La fede non nasce dalla paura e non è follia. Si tratta, invece, di un dono necessario, da chiedere per sé e per gli altri
di Michele Brambilla
Nell’udienza del 1 maggio Papa Francesco spiega la virtù teologale della fede. Su di essa si sono formati nel tempo molti pregiudizi.
«Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci spiega che la fede è l’atto con cui l’essere umano si abbandona liberamente a Dio (n. 1814). In questa fede, Abramo è stato il grande padre. Quando accettò di lasciare la terra dei suoi antenati per dirigersi verso la terra che Dio gli avrebbe indicato, probabilmente sarà stato giudicato folle», commenta il Papa. «Questo dice la Bibbia di Abramo: “Andò come se vedesse l’invisibile”. È bello questo», insiste il Pontefice, «e sarà ancora questo invisibile a farlo salire sul monte con il figlio Isacco, l’unico figlio della promessa, che solo all’ultimo momento sarà risparmiato dal sacrificio».
L’invisibile diventa quindi qualcosa di molto concreto. Non è vero che chi crede è un illuso: le illusioni non diventano fatti, oggetti, persone riscontrabili, non impegnano tutta la vita. Dopo Abramo, reso fecondo proprio dalla fede, «uomo di fede sarà Mosè, il quale, accogliendo la voce di Dio anche quando più di un dubbio poteva scuoterlo, continuò a restare saldo e a fidarsi del Signore», nonostante l’incredulità di un popolo che proprio grazie al Signore riconquistò coesione e si affacciò sulla Terra promessa. Soprattutto «donna di fede sarà la Vergine Maria, la quale, ricevendo l’annuncio dell’Angelo, che molti avrebbero liquidato perché troppo impegnativo e rischioso, risponde: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38)».
Comprendiamo, allora, che «la fede è la virtù che fa il cristiano. Perché essere cristiani non è anzitutto accettare una cultura, con i valori che l’accompagnano, ma essere cristiano è accogliere e custodire un legame, un legame con Dio: io e Dio; la mia persona e il volto amabile di Gesù». Il Santo Padre richiama anche l’episodio evangelico della tempesta sedata (cfr Mc 4,35-41), in cui i discepoli «non si rendono conto di avere la soluzione sotto gli occhi: Gesù è lì con loro sulla barca, in mezzo alla tempesta». Allora come oggi il rimprovero è uno solo: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40).
A differenza di quanto sostenuto da molti filosofi della Modernità, la vera nemica della fede «non è l’intelligenza, non è la ragione, come, ahimè, qualcuno continua ossessivamente a ripetere, ma» proprio la paura, quella stessa paura che altri filosofi moderni chiamano in causa come pseudo-origine della fede. In verità, è proprio il cosiddetto “non credente” ad essere preda di qualsiasi vento e di qualsiasi immaginario oscuro. «Per questo motivo la fede è il primo dono da accogliere nella vita cristiana: un dono che va accolto e chiesto quotidianamente, perché si rinnovi in noi. Apparentemente è un dono da poco, eppure è quello essenziale», tanto che lo si domanda nello stesso rito del Battesimo, come ricorda Francesco.
«Certo, come dice l’Apostolo, la fede non è di tutti (cfr 2 Ts 3,2), e anche noi, che siamo credenti, spesso ci accorgiamo di averne solo una piccola scorta», ma, come dice il Vangelo, «se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17,6). I nostri padri dei secoli di Cristianità hanno davvero spianato monti e colmato valli! Il Papa chiede quindi all’uomo tentennante del XXI secolo di pregare: «“Signore, aumenta la nostra fede”».
Il Santo Padre accenna per due volte alle guerre contemporanee, additando sempre una soluzione in cui la fede è determinante. «Durante le preghiere del mese di maggio, confidate alla Madonna le vostre vicende personali e familiari, così come le sofferenze di quanti sono vittime delle guerre. Pregate per la Chiesa, per la Patria, per la pace in Ucraina e in Medio Oriente. Maria, che cento anni fa Pio XI istituì come Regina per tutta la Polonia, vi sostenga e vi guidi», dice infatti ai pellegrini polacchi. Pochi minuti dopo il Pontefice estende l’invito a tutti i cattolici: «Pensiamo alla martoriata Ucraina che soffre tanto. Pensiamo agli abitanti della Palestina e di Israele, che sono in guerra. Pensiamo ai Rohingya, al Myanmar, e chiediamo la pace. Chiediamo la vera pace per questi popoli e per tutto il mondo».
Giovedì, 2 maggio 2024