La storia della Salvezza attraverso gli occhi dello Spirito Santo, che ci riporta alle nostre origini e ci trasforma in testimoni della nostra stessa Redenzione. Il Papa invita, in proposito, a rileggere l’Evangelii nuntiandi di san Paolo VI
di Michele Brambilla
Papa Francesco inaugura nell’udienza del 29 maggio un nuovo ciclo di catechesi, «che ha per tema “Lo Spirito e la Sposa – la Sposa è la Chiesa –. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza”. Faremo questo cammino attraversando le tre grandi tappe della storia della salvezza: l’Antico Testamento, il Nuovo Testamento e il tempo della Chiesa. Sempre tenendo lo sguardo fisso su Gesù, che è la nostra speranza», precisando che «in queste prime catechesi sullo Spirito nell’Antico Testamento non faremo “archeologia biblica”. Scopriremo invece che quanto è donato come promessa nell’Antico Testamento si è realizzato pienamente in Cristo. Sarà come seguire il cammino del sole dall’alba verso il meriggio».
«Iniziamo dai primi due versetti di tutta la Bibbia: “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gen 1,1-2). Lo Spirito di Dio ci appare come la potenza misteriosa che fa passare il mondo dal suo iniziale stato informe, deserto e tenebroso, al suo stato ordinato e armonioso. Perché lo Spirito fa l’armonia, l’armonia nella vita, l’armonia nel mondo», sottolinea il Papa.
«Questo accenno ancora vago all’azione dello Spirito nella creazione si precisa nel seguito della rivelazione. In un salmo leggiamo: “Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera” (Sal 33,6); e ancora: “Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra” (Sal 104,30)», prosegue il Pontefice.
«Questa linea di sviluppo diventa chiarissima nel Nuovo Testamento, che descrive l’intervento dello Spirito Santo nella nuova creazione, servendosi proprio delle immagini che si leggono a proposito dell’origine del mondo: la colomba che nel battesimo di Gesù aleggia sulle acque del Giordano (cfr Mt 3,16); Gesù che, nel Cenacolo, soffia sui discepoli e dice: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,22), come all’inizio Dio aveva alitato il suo soffio su Adamo (cfr Gen 2,7)», dice Francesco evidenziando che «l’apostolo Paolo introduce un elemento nuovo in questo rapporto tra lo Spirito Santo e il creato. Parla di un universo che “geme e soffre come nelle doglie del parto” (cfr Rm 8,22). Soffre a causa dell’uomo che lo ha sottoposto alla “schiavitù della corruzione”», ovvero alle conseguenze del peccato originale. Anche la natura diventa, così, caduca e disordinata.
«San Francesco d’Assisi ci indica una via di uscita, bella, per tornare all’armonia dello Spirito: la via della contemplazione e della lode. Lui voleva che dalle creature si levasse un cantico di lode al Creatore» e si riallacciasse, così, l’armonia primigenia. «Un salmo (18,2) dice così: “I cieli narrano la gloria di Dio”, ma hanno bisogno dell’uomo e della donna per dare voce a questo loro grido muto». Si sta parlando chiaramente di un uomo redento, ovvero di un uomo che, in Cristo, ha restaurato integralmente il progetto divino sull’essere umano. Non a caso «nel “Santo” della Messa noi ripetiamo ogni volta: “I cieli e la terra sono pieni della tua gloria”. Ne sono, per così dire, “gravidi”, ma hanno bisogno delle mani di una buona levatrice per dare alla luce questa loro lode. La nostra vocazione nel mondo, ricorda ancora Paolo, è di essere “lode della sua gloria” (Ef 1,12). Si tratta di anteporre la gioia del contemplare a quella del possedere. E nessuno ha gioito delle creature più di Francesco d’Assisi, che non ne ha voluto possedere nessuna».
La brama di possesso è quindi l’impronta del peccato originale nelle tendenze umane, ma l’Incarnazione del Verbo ha avviato l’autentica restaurazione del creato: infatti, «fratelli e sorelle, lo Spirito Santo, che all’inizio trasformò il caos in cosmo, è» dalla Pentecoste «all’opera per compiere questa trasformazione in ogni persona. Tramite il profeta Ezechiele Dio promette: “Vi darò un cuore nuovo; metterò dentro di voi uno Spirito nuovo … Porrò il mio Spirito dentro di voi” (Ez 36,26-27). Perché il nostro cuore assomiglia a quell’abisso deserto e tenebroso dei primi versetti della Genesi. In esso si agitano sentimenti e desideri opposti: quelli della carne e quelli dello spirito. Siamo tutti, in un certo senso, quel “regno diviso in sé stesso” di cui parla Gesù nel Vangelo (cfr Mc 3,24)», ma fin dal Battesimo sopraggiunge la Grazia, ovvero il medesimo Spirito Santo, che ci ricompone in unità.
«Intorno a noi possiamo dire che c’è un caos esterno, un caos sociale, un caos politico: pensiamo alle guerre, pensiamo a tanti bambini e bambine che non hanno da mangiare, a tante ingiustizie sociali, questo è il caos esterno. Ma c’è anche un caos interno: interno ad ognuno di noi. Non si può sanare il primo, se non si comincia a risanare il secondo», se non lavoriamo anzitutto sulle nostre tendenze. Possiamo iniziare il discernimento invocando «Veni creator Spiritus!», dove creator rimanda proprio alla Creazione. Solo ritrovata l’origine di noi stessi saremo, quindi, in grado di testimoniare efficacemente il Vangelo. Nella memoria liturgica di san Paolo VI (anticipata il 29 maggio perché quest’anno il 30, secondo il calendario tradizionale, coincide con la solennità del Corpus Domini), Francesco lo ricorda come «pastore ardente di amore per Cristo, per la Chiesa e per l’umanità. Tale ricorrenza aiuti tutti a riscoprire la gioia di essere cristiani, suscitando un rinnovato impegno nella costruzione della civiltà dell’amore. E mi raccomando, per favore, se avete un po’ di tempo, leggete la lettera di Paolo VI “Evangelii nuntiandi” che è ancora attuale».
Giovedì, 30 maggio 2024