Di Antonio Socci da Libero del 22/04/2024
Di solito il Papa fa notizia quando parla dei temi sociali, politici, etici a cui i media sono sensibili. Probabilmente non farà
notizia il suo bellissimo discorso di ieri, al Regina Coeli, in cui ha toccato un tema (una ferita: l’accettazione di sé) che
milioni di persone conoscono bene, soprattutto oggi, con l’epidemia di peste esistenziale che sembra dilagare nei cuori e
nelle menti, specialmente fra i più giovani. (…) Questo approccio poetico, umano, rivolto alle persone comuni, è molto
frequente in Francesco, caratterizza il suo pontificato, eppure sembra che pressoché tutti i media – molto concentrati sulla
politica – non se ne accorgano. Francesco, nella domenica di “Gesù Buon Pastore”, è partito per l’appunto dal Vangelo del
giorno: «Gesù dice: “Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” e insiste su questo aspetto (…). Lui conosce le
pecore. Lui, il Signore, pastore di tutti noi, ci conosce, ognuno di noi, ci chiama per nome e, quando ci smarriamo, ci cerca
finché ci ritrova (cfr Lc 15,4-5). Di più: Gesù è il Buon Pastore, che per noi ha sacrificato la vita e, risorto, ci ha dato il suo
Spirito». $ la notizia di un amore smisurato, inaudito in un mondo in cui siamo abituati a non sentirci veramente amati, a
essere soli anche nella folla e nel chiasso quotidiano dei social.
I GIUDIZI DEGLI ALTRI
Così Francesco parla di Gesù:
«Lui pensa a ciascuno di noi, e ci pensa come all’amore della sua vita. Pensiamo a questo: io per Cristo sono importante,
Lui mi pensa, sono insostituibile, valgo il prezzo infinito della sua vita. E questo non è un modo di dire: Lui ha dato
veramente la vita per me, è morto e risorto per me. Perché? Perché mi ama e trova in me una bellezza che io spesso non
vedo. Fratelli e sorelle, quante persone oggi si ritengono inadeguate o persino sbagliate! Quante volte si pensa che il
nostro valore dipenda dagli obiettivi che riusciamo a raggiungere, dal successo agli occhi del mondo, dai giudizi degli altri!
E quante volte si finisce per buttarsi via per cose da poco! Oggi Gesù ci dice che noi per Lui valiamo tanto e sempre. E
allora, per ritrovare noi stessi, la prima cosa da fare è metterci alla sua presenza, lasciarci accogliere e sollevare dalle
braccia amorevoli del nostro Buon Pastore». La parola “bellezza” risuona con un accento insolito nel discorso del Papa:
«(Egli) mi ama e trova in me una bellezza che io spesso non vedo». E’ attraverso lo sguardo di un altro che noi
riconosciamo la nostra bellezza e ci accettiamo. E comprendiamo anche di aver bisogno di incontrare quello sguardo,
quella Bellezza. Nel testo greco del Vangelo la parola “buono” è in realtà “kalos”, che significa anche “bello”. Gli esegeti
infatti spiegano che il Buon Pastore è anche il Bel pastore. E’ proprio lui la Bellezza. Fu l’incontro con lui, con questa
Bellezza, che capovolse la vita di Agostino, intellettuale di successo e uomo inquieto che per anni aveva vissuto di
mondanità. In una delle più belle pagine delle sue “Confessioni”, proprio Sant’Agostino scrive: «Tardi ti ho amato, o
Bellezza, tanto antica e sempre nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco tu eri dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo ed io
nella mia deformità mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me ed io non ero conte. La bellezza di quelle
creature mi teneva lontano da te e tuttavia se esse non fossero state in te non sarebbero affatto esistite. Tu mi hai
chiamato e hai squarciato la mia sordità; tu hai brillato su di me e hai dissipato la mia cecità; tu hai emanato la tua
fragranza e io ho sentito il tuo profumo e ora ti bramo; ho gustato e ora ho fame e sete di te; tu mi hai toccato e io ora
bramo la tua pace».
VITA DI COMUNITÀ
Le parole del Papa poi fanno pensare al messaggio del Concilio agli artisti:
«Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la
verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le
generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione». Così l’accento esistenziale sulla “bellezza” risuona nella vita di una
comunità, di un popolo, e la fa fiorire. L’accettazione di sé diventa uno sguardo fraterno capace anche di capire e amare la
bellezza che le generazioni passate ci hanno lasciato in eredità. Hans Urs von Balthasar ha scritto: «La bellezza è l’ultima
parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di
splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto. Essa è la bellezza disinteressata
senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma la quale ha preso congedo in punta di piedi dal moderno
mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza». Eppure si può invertire la rotta, si può
rinascere, ci ha detto ieri il Papa, scoprendo, in uno sguardo, la bellezza di noi stessi.