Susanna Manzin, Cristianità n. 424 (2023)
Intervento annotato e rivisto, svolto in occasione del ritiro della Regione Lombardia al Santuario di Caravaggio (Bergamo) il 23 settembre 2023, aggiornato in seguito all’uscita del documento pontificio Laudate Deum, del 4-10-2023. È stato mantenuto lo stile del parlato.
La salvaguardia del creato, afferma Papa Francesco, «[…] è una sfida culturale, spirituale ed educativa» (1), e per san Giovanni Paolo II (1978-2005) «[…] costituisce una sfida per l’umanità intera: si tratta del dovere, comune e universale, di rispettare un bene collettivo» (2). Il tema è centrale nell’attuale dibattito culturale, mediatico e politico e i Pontefici invitano ad affrontarlo con serietà e impegno. Il mondo progressista di stampo globalista si è intestata questa battaglia, cosicché si è creata una forte contrapposizione fra gli «eco-ansiosi» da un lato e i «negazionisti» dall’altro, ma la realtà, come sempre, è più complessa. I cattolici possono e devono dare il loro contributo, evitando il rischio di assumere atteggiamenti sbagliati, come quello di non ritenere urgente occuparsi del tema perché vi sono altre emergenze, oppure quello di negare l’esistenza del problema. Altrettanto pericoloso è accodarsi passivamente alle tesi dell’ambientalismo globalista. I militanti della Contro-Rivoluzione non rischiano di cadere nel terzo errore, ma a proposito dei primi due forse è necessario un esame di coscienza. In ogni caso, qualunque sia l’errore strategico nel quale si può cadere, la conseguenza è che a livello mediatico il tema dell’ambiente sembra sia solo progressista e «di sinistra»,anche se la cultura cattolica e conservatrice ha molto da dire in proposito (3).
La lettura contro-rivoluzionaria della storia (4) ci insegna che «[…] alle origini di ogni “rivoluzione” c’è un momento esigenziale, una domanda che si inserisce in un contesto di crisi e che di per sé non è infondata. Sfortunatamente ad ognuna di queste domande è stata data una risposta tragicamente sbagliata» (5). L’esigenza di riaffermare il ruolo della ragione contro il fideismo protestante e i diritti della persona contro l’assolutismo dell’«Ancien Régime» era corretta, ma la Rivoluzione francese è stata una risposta tragicamente errata. Le proteste del mondo operaio contro le ingiustizie sociali causate dalla Rivoluzione industriale erano più che legittime ma sono state «cavalcate» dal socialismo e dal comunismo. Chi si opponeva alla Rivoluzione francese sembrava nemico della libertà, chi si opponeva al socialismo sembrava nemico della classe operaia, così oggi chi si oppone alla cultura ambientalistica dominante sembra non avere a cuore la tutela della natura. Non possiamo lasciare campo libero a chi affronta le questioni in modo sbagliato: è più che mai necessario e urgente occuparci anche di questo ambito della dottrina sociale.
Dio, l’uomo, il creato
Riassumo i princìpi che sono alla base della dottrina sociale della Chiesa, utilizzando come fonti la Sacra Scrittura, in particolare il Libro della Genesi, il Magistero dei Pontefici, il capitolo decimo del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (6); e naturalmente l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. Come scrive Ermanno Pavesi nel suo commento all’enciclica stessa, «vi è il rischio concreto che lettori e commentatori si limitino a estrapolare solo alcune affermazioni per confermare le proprie teorie e sostenere che anche il Pontefice la pensa allo stesso modo o, in altri casi, per accusare l’enciclica di ecologismo» (7).
Il racconto della creazione narra che il mondo proviene da una decisione di Dio, non dal caos o dalla casualità: «Dire creazione è più che dire natura, perché ha a che vedere con un progetto dell’amore di Dio» (8). Chiamare questa decisione «creazione» significa valorizzarla, ma comporta anche altre importanti conseguenze. Il Libro della Genesi sottolinea la distanza che separa la creazione da Dio, la «demitizza»: l’universo è creato da Dio, ma non ha natura divina. La visione giudaico-cristiana si contrappone a quella degli antichi popoli pagani, per i quali le divinità si identificavano con la natura. Oggi purtroppo si sta nuovamente diffondendo una ideologia neo-pagana che tende a sacralizzare la natura.
