Non c’è mai stato un vuoto così pieno della presenza di Dio come nel sepolcro di Cristo
di Michele Brambilla
Papa Leone XIV dedica l’udienza del 17 settembre ad un giorno molto particolare nel calendario cattolico: il Sabato Santo. Per quanto lo scorso 19 aprile sia molto lontano (per non parlare del 4 aprile 2026), il ciclo di catechesi incentrato sugli episodi della vita di Gesù è giunto alla tappa del “grande silenzio”, «in cui il cielo sembra muto e la terra immobile, ma è proprio lì che si compie il mistero più profondo della fede cristiana», ricorda lo stesso Pontefice usando un paragone molto suggestivo: per il Santo Padre «è un silenzio gravido di senso, come il grembo di una madre che custodisce il figlio non ancora nato, ma già vivo».
Nel pomeriggio del Venerdì Santo «il corpo di Gesù, calato dalla croce, viene fasciato con cura, come si fa con ciò che è prezioso. L’evangelista Giovanni ci dice che fu sepolto in un giardino, dentro “un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto” (Gv 19,41)». Il giardino in cui viene sepolto il Signore si ricollega ad un altro celebre giardino, «l’Eden perduto, il luogo in cui Dio e l’uomo erano uniti» e in cui era poi stato commesso il peccato originale, che è il motivo per il quale Cristo ha dovuto sottoporsi ad una morte violenta. «All’inizio della creazione Dio aveva piantato un giardino, ora anche la nuova creazione prende avvio in un giardino: con una tomba chiusa che, presto, si aprirà», evidenzia il Papa.
«Il Sabato Santo è anche un giorno di riposo. Secondo la Legge ebraica, nel settimo giorno non si deve lavorare: infatti, dopo sei giorni di creazione, Dio si riposò (cfr Gen 2,2). Ora anche il Figlio, dopo aver completato la sua opera di salvezza, riposa. Non perché è stanco, ma perché ha terminato il suo lavoro. Non perché si è arreso, ma perché ha amato fino in fondo»: la Rivelazione biblica è così perfettamente compiuta, «non c’è più nulla da aggiungere» per l’eternità.
Leone XIV ammette che «noi facciamo fatica a fermarci e a riposare. Viviamo come se la vita non fosse mai abbastanza. Corriamo per produrre, per dimostrare, per non perdere terreno. Ma il Vangelo ci insegna che saperci fermare è un gesto di fiducia che dobbiamo imparare a compiere» per permettere proprio al Signore di intervenire nella storia umana, perché «la vita non dipende sempre da ciò che facciamo». «Nel sepolcro, Gesù, la Parola vivente del Padre, tace. Ma è proprio in quel silenzio che la vita nuova inizia a fermentare. Come un seme nella terra, come il buio prima dell’alba. Dio non ha paura del tempo che passa, perché è Signore anche dell’attesa. Così, anche il nostro tempo “inutile”, quello delle pause, dei vuoti, dei momenti sterili, può diventare grembo di risurrezione», osserva il Pontefice.
Anche nella Chiesa c’è molto “attivismo”, come se si potesse evangelizzare solo a colpi di iniziative mirabolanti: bisogna, invece, considerare che «la speranza cristiana non nasce nel rumore, ma nel silenzio di un’attesa abitata dall’amore. Non è figlia dell’euforia, ma dell’abbandono fiducioso. Ce lo insegna la Vergine Maria», che ha custodito il Verbo dentro di sé per nove mesi e lo ha atteso con fiducia anche una volta che Egli era stato deposto esanime nel sepolcro.
Mai disperare, quindi, ma pregare sempre, anche quando «a volte il Cielo ci sembra silenzioso», perché è proprio in quei momenti di silenzio che il Signore ci parla, come dice il Papa ai pellegrini francesi e tedeschi. Ai polacchi e a tutti i giovani rammenta l’esempio di san Stanislao Kostka (1550-68), novizio gesuita morto appena diciottenne, instancabile ricercatore della volontà di Dio.
Leone XIV menziona anche un altro grande santo gesuita, san Roberto Bellarmino (1542-1621), di cui ricorre proprio il 17 settembre la memoria liturgica (nel Calendario romano) e di cui portava il nome prima dell’elezione pontificia. Ringrazia quindi tutti i fedeli cattolici per i tanti messaggi di buon onomastico ricevuti.
Il Papa esprime nuovamente la sua vicinanza ai civili palestinesi di Gaza, ma non solamente ad essi. «Davanti al Signore Onnipotente che ha comandato: “Non ucciderai” (Es 20,13) e al cospetto dell’intera storia umana, ogni persona ha sempre una dignità inviolabile, da rispettare e da custodire. Rinnovo l’appello al cessate-il-fuoco, al rilascio degli ostaggi, alla soluzione diplomatica negoziata, al rispetto integrale del diritto umanitario internazionale», aggiunge infatti Leone XIV richiamando anche la controparte (Hamas) ai suoi doveri. Il Santo Padre distingue benissimo tra aggressore e aggredito, tanto che i media sono rimasti particolarmente colpiti da una precisazione fatta dallo stesso Pontefice poche ore prima, quando ha voluto sottolineare, in merito al conflitto ucraino, che «la Nato non ha cominciato nessuna guerra, i polacchi sono preoccupati perché sentono che il loro spazio aereo è stato invaso».
Giovedì, 18 settembre 2025
