«Non potete chiamare vostro Padre il Dio di ogni bontà, se conservate un cuore crudele e disumano; in tal caso, infatti, non avete più in voi l’impronta della bontà del Padre celeste», scrisse san Giovanni Crisostomo, opportunamente citato da Leone XIVper spiegare la necessità di essere coerenti con la nostra professione di fede in Gesù
di Michele Brambilla
«Oggi il Vangelo ci presenta Gesù che insegna ai suoi discepoli il Padre nostro (cfr Lc 11,1-13): la preghiera che unisce tutti i cristiani», dice Papa Leone XIV per l’Angelus del 27 luglio, il primo dalla finestra del Palazzo apostolico dopo le vacanze a Castel Gandolfo. Nel Padre nostro «il Signore ci invita a rivolgerci a Dio chiamandolo “abbà“, “papà”, come bambini, con “semplicità […], fiducia filiale, […] audacia, certezza di essere amati” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2778)».
Dal CCC il Papa trae anche un altro insegnamento, secondo il quale «“attraverso la Preghiera del Signore, noi siamo rivelati a noi stessi, mentre ci viene rivelato il Padre” (ibid., 2783). Ed è vero: più preghiamo con fiducia il Padre dei Cieli, più ci scopriamo figli amati e più conosciamo la grandezza del suo amore (cfr Rm 8,14-17)». La pagina di Vangelo della liturgia del giorno «descrive i tratti della paternità di Dio attraverso alcune immagini suggestive: quella di un uomo che si alza, nel cuore della notte, per aiutare un amico ad accogliere un visitatore inaspettato; oppure quella di un genitore che si preoccupa di dare cose buone ai suoi figli. Esse ci ricordano che Dio non ci volta mai le spalle quando ci rivolgiamo a Lui, nemmeno se arriviamo tardi a bussare alla sua porta, magari dopo errori, occasioni mancate, fallimenti, nemmeno se, per accoglierci, deve “svegliare” i suoi figli che dormono in casa (cfr Lc 11,7). Anzi, nella grande famiglia della Chiesa, il Padre non esita a renderci tutti partecipi di ogni suo gesto d’amore».
L’uomo è impaziente: proprio per questo Dio risponde, qualche volta, «con tempi e in modi difficili da capire»: anche questa è una forma di educazione. Dilatando i tempi di risposta, noi siamo guidati a comprendere che «agisce con una sapienza e con una provvidenza più grandi» delle nostre attese ed interpretazioni della storia. Quando preghiamo il Padre nostro, «oltre a celebrare la grazia della figliolanza divina, noi esprimiamo anche l’impegno a corrispondere a tale dono, amandoci come fratelli in Cristo. Uno dei Padri della Chiesa, riflettendo su questo, scrive: “Bisogna che, quando chiamiamo Dio “Padre nostro”, ci ricordiamo del dovere di comportarci come figli” (S. Cipriano di Cartagine, De dominica Oratione, 11)», cosa molto difficile per l’uomo postmoderno, che crede di essere “padre a se stesso”, senza legami con una paternità autentica. L’individualismo radicale dei nostri tempi è criticato anche da un’altra citazione: «Non potete chiamare vostro Padre il Dio di ogni bontà, se conservate un cuore crudele e disumano; in tal caso, infatti, non avete più in voi l’impronta della bontà del Padre celeste» (S. Giovanni Crisostomo, De angusta porta et in Orationem dominicam, 3). Come Leone XIV ripete dopo aver recitato la preghiera mariana, «ogni persona umana ha un’intrinseca dignità conferitale da Dio stesso», pertanto «esorto le parti in tutti i conflitti a riconoscerla e a fermare ogni azione contraria ad essa. Esorto a negoziare un futuro di pace per tutti i popoli e a rigettare quanto possa pregiudicarlo».
Il Pontefice interviene nuovamente, in maniera molto diretta, sul conflitto tra Israele e Hamas, ricordando che «seguo con molta preoccupazione la gravissima situazione umanitaria a Gaza, dove la popolazione civile è schiacciata dalla fame e continua ad essere esposta a violenze e morte. Rinnovo il mio accorato appello al cessate il fuoco, alla liberazione degli ostaggi e al rispetto integrale del diritto umanitario».
Altra fonte di preoccupazioni a livello internazionale l’escalation tra Thailandia e Cambogia: anche in questo caso «possa il Principe della pace ispirare tutti a cercare il dialogo e la riconciliazione».
«Oggi si celebra la V Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani che ha come tema: «Beato chi non ha perduto la speranza». Guardiamo ai nonni e agli anziani come testimoni di speranza, capaci di illuminare il cammino delle nuove generazioni», che stanno affluendo a Roma per il loro Giubileo (27 luglio-3 agosto). Nei messaggi in inglese e spagnolo per i primi giovani pellegrini arrivati in città, Leone XIV sottolinea l’importanza della “GMG” giubilare come occasione per educarsi ad una sequela “integrale” («following Christ with integrity of life»; «Espero que sea para cada uno ocasión para encontrar a Cristo y ser fortalecidos por Él en la fe y en el compromiso de seguirlo con coherencia») della fede cattolica.