Il Libro della Genesi distingue poi nettamente la creazione dell’universo e quella dell’uomo, che è fatto «a immagine e somiglianza» (Gn 1,26) di Dio, dotato di parola, libertà e responsabilità. Non è quindi accettabile la visionedell’ecocentrismo e del biocentrismo, che vogliono eliminare la differenza tra l’uomo e gli altri esseri viventi: «Si avverte a volte l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza, e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità tra gli esseri umani» (9).
Dio affida il creato all’uomo con il compito di tutelarne l’armonia e lo sviluppo: «In realtà l’intervento umano che favorisce il prudente sviluppo del creato è il modo più adeguato per prendersene cura, perché implica il porsi come strumento di Dio per aiutare a fare emergere le potenzialità che Egli stesso ha iscritto nelle cose» (10). I risultati della scienza e della tecnica sono dunque positivi e incoraggiati dalla Chiesa, come afferma anche il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965): «L’attività umana individuale e collettiva, ossia quell’ingente sforzo con il quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in sé stesso corrisponde al progetto di Dio» (11). L’uomo non deve esercitare nei confronti del creato un arbitrario dispotismo ma deve coltivarlo e custodirlo. La Chiesa mette in guardia dall’antropocentrismo dispotico, dalla visione della natura come materia manipolabile a piacimento: «L’essere umano è chiamato a rispettare il creato con le sue leggi interne poiché: “Il Signore ha fondato la terra con sapienza” (Pr 3,19)» (12).
Nel corso della storia della Chiesa possiamo trovare grandi esempi di un armonico rapporto fra l’uomo e la natura: «La spiritualità benedettina e francescana hanno testimoniato questa sorta di parentela dell’uomo con l’ambiente creaturale, alimentando in lui un atteggiamento di rispetto verso ogni realtà del mondo circostante» (13). Nella Laudato si’ Papa Francesco indica il monachesimo come modello di un corretto rapporto fra l’uomo e il creato: «Raccogliamo anche qualcosa dalla lunga tradizione monastica. San Benedetto da Norcia volle che i suoi monaci vivessero in comunità, unendo la preghiera e lo studio con il lavoro manuale (Ora et labora). Questa introduzione del lavoro manuale intriso di senso spirituale si rivelò rivoluzionaria. Si imparò a cercare la maturazione e la santificazione nell’intreccio tra il raccoglimento e il lavoro. Tale maniera di vivere il lavoro ci rende più capaci di cura e di rispetto verso l’ambiente, impregna di sana sobrietà la nostra relazione con il mondo» (14). Illuminante l’ispirazione che ci fornisce la testimonianza del santo Francesco d’Assisi (1181/1182-1226), il cui Cantico delle Creature dà il titolo all’enciclica del Pontefice: «San Francesco, fedele alla Scrittura, ci propone di riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà» (15). «Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio» (16). San Giovanni Paolo II ha proclamato san Francesco d’Assisi patrono dei cultori dell’ecologia con la bolla Inter sanctos del 29 novembre 1979.
La Chiesa, dunque, respinge l’accusa secondo la quale la Bibbia alimenta un atteggiamento possessivo e dominatore nei confronti della natura. Al contrario, la Scrittura invita a rispettare il creato e le sue leggi interne. È anche profondamente falso che il cristianesimo sia contro il progresso: grazie alla nostra fede noi vediamo nella natura e nelle sue leggi l’impronta del logos, una ragione e una logica, e proprio questo approccio razionale ha permesso il grande sviluppo economico dell’Occidente (17).
