Di Viktoria Roshchyna da Il Foglio del 11/10/2024
Roshchyna era una giornalista ucraina, aveva ventotto anni e un “dovere professionale”: raccontare la verità sui crimini di guerra russi in Ucraina. Questo dovere le è costato la vita. Ieri il portavoce del Gru, l’intelligence militare ucraina, Andriy Yusov, ha confermato la notizia della sua morte in una prigione russa. Era scomparsa il 3 agosto del 2023 mentre stava preparando un reportage sui territori occupati dalla Russia, aveva cercato di entrare nel territorio russo dalla Polonia, poi è stata catturata dalle autorità di Mosca e da quel giorno non si sono più avute sue notizie. Non era la prima volta che Roshchyna veniva imprigionata in Russia, già a marzo del 2022, poco dopo l’inizio dell’invasione su larga scala, era stata catturata nei territori orientali e aveva passato dieci giorni imprigionata a Berdyansk: aveva raccontato quei giorni in un lungo reportage, una volta tornata in Ucraina. Dopo quella volta suo padre l’aveva pregata di non avvicinarsi più ai territori occupati, si era offerto di pagarla, lei gli aveva risposto che avrebbe continuato, perché è proprio in quelle zone che le atrocità passano inosservate. Dopo il suo rilascio aveva ricevuto il premio “Coraggio nel giornalismo” dall’International Women’s Media Foundation: “Non lo considero coraggio ma piuttosto un mio dovere professionale. Le persone devono sapere la verità e i colpevoli devono essere ritenuti responsabili”, aveva detto. Ora il Cremlino è colpevole e responsabile anche della sua morte, è la tredicesima giornalista a morire dall’inizio della guerra. Sono ancora 19 i giornalisti trattenuti in Russia e di cui il regime di Vladimir Putin si rifiuta di fornire informazioni. Ieri Yusov ha dichiarato che Roshchyna avrebbe dovuto essere inclusa in un imminente scambio di prigionieri, Kyiv ha fatto di tutto per riportarla a casa, ma non è bastato.