Ciò che ci fa cattolici è la risurrezione di Cristo
di Michele Brambilla
Papa Leone XIV nell’udienza del 1° ottobre ribadisce che «il centro della nostra fede e il cuore della nostra speranza si trovano ben radicati nella risurrezione di Cristo». «Leggendo con attenzione i Vangeli, ci accorgiamo che questo mistero è sorprendente non solo perché un uomo – il Figlio di Dio – è risorto dai morti, ma anche per il modo in cui ha scelto di farlo. Infatti la risurrezione di Gesù non è un trionfo roboante, non è una vendetta o una rivalsa contro i suoi nemici», ma un avvenimento che avviene nel segreto della notte, la «notte beata» che sola ha meritato di conoscere il momento esatto in cui Cristo si è ridestato dai morti (Preconio pasquale romano). Essa «è la testimonianza meravigliosa di come l’amore sia capace di rialzarsi dopo una grande sconfitta per proseguire il suo inarrestabile cammino».
Il Papa ricorda che «quando noi ci rialziamo dopo un trauma causato da altri, spesso la prima reazione è la rabbia, il desiderio di far pagare a qualcuno ciò che abbiamo subito. Il Risorto non reagisce in questo modo. Uscito dagli inferi della morte, Gesù non si prende nessuna rivincita»: quando riappare ai discepoli, il suo primo atto è il perdono, e anche quelle apparizioni avvengono «con estrema discrezione, senza forzare i tempi della loro capacità di accoglienza. Il suo unico desiderio è quello di tornare a essere in comunione» con la comunità a cui ha dato origine.
«Il suo saluto è semplice, quasi ordinario: “Pace a voi!” (Gv 20,19)», l’ebraico shalom, che gli ebrei sono soliti scambiarsi vicendevolmente per strada, ma nel caso di Gesù è l’augurio di qualcuno che è tornato vincitore dalla battaglia più formidabile della storia, tra la Morte e la Vita (Victimae Paschali Laudes). Cristo mostra ai discepoli le piaghe lasciate dalla crocifissione non come una rivendicazione carica di rancore, ma perché la gioia per la risurrezione del Maestro raggiunga la pienezza. «Le ferite non servono a rimproverare, ma a confermare un amore più forte di ogni infedeltà. Sono la prova che, proprio nel momento del nostro venir meno, Dio non si è tirato indietro. Non ha rinunciato a noi», insiste il Pontefice.
In questo modo «il Signore si mostra nudo e disarmato. Non pretende, non ricatta. Il suo è un amore che non umilia; è la pace di chi ha sofferto per amore e ora può finalmente affermare che ne è valsa la pena», dice ancora il Santo Padre. “Pace disarmata e disarmante”, espressione cara a Leone XIV, significa proprio questo. Essa costituisce un impegno, meglio ancora un imperativo missionario, come si evince dallo stesso Vangelo, in cui Gesù aggiunge la frase: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21). Per rendere tutti i discepoli «strumenti di riconciliazione», il Signore alita su di loro lo Spirito Santo (Gv 20,22). Il Papa rimarca quindi che «questo è il cuore della missione della Chiesa: non amministrare un potere sugli altri, ma comunicare la gioia di chi è stato amato proprio quando non lo meritava. È la forza che ha fatto nascere e crescere la comunità cristiana: uomini e donne che hanno scoperto la bellezza di tornare alla vita per poterla donare agli altri».
Anche la Madonna «ci porta sempre al suo Figlio Gesù, che di nuovo dona a noi il suo Spirito e ci ricrea, facendoci diventare missionari di pace e misericordia», come dice Leone XIV ai pellegrini portoghesi. «Il cristiano è chiamato a testimoniare che l’amore e il perdono sono più grandi di ogni ferita e più forti di ogni ingiustizia», ripete il Santo Padre ai pellegrini di lingua araba, che sono quasi a contatto con la guerra in Terra Santa. Il Papa non dimentica neppure l’altro fronte, come si nota nell’invito ai pellegrini polacchi a continuare a pregare per la pace, che per loro significa anzitutto pace in Ucraina. La preghiera per la pace è dovere di tutti i cattolici ad ogni latitudine, come conferma lo stesso Pontefice nelle frasi pronunciate in lingua inglese («As we begin October, the month dedicated to the holy Rosary, I invite you to pray the Rosary every day for peace in our world»).
Giovedì, 2 ottobre 2025
