La Messa ci fornisce anche un’etica per il nostro rapportarci con gli altri
di Michele Brambilla
Papa Francesco spiega ai fedeli dell’Angelus del 1 settembre che ai tempi di Gesù si dibatteva molto sulla purità rituale, motivo per cui i discepoli del Signore venivano spesso rimproverati dai farisei.
L’ebreo osservante del suo tempo doveva spesso lavarsi «per evitare qualsiasi contatto con cose o persone considerate immonde e, nel caso ciò avvenisse, cancellarne la ‘macchia’». Gesù, invece, invita a guardare dentro il cuore umano. La purezza «non è legata a riti esterni, ma prima di tutto a disposizioni interiori», altrimenti si scade nel “ritualismo”.
«Non si può, ad esempio, uscire dalla Santa Messa e, già sul sagrato della chiesa, fermarsi a fare pettegolezzi cattivi e privi di misericordia su tutto e tutti»: così si mina la comunione ecclesiale! Sbagliato anche «mostrarsi pii nella preghiera, ma poi a casa trattare con freddezza e distacco i propri familiari, o trascurare i genitori anziani, che hanno bisogno di aiuto e di compagnia». «Questa è una doppia vita», rimprovera il Santo Padre, «e questo è quello che facevano i farisei. La purezza esterna, senza gli atteggiamenti buoni, atteggiamenti misericordiosi con gli altri».
Si potrebbe, allora, pensare di adottare comportamenti formalmente corretti, ma ipocriti perché non corrispondenti ai sentimenti realmente nutriti nel cuore. Ma anche essere «molto corretti con tutti, magari fare anche un po’ di volontariato e qualche gesto filantropico» può diventare peccato se dentro continuo a provare «odio verso gli altri, disprezzare i poveri e gli ultimi o comportarsi in modo disonesto nel proprio lavoro», perché «facendo così si riduce il rapporto con Dio ai gesti esteriori, e dentro si rimane impermeabili all’azione purificatrice della sua grazia». Ogni cattolico deve allora proporsi di agire nel mondo così come si comporta in chiesa.
Poiché il 2 settembre partirà per un viaggio molto lungo in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore, Francesco chiede ai fedeli di accompagnarlo con la preghiera.
Il Papa ricorda anche la beatificazione, il 31 agosto, di un martire slovacco della “Cortina di ferro”: si tratta di «Ján Havlík, seminarista della Congregazione della Missione, fondata da San Vincenzo de’ Paoli». «Questo giovane è stato ucciso nel 1965, durante la persecuzione del regime contro la Chiesa nell’allora Cecoslovacchia», rammenta infatti il Santo Padre, chiedendo che «la sua perseveranza nel testimoniare la fede in Cristo sia di incoraggiamento a quanti ancora oggi subiscono simili prove». A proposito proprio di costoro, «con dolore ho appreso che sabato 24 agosto, nel comune di Barsalogho, in Burkina Faso, centinaia di persone, tra le quali donne e bambini, sono state uccise e molte altre ferite in un attacco terroristico».
Un appello anche per l’Ucraina e perché il conflitto israelo-palestinese torni al tavolo dei negoziati e non si allarghi nella regione, pensando sia agli ostaggi israeliani che alla popolazione civile di Gaza. Implora che «sia pace in Terra Santa, sia pace in Gerusalemme! La Città Santa sia luogo d’incontro dove i cristiani, gli ebrei e i musulmani si sentano rispettati e accolti, e nessuno metta in discussione lo Status Quo nei rispettivi Luoghi Santi».
Lunedì, 2 settembre 2024