Alleanza per la Vita, Cristianità n. 66 (1980)
Gli inganni dei falsi difensori della vita, inganni che sono stati per tanto tempo denunciati, sono ormai sul punto di cominciare a rivelarsi da soli, senza bisogno della denuncia, che può sempre sembrare partigiana. La significativa mancanza di risposte adeguate alle autorevoli critiche rivolte da più parti alle due inaccettabili iniziative referendarie del direttivo del Movimento per la Vita. Contro ogni possibile dubbio, la massiccia e ingenua risposta del mondo cattolico a un appello sentito genericamente e acriticamente come «contro l’aborto», testimonia la sua rilevante consistenza e rivela ad abundantiam come la sua debolezza non stia né nella esiguità del numero, né nella scarsa generosità dell’impegno, ma soprattutto nell’ambiguità e nella equivocità di chi si offre a esso come guida. Un capitolo della battaglia per la vita si conclude, mentre un altro se ne apre, forse più aspro, ma certamente meno ambiguo.
Dopo il completamento delle raccolte del MpV
Vera e falsa difesa della vita
«La battaglia per la difesa della vita […] non si arenerà nel vicolo cieco in cui la si vuole imprigionare» (1).
1. Un nuovo ciclo della battaglia per la vita
Le cose sembrerebbero smentire tale asserzione: la consegna, il 29 settembre, di 2 milioni e 246/245 mila firme a sostegno delle due inaccettabili iniziative referendarie del direttivo del Movimento per la Vita (MpV), sembrerebbe, infatti, avere condotto la difesa della vita ad arenarsi definitivamente nel tragico vicolo cieco che le era stato preparato.
Ma non è così. La battaglia per una reale difesa della vita ha visto concludersi solamente uno dei suoi episodi, e aprirsi un suo nuovo ciclo. Un episodio che apparentemente segna una sconfitta della causa della vita, ma che, oltre le apparenze, segna forse il definitivo passo falso di chi aveva creduto troppo facilmente di poter spingere tutta la cristianità italiana verso la trappola di inaccettabili compromessi morali.
La trappola, da ora, imprigiona chi l’ha predisposta; e chi ha preparato il vicolo cieco è da ora «fissato» al suo ruolo: deve difenderlo; ma per farlo vi si incatena. E difendendo l’inganno, finisce inevitabilmente per renderlo noto, per distruggerlo e per disingannare quanti aveva finora ingannato: l’evidenza dell’inganno – che forse, in passato, poteva rimanere in parte celata – può da ora essere sottoposta a ognuno.
Già ora le maschere iniziano a cadere. E l’episodio può, da questo momento, costituire un prezioso elemento di chiarificazione e rappresentare un discrimine decisivo tra la vera e la falsa difesa della vita, tra chi è dell’opinione che possa divenire politicamente lecito ciò che è intrinsecamente immorale, e chi invece sa che nessuna legge umana ha autorità sufficiente per contraddire e violare i fondamentali principi, naturali e cristiani, della morale e del diritto.
2. La fondatezza delle critiche mosse alla duplice iniziativa del MpV
La duplice iniziativa del MpV, esaminata in ognuno dei suoi aspetti fondamentali da autorevoli studiosi e da esponenti di gruppi cattolici diversi (2), si manifesta come intesa oggettivamente (prescindendo, dunque, dalla questione della buona fede soggettiva) a ottenere che il mondo cattolico italiano, valendosi della tecnica abrogativa referendaria e sostenendo «vittoriosamente» le due iniziative, «massimale» e «minimale», causi le due nuove leggi che direttamente ne conseguono e che – non è inutile ripeterlo – introducono:
«A. la legalizzazione dell’omicidio-aborto larghissimamente terapeutico, il suo finanziamento pubblico, l’obbligo per gli enti ospedalieri di eseguirlo in ogni caso;
«B. l’estensione ai minorenni della somministrazione gratuita, da parte dei consultori, di contraccettivi, tra i quali abortivi precoci» (3).
Le due inaccettabili iniziative sono state fatte oggetto della più ferma e pubblica dissociazione da parte di Europa Pro Vita e della Federazione mondiale dei Medici per il Rispetto della Vita Umana (4).
Le argomentazioni con cui si fonda il giudizio di inaccettabilità morale delle due iniziative referendarie, sono state amplissimamente svolte da studiosi della morale e del diritto (5), e pubblicamente divulgate. A tali argomentazioni, non si è finora replicato se non con rari e contraddittori frammenti argomentativi relativi alle intenzioni dei sostenitori dei due referendum del MpV, così da far pensare che forse in campo cattolico è divenuta incerta la distinzione tra i criteri per la determinazione della moralità di un atto umano (6). Anche da parte di sostenitori delle due iniziative, non sono mancati indiretti e importanti riconoscimenti – da cui però non si traevano le intere conseguenze – della fondatezza delle argomentazioni critiche: «Una proposta del genere avrebbe avuto per obiettivo […] l’abrogazione degli articoli più aberranti. Ma questo fine sarebbe stato perseguito attraverso la conferma di una norma che sancisce la legittimità della soppressione di alcune persone umane. E così, per istituire