Il processo rivoluzionario ha causato anche il degrado ambientale
Nell’armonioso progetto di Dio si inserisce purtroppo il dramma della caduta. Come afferma san Giovanni Paolo II nell’enciclica Reconciliatio et paenitentia (18), con il peccato l’uomo rompe il proprio rapporto con Dio, con sé stesso, con il prossimo, con il creato. Il disordine del peccato ha causato anche il problema ambientale. L’attuale processo rivoluzionario è totale e dominante, investe tutti i campi di azione dell’uomo, come ricorda Plinio Corrêa de Oliveira in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, e anche il rapporto fra l’uomo e l’ambiente subisce le conseguenze della rivoluzione, della ribellione contro Dio. L’uomo si considera superiore alla natura non più con un atteggiamento di cura e custodia ma cadendo nell’antropocentrismo dispotico. «Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura» (19). L’ambiente diventa materia manipolabile a piacimento, a causa del razionalismo e del relativismo la scienza viene sganciata dalla morale, domina nell’uomo una tentazione prometeica, senza responsabilità e valori etici. L’individualismo e il consumismo sfrenato portano a un uso egoistico della natura, l’economia è spesso orientata al solo profitto, senza alcuna attenzione ambientale. San Giovanni Paolo II descrive il processo in modo chiaro e illuminante: «Il rapporto tra uomo e ambiente ha connotato le diverse fasi della civiltà umana, a partire dalla cultura primitiva: nella fase agricola, nella fase industriale e nella fase tecnologica. L’epoca moderna ha registrato una crescente capacità d’intervento trasformativo da parte dell’uomo. L’aspetto di conquista e di sfruttamento delle risorse è diventato predominante e invasivo, ed è giunto oggi a minacciare la stessa capacità ospitale dell’ambiente. […] Nell’età moderna secolarizzata si assiste all’insorgere di una duplice tentazione: una concezione del sapere inteso non più come sapienza e contemplazione, ma come potere sulla natura, che viene conseguentemente considerata come oggetto di conquista. L’altra tentazione è costituita dallo sfruttamento sfrenato delle risorse, sotto la spinta della ricerca del profitto senza limiti, secondo la mentalità propria delle società moderne di tipo capitalistico. L’ambiente è così diventato spesso una preda a vantaggio di alcuni forti gruppi industriali e a scapito dell’umanità nel suo insieme, con conseguente danno per gli equilibri dell’ecosistema, della salute degli abitanti e delle generazioni future» (20).
Anche l’economia totalitaria dei regimi comunisti ha dato il suo drammatico contributo al degrado ambientale: la natura è stata vandalizzata e vi sono state gravi carestie dovute a scelte sbagliate dei governi in campo agricolo. Oggi sono purtroppo ben noti i livelli di inquinamento nella Repubblica Popolare Cinese.
Di fronte a questi attacchi al creato verificatisi nella seconda e nella terza fase del processo rivoluzionario è emersa la domanda corretta di una maggiore attenzione all’ambiente, alla quale, tuttavia, il mondo moderno, a causa dei suoi errori ideologici, sta fornendo prevalentemente risposte sbagliate. Gli aspetti della questione sono tanti e ognuno di essi meriterebbe maggiori approfondimenti. Mi soffermo sui più diffusi.
L’uomo è considerato come una particella della natura: «In nome di una concezione ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo, si propone di eliminare la differenza ontologica e assiologica tra l’uomo e gli altri esseri viventi, considerando la biosfera come un’unità biotica di valore indifferenziato. Si viene così ad eliminare la superiore responsabilità dell’uomo in favore di una considerazione egualitaristica della “dignità” di tutti gli esseri viventi» (21).
La quarta fase del processo rivoluzionario ha, fra i suoi aspetti, una forte sensibilità ambientalista, come possiamo vedere per esempio nei movimenti degli hippy degli anni Settanta del secolo scorso, le cui battaglie per la difesa della natura sono state soprattutto in chiave fortemente anti-capitalistica. Come scrive Marco Invernizzi, l’ideologia ambientalistica «[…] vorrebbe una radicale trasformazione della società industriale, che ha garantito tanto benessere all’Occidente, in favore della salvaguardia della natura non contaminata dalle attività umane» (22). A partire dagli anni Settanta del secolo scorso anche nel mondo della cultura «di destra» si manifesta un’attenzione all’ambiente, purtroppo con una forte impronta neo-pagana, influenzata da «Julius» Evola (pseudonimo di Giulio Cesare Andrea Evola; 1898-1974)), da René Guénon (‘Abd al-Wahid Yahya; 1886-1951), Alain de Benoist. L’impostazione è quella di una critica alla modernità, alla società borghese, al progresso della tecnica e della scienza che avrebbe distrutto le società tradizionali, con il rischio di fondare la difesa dell’ambiente su anacronismi, dimenticando i tanti vantaggi della società contemporanea.
