme e papà, lavoratori, medici e infermieri, ammalati che ogni giorno, nel nascondimento, abbelliscono il mondo con una santa pazienza», esclama il Pontefice.
«Ricordiamo però che la pazienza non è solo una necessità, è una chiamata: se Cristo è paziente, il cristiano è chiamato a essere paziente» come Lui, e ciò va diametralmente contro alla mentalità della nostra epoca, molto efficientista e poco riflessiva. «Non dimentichiamo che la fretta e l’impazienza sono nemiche della vita spirituale. Perché? Dio è amore, e chi ama non si stanca, non è irascibile, non dà ultimatum, Dio è paziente, Dio sa attendere», dice Francesco citando la celebre parabola del Padre misericordioso, ma ricorda anche Mt 13,29-30, «con il Signore che non ha fretta di sradicare il male prima del tempo, perché nulla vada perduto».
Insomma, con un po’ di pazienza si fa tutto e bene. Anche la pazienza è un dono da richiedere allo Spirito Santo. Un bel modo per esercitarlo, sostiene il Santo Padre, è sopportare le persone moleste, ma cita in proposito anche l’Imitazione di Cristo, che scrive: «Occorre dunque che tu rammenti le sofferenze più gravi degli altri, per imparare a sopportare le tue, piccole». E quando si è nella prova, non perdere la virtù della Speranza.
Il Papa fa un esempio molto pratico: indica la presenza in Aula Nervi di «due papà: uno israeliano e uno arabo. Ambedue hanno perso le loro figlie in questa guerra e ambedue sono amici. Non guardano all’inimicizia della guerra, ma guardano l’amicizia di due uomini che si vogliono bene e che sono passati per la stessa crocifissione. Pensiamo a questa testimonianza tanto bella di queste due persone che hanno sofferto nelle loro figlie la guerra della Terra Santa».
Giovedì, 28 marzo 2024