La santità non riguarda soltanto i singoli, ma tutta la società.Se i santi costruiscono una “società santa”, quest’ultima favorisce la salvezza dei deboli, di chi ha bisogno di un “ambiente” per crescere e salvarsi.
di Marco Invernizzi
I santi che la Chiesa celebra nei giorni precedenti l’Assunzione di Maria al Cielo sono diversi e celebri, come s. Ignazio di Loyola il 31 luglio, s. Alfonso Maria de’ Liguori il 1 agosto, san Lorenzo martire e altri che sembrano preparare la grande festa in cui si ricorda che Maria venne assunta in cielo in anima e corpo, come segno e modello di tutti i santi. Le feste dei santi sono un’occasione per ricordare che semplici uomini come noi hanno meritato di essere proposti all’imitazione dei fedeli, non tanto perché abbiano fatto grandi cose, ma perché hanno detto di sì alla volontà di Dio. E’ la grazia che porta gli uomini alle vette della santità, non le opere, ed è a essa che dobbiamo corrispondere, se vogliamo imitare chi prima di noi ha combattuto e vinto la buona battaglia.
La santità non è passata di moda, neppure nell’epoca del “mondo senza Dio”, come è quella che attraversa l’Occidente di oggi, oppure nel “mondo contro Dio”, che è il mondo dove i cristiani vengono perseguitati per la loro fede, in molte parti dell’Asia e dell’Africa. La Chiesa continua a proporre modelli di santità, come per esempio il beato Carlo Acutis (1991-2006), un giovanissimo che verrà canonizzato nel corso del prossimo Anno Santo, oppure la straordinaria serie di Pontefici santi che ha attraversato il Novecento, da san Pio X (1903-1914) a san Giovanni XXIII (1958-1963), da san Paolo VI (1963-1978) a san Giovanni Paolo II (1978-2005).
Per essere canonizzati ci vogliono almeno due miracoli, che confermino l’esercizio eroico delle virtù, precedentemente riconosciute dopo un rigoroso processo svolto da una commissione ecclesiale. Questo per ricordare quanto sia meticoloso l’iter che porta al riconoscimento della santità da parte della Chiesa, anche in un mondo che normalmente non è interessato a questo procedimento, se non ostile.
Ma la santità ha anche una dimensione “politica”, nel senso che non riguarda soltanto chi lo diventa ma anche, in qualche modo, la società intera. Come spiega san Giovanni Paolo II nell’esportazione apostolica Reconciliatio et paenitentia (1984), così come il peccato può diventare un fattore sociale di degrado della società intera, egualmente la santità eleva tutto il corpo sociale, non solo chi ne è protagonista diretto. Come i martiri sono il seme dei nuovi cristiani, così i santi sono coloro che testimoniano con la vita la continua fecondità del cristianesimo, anche in un contesto di rifiuto della fede.
Proprio questa è la loro importanza “politica”, legata alla trasformazione della società contemporanea. Infatti, il giovane Carlo Acutis è un messaggio ai giovani di oggi, dice come sia possibile diventare santi nella nostra epoca e usando (bene) i social, così come i Pontefici che hanno guidato la Chiesa nell’epoca della modernità e del passaggio epocale del 1989 aiutano a comprendere come sia possibile essere cristiani combattendo per la resistenza della fede e la nuova evangelizzazione.
Questa riflessione ci porta a una considerazione sullo stato attuale del mondo e dei cristiani che vivono in questo mondo. Mi riferisco principalmente all’Occidente, perché altrove la fede si testimonia nella persecuzione, anche se non esclusivamente, oppure la fede, come in Africa, vive l’esperienza e l’entusiasmo della prima evangelizzazione.
L’Occidente “ufficiale” è ridotto a come lo abbiamo visto in occasione dell’inaugurazione delle Olimpiadi. E’ “un mondo che muore”, che non ha più la spinta rivoluzionaria dell’epoca delle ideologie, ma gli rimane quel tratto nichilista e sostanzialmente satanico, frutto dell’odio contro la religione cristiana, che nasce appunto durante la Rivoluzione francese ed è rimasto nella grandeur di un presidente della Republique, che, sebbene sia in vistoso calo di consensi, nella sua disperazione politica non riesce a fare di meglio che “inorgoglirsi” per una manifestazione di disprezzo per le radici della figlia primogenita della Chiesa.
Questa ideologia della disperazione nichilista, o come volete chiamarla (Benedetto XVI parlava di “dittatura del relativismo”), non mi sembra tuttavia in grado di suscitare gli entusiasmi che produssero le ideologie del Novecento. Entusiasmi perversi, che portarono alle due guerre mondiali e a decine di milioni di morti, ma che avevano un fondamento nell’amore verso la propria nazione, sebbene stravolto (il nazionalismo), o nel desiderio “malpensato”di una giustizia sociale (il socialcomunismo). L’ideologia gender, l’aborto come diritto, la distruzione della famiglia e il relativo suicidio demografico, mi sembrano alcuni degli effetti nefasti di ideologie di morte, basate sull’individualismo dei diritti, che sono purtroppo penetrate nel senso comune, ma senza suscitare gli entusiasmi delle ideologie novecentesche.
Ovviamente, questa mentalità di morte va denunciata e combattuta, ma credo che dobbiamo anche prestare attenzione a quanto può essere occasione di rinascita nel “mondo che muore”.
Esistono delle minoranze cristiane significative nel nostro mondo, uomini e donne che non si sono arresi alla mentalità dominante o hanno trovato o riscoperto la fede. Pensiamo a un santuario mondiale come Medjugorje, dove milioni di persone hanno imparato da oltre 40 anni a riaccostarsi al sacramento della Confessione cambiando radicalmente vita, oppure alle migliaia di giovani che sono stati battezzati, come non era mai avvenuto negli anni più recenti, a Parigi e a Bruxelles nella notte di Pasqua, o ancora al continuo incremento di giovani partecipanti al pellegrinaggio annuale Parigi-Chartres. Sono piccoli segnali che però non devono essere sottovalutati, perché indicano una strada e una speranza, quella di una rinascita dentro questo mondo ammalato e disperato. Una rinascita che ha come condizione di partenza la santità di alcuni singoli, di quegli apostoli degli ultimi tempi di cui ha scritto nelle sue opere profetiche un santo francese, precisamente bretone: san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716). Egli annunciò l’empietà del 1789, ma anche il Regno di Maria, dopo la lunga parentesi rivoluzionaria. L’annuncio del Regno di Maria si è ripetuto a Fatima e nelle stesse apparizioni di Medjugorje.
Venerdì, 2 agosto 2024