Un altro aspetto preoccupante è il diffondersi del neo-malthusianesimo, per il quale la crescita demografica è considerata la causa della crisi ecologica. L’uomo è visto come un nemico dell’ambiente: «Per contrastare il cambiamento climatico e salvare il mondo dall’imminente catastrofe ecologica, è quindi necessario — in una sorta di eresia catara di ritorno — rifiutarsi di procreare» (23). Accenno solo alle sempre più diffuse ideologie alimentari, alle campagne di animalisti, vegetariani e vegani che criminalizzano chi sceglie la dieta carnivora, e all’attivismo violento degli eco-terroristi.
Oggila battaglia dell’ambientalismo ha il forte sostegno di gruppi di interesse economico e finanziario, che esercitano pressioni sugli Stati. Assistiamo a una perdita di potere degli Stati nazionali, perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, predomina sulla politica. «Il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più ad una serie di azioni di marketing e di immagine» (24).
Nel loro complesso le varie correnti ed espressioni dell’ecologia profonda condividono un medesimo retroterra culturale, caratterizzato da una critica radicale alla civiltà europea e alle sue radici giudaico-cristiane, e accarezzano un progetto di cancellazione dei valori della nostra civiltà occidentale per favorire una visione globalistica e standardizzata. Vi è inoltre il rischio concreto che vengano adottati provvedimenti di forte limitazione alla libertà individuale. I cittadini potrebbero essere soggetti, con la scusa della catastrofe ambientale, a imposizioni nell’alimentazione, nel movimento, nelle scelte di vita, nelle abitudini, nell’istruzione e nella formazione, nelle relazioni sociali (25).
L’«ecologia integrale»
Il degrado ambientale è una preoccupante realtà e la domanda di rispetto del creato è corretta e più che legittima. Papa Francesco dedica ampio spazio al tema nel suo Magistero, così come hanno fatto i Pontefici che lo hanno preceduto. In particolare, il regnante Pontefice elabora il concetto di «integrale»: «L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremmo affrontare adeguatamente il degrado ambientale se non prestiamo attenzione al degrado umano e sociale» (26). «Il libro della natura è unico e indivisibile e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali e altri aspetti. Di conseguenza il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana» (27). «La cultura ecologica — prosegue il Papa — non si può ridurre ad una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico. Cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta significa isolare cose che nella realtà sono connesse» (28).
Non vi sono, pertanto, due crisi separate, una ambientale e una sociale: il degrado della natura è causato anche dalla crisi sociale. Si constata la crisi della relazione di ciascuna persona con sé stessa, per l’incapacità di «accettare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità» (29); la crisi della famiglia, dei corpi intermedi; il degrado dei contesti umani, lavorativi, urbani: «Gli ambienti in cui viviamo influiscono sul nostro modo di vedere la vita, di sentire e di agire. Al tempo stesso, nella nostra stanza, nella nostra casa, nel nostro luogo di lavoro e nel nostro quartiere facciamo uso dell’ambiente per esprimere la nostra identità. Ci sforziamo di adattarci all’ambiente, e quando esso è disordinato, caotico o saturo di inquinamento visivo e acustico, l’eccesso di stimoli mette alla prova i nostri tentativi di sviluppare un’identità integrata e felice» (30). Assistiamo alla rottura dei legami di interazione sociale, anche a causa dei nuovi media e di Internet, che non favoriscono la capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di avere un adeguato contatto col reale. La decadenza del mondo moderno si manifesta anche nella scarsa attenzione nei confronti del patrimonio storico, artistico e culturale, che sfocia nei violenti attacchi degli eco-terroristi ai monumenti. Si smarrisce il concetto di nazione ed emerge una sempre maggiore difficoltà nelle relazioni internazionali.
Papa Francesco cita una splendida frase di Benedetto XVI, pronunciata in occasione dell’omelia per l’inizio del suo pontificato: «I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi» (31). Alla radice di tutto si colloca il tema dell’ecologia umana: «Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere» (32). È preoccupante che i movimenti ecologisti difendano l’ambiente ma non protestino con la medesima veemenza anche a proposito degli esperimenti sugli embrioni umani: «Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa» (33).
In questa doverosa «buona battaglia» in difesa del creato il Papa insiste molto sull’importanza di un’educazione alla bellezza: «Non va trascurata la relazione che c’è tra un’adeguata educazione estetica e il mantenimento di un ambiente sano. Prestare attenzione alla bellezza e amarlaci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico. Quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli» (34). A questo proposito ricordiamo che la bellezza della creazione è una delle tre vie privilegiate per dialogare con le culture contemporanee, presentate nel documento del Pontificio Consiglio della Cultura Via Pulchritudinis. Cammino privilegiato di evangelizzazione e di dialogo — le altre due sono la bellezza delle arti e la bellezza di Cristo, modello e prototipo della santità cristiana. «Dalla contemplazione di un paesaggio al tramonto, delle cime dei monti innevate sotto il cielo stellato, dei campi coperti di fiori inondati di luce, del rigoglio delle piante e delle specie animali nasce una varietà di sentimenti che ci invitano a leggere all’interno — intus-legere — per raggiungere dal visibile l’invisibile e dare risposta alle domande: chi è questo artefice dall’immaginazione così potente all’origine di tanta bellezza e grandezza, di una simile profusione di esseri nel cielo e sulla terra? […] È urgente promuovere una maggiore attenzione nei confronti della creazione e della sua bellezza» (35).Il documento incoraggia soprattutto i progetti pastorali che educano i giovani «all’osservazione della natura e a sensibilizzare alla sua protezione. Essi aiutano i giovani a scoprire il progetto creatore di Dio, nel momento in cui destano in loro i sentimenti legati alla meraviglia, all’adorazione e all’azione di Grazie. Bisognerà essere attenti a mettere in luce la duplice dimensione dell’ascolto: ascolto della creazione che narra la gloria di Dio, e ascolto di Dio che ci parla attraverso la sua creazione e si rende accessibile alla ragione, secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano I» (36).
La tutela dell’ambiente nel pensiero conservatore
Il filosofo conservatore inglese sir Roger Scruton (1944-2020) ha dedicato importanti riflessioni al tema della difesa dell’ambiente: «L’ambientalismo è la quintessenza della causa conservatrice, l’esempio più vivo nel mondo, così come lo conosciamo, di quel partenariato fra i morti, i vivi e i non ancora nati, di cui Burke faceva l’apologia e vedeva come l’archetipo del conservatorismo» (37). Questa è la frase che il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha citato nel suo discorso per la fiducia alla Camera dei deputati, aggiungendo: «Non c’è un ecologista più convinto di un conservatore, ma quello che ci distingue da un certo ambientalismo ideologico è che noi vogliamo difendere la natura con l’uomo dentro» (38).
Per Scruton tutto parte dall’amore per la propria terra: «Le persone votano conservatore perché vogliono conservare i propri valori, la propria casa, la propria famiglia. C’è una ragione nascosta che chiamo oikophilia, che in greco vuol dire amore per la casa. […] Io credo che il problema ambientale nasca nel momento in cui la gente cessa di vedere l’ambiente circostante come una casa» (39).
Oggi assistiamo al contrario a una oikofobia che vuole sradicare l’uomo da legami, gerarchie, luoghi di appartenenza. Siamo la civiltà del network globale, del «metaverso», del «salviamo il pianeta», senza avere però rispetto del prato accanto a casa.
Vi sono princìpi alla base del pensiero conservatore che meritano attenzione e rilancio perché permettono anche un’autentica difesa dell’ambiente. In primis il principio di sussidiarietà e di identità culturale: mentre l’ambientalismo globalizzato tende a generare processi che vengono imposti dall’esterno, la visione conservatrice invece privilegia le istanze provenienti dalla cultura locale, auspicando un costante protagonismo degli attori sociali locali a partire dalla loro propria cultura. È un principio espresso anche da Papa Francesco: «L’istanza locale può fare la differenza: è lì che nasce il senso di responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti» (40). È necessario, inoltre, rimettere l’uomo al centro, perché gli esseri umani non sono un problema e una minaccia per l’ambiente, bensì la chiave per tutelarlo e conservarlo. È necessario rispettare il principio di libertà, di libera iniziativa economica e dignità di ogni essere umano, valorizzando la creativitàdell’uomo, contro ogni visione totalitaria che soffoca la libertà e l’ingegno, coniugando il rispetto dell’ambiente e la crescita economica, evitando una visione anti-imprese. L’attuale economia globalizzata tende a uniformare le società e a indebolire l’immensa varietà culturale, ma le soluzioni globali, planetarie sono destinate al fallimento, mentre ha più possibilità di successo una tutela dell’ambiente che parta dall’amore per un territorio che si sente come «casa».
In un’ottica di rilancio del pensiero conservatore nel rapporto con l’ambiente è altresì più che mai opportuno riscoprire il pensiero del «filosofo contadino» del Novecento Gustave Thibon (1903-2001), «[…] il quale agli inizi del secolo, dopo aver frequentato la scuola comunale, è costretto ad abbandonare gli studi per dedicarsi al lavoro nei campi. Questa attività non sarà di ostacolo alla sua passione per il pensiero filosofico, anzi. Come alcuni studiosi della sua opera hanno osservato, l’immersione nei ritmi della natura e nel silenzio hanno in qualche modo stimolato il suo pensiero poi trasfuso nelle sue opere. Il filosofo francese Hervé Pasqua ha scritto che “Il thibonismo è una filosofia del buon senso”, ed è tale dal momento che esprime un perfetto equilibrio tra “realismo della terra” e verità soprannaturali» (41).
L’esortazione apostolica Laudate Deum: il degrado ambientale come problema umano e sociale
L’esortazione apostolica si muove nel solco della Laudato si’, anche se si spinge su un terreno, quello delle ipotesi scientifiche, che appare poco adeguato a un documento magisteriale, quando afferma: «L’origine umana — “antropica” — del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio» (42). Ciò anche alla luce di quanto lo stesso Pontefice aveva prudentemente osservato nella Laudato si’, al n. 23, e tenendo presente che dal 2015 non pare mutato il panorama scientifico al punto da far affermare l’esclusività della causa antropica.
Come sempre, bisogna partire dall’ossequio e dal rispetto dovuto al Santo Padre, leggendo il documento nel suo complesso per capirne gli obiettivi. Il Pontefice si dichiara a favore di questa tesi, che considera fondata e credibile. Il dibattito nel mondo scientifico continuerà — perché nessuna teoria scientifica, quantomeno nell’ottica epistemologica della scienza moderna, può ambire all’indiscutibilità e sottrarsi all’eventualità che la rilevazione di dati non ancora raccolti o non ancora adeguatamente considerati impongano un cambio di paradigma e ne certifichino la fallacia –– ma è evidente la fermezza con la quale Papa Francesco affronta le questioni ambientali, spronando gli uomini di buona volontà ad occuparsi del problema. Attirano l’attenzione dei mass media le manifestazioni dei gruppi «radicalizzati», ma essi «occupano un vuoto nella società nel suo complesso» (43): l’ignavia di chi invece dovrebbe occuparsi in modo serio del tema lascia di fatto campo libero all’accostamento al problema più estremistico e ideologico.
Il Pontefice ricorda che bisogna preoccuparsi del creato non con «un approccio meramente ecologico» (44) né con sentimentalismo, ma per motivazioni di dottrina sociale, per la dignità della vita umana, per le conseguenze sulle vite dei popoli: «Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli» (45). Gli attacchi all’ambiente causati dall’uomo provocano gravi danni alle persone e alla società. Papa Francesco invita a un approccio costruttivo, proponendo soluzioni che siano in linea con una corretta antropologia, con una vera attenzione ai bisogni dei popoli, nel rispetto dell’uomo e della sua cultura. Mette in guardia dalle visioni neo-malthusiane: «Nel tentativo di semplificare la realtà, non mancano coloro che incolpano i poveri di avere troppi figli e cercano di risolvere il problema mutilando le donne dei Paesi meno sviluppati» (46). Condanna sia l’antropocentrismo dispotico, lo sfrenato intervento sull’ambiente negli ultimi due secoli per opera di chi considera la natura come mera risorsa al suo servizio, sia l’ecocentrismo, «l’idea che l’essere umano sia un estraneo, un fattore esterno capace solo di danneggiare l’ambiente» (47). Evidenzia i rischi del paradigma tecnocratico: «Fa venire i brividi rendersi conto che le capacità ampliate dalla tecnologia danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero» (48).
Di fronte di questi errori il Papa rilancia la visione armonica del rapporto fra l’uomo e il creato annunciata dalla dottrina sociale della Chiesa e colpita dal processo rivoluzionario: «I gruppi umani hanno spesso “creato” l’ambiente, rimodellandolo in qualche modo senza distruggerlo o metterlo in pericolo. Il grande problema di oggi è che il paradigma tecnocratico ha distrutto questo rapporto sano e armonioso» (49). Ribadisce il valore del principio di sussidiarietà, ricordando il contributo delle tante aggregazioni e organizzazioni della società civile in grado di creare dinamiche efficienti: «Il principio di sussidiarietà si applica anche al rapporto globale-locale» (50). Considera le difficoltà della politica internazionale, nei nuovi scenari geopolitici, e i progressi e i fallimenti delle Conferenze sulle Parti (COP), ricordando peraltro che «[…] non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone» (51).
In conclusione, gli accorati appelli del Papa sono frutto della sua sincera preoccupazione per i gravi danni umani e sociali provocati da un degrado ambientale del quale sono responsabili gli uomini e i loro sistemi economici e politici senza etica e rispetto della giustizia, anche se si può legittimamente non condividere l’auspicio del Pontefice, assimilabile al cosiddetto «statalismo climatico», che organismi internazionali — le cui decisioni non sono al riparo da pregiudizi ideologici, dall’errore e da interessi economico-politici di parte — riescano a imporre forme di transizione energetica vincolanti per i singoli Stati (cfr. Laudate Deum, n. 59) (52). La difesa del creato deve essere autentica e integrale, in armonia con la nostra fede, centrata sul rispetto dell’uomo, della famiglia, della vita, della libertà e del principio di sussidiarietà. La nuova evangelizzazione, dovere di ogni cristiano, non può ignorare la diffusione della dottrina sociale anche in questo ambito.
Note:
1) Francesco, Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, del 24-5-2015.
2) Giovanni Paolo II, Lettera enciclica «Centesimus annus» nel centenario della «Rerum novarum», del 1-5-1991, n. 40.
3) Per un’analisi approfondita di un approccio antropologicamente corretto all’ecologia, cfr. Antonio Casciano, «Ecologismo ambientale di massa» ed «ecologia umana integrale». Paradigmi a confronto, in Cristianità, anno XLVII, n. 399, settembre-ottobre 2019, pp. 41-48. Per una ricostruzione storica e filosofica dell’ideologia ecologista, cfr. Cosimo Galasso e Maurizio Brunetti, Una «profetessa» per il terzo millennio: Greta Thunberg, ibid., anno XLVIII, maggio-giugno 2020, n. 403, pp. 21-37. Infine, aspetti particolarmente parossistici dell’ecologismo vengono affrontati in C. Galasso, Ecosessuali, chi sono?, ibid., anno L, n. 418, novembre-dicembre 2022, pp. 43-46.
4) Cfr. Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario (1959-2009) con materiali della «fabbrica» del testo e documenti integrativi, trad. it., con presentazione e cura di Giovanni Cantoni (1938-2020), Sugarco, Milano 2009, p. 71.
5) Massimo Introvigne, Il segreto dell’Europa. Guida alla riscoperta delle radici cristiane, Sugarco, Milano 2008, p. 122.
6) Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004.
7) Ermanno Pavesi, L’enciclica «Laudato si’»: un inno di lode al Creatore, in Cristianità, anno XLIII, ottobre-dicembre 2015, n. 378, pp. 47-55 (p. 47).
8) Francesco, Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, cit., n. 76.
9) Ibid., n. 90.
10) Ibid., n. 124.
11) Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale «Gaudium et spes» sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, n. 34.
12) Francesco, Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, cit., n. 69.
13) Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti ad un convegno su ambiente e salute, 24 marzo 1997, n. 4.
14) Francesco, Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, cit., n. 126.
15) Ibid., n. 17.
16) Ibid., n. 84.
17) Per approfondimenti, cfr. Rodney Stark (1934-2022), La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza, trad. it., Lindau, Milano 2006.
18) Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale «Reconciliatio et paenitentia», 2-12-1984.
19) Idem, Lettera enciclica «Centesimus annus» nel centenario della «Rerum novarum», cit., n. 37.
20) Idem, Discorso ai partecipanti ad un convegno su ambiente e salute, cit., n. 3-4.
21) Ibid., n. 5.
22) Marco Invernizzi, La Questione verde, nel sito web <https://alleanzacattolica.org/la-questione-verde> (gli indirizzi internet dell’intero articolo sono stati consultati il 29-12-2023).
23) Maurizio Milano, Il crollo della natalità in USA, nel sito web <https://alleanzacattolica.org/il-crollo-della-natalita-in-usa>.
24) Francesco, Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, cit., n. 173.
25) Sul tema, cfr. M. Milano, Build Back Better, nel sito web <https://alleanzacattolica.org/build-back-better>.
26) Francesco, Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, cit., n. 48.
27) Ibid., n. 6, dove cita Benedetto XVI (2005-2013), Lettera enciclica «Caritas in veritate», 29-6-2009, n. 51.
28) Ibid., n. 111.
29) Ibid., n. 31.
30) Ibid., n. 147.
31) Ibid., n. 217.
32) Benedetto XVI, Discorso al Bundestag di Berlino, 22-9-2011, cit. in Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, cit., n. 156.
33) Francesco, Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, cit., n. 117.
34) Ibid., n. 215.
35) Cfr. Pontificio Consiglio della Cultura, Via Pulchritudinis. Cammino privilegiato di evangelizzazione e di dialogo, 2006, III.1. La bellezza della creazione.
36) Ibid., Proposte pastorali.
37) Roger Scruton, Conservatism Means Conservation, in The Imaginative Conservative, 7-6-2016, nel sito web <https://theimaginativeconservative.org/2016/07/conservatism-means-conservation-roger-scruton-timeless.html>.
38) Giorgia Meloni, Dichiarazioni programmatiche di governo alla Camera dei deputati, 25-10-2023, nel sito web <https://www.governo.it/it/media/il-presidente-meloni-alla-camera-dei-deputati-le-dichiarazioni-programmatiche/20766>.
39) Liz Else, intervista a Roger Scruton, Green philosophy begins at home, nel sito web <https://www.newscientist.com/article/mg21328460-400-roger-scruton-green-philosophy-begins-at-home>.
40) Francesco, Lettera enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune, cit., n. 179.
41) Susanna Manzin, La Bellezza a portata di mano. Per un’estetica della vita quotidiana, D’Ettoris Editori, Crotone 2022, p. 110.
42) Francesco, Esortazione apostolica «Laudate Deum» sulla crisi climatica, 4-10-2023, n. 11.
43) Ibid., n. 58.
44) Ibid., n. 3.
45) Ibid., n. 58.
46) Ibid., n. 9.
47) Ibid., n. 26.
48) Ibid., n. 23.
49) Ibid., n. 27.
50) Ibid., n. 37.
51) Ibid., n. 70.
52) Sullo statalismo climatico, cfr. Maurizio Milano, «Statalismo climatico» & «pianificazione democratica», per un «futuro migliore», del 7-4-2022, reperibile all’indirizzo web <https://alleanzacattolica.org/statalismo-climatico-pianificazione-democratica-per-un-futuro-migliore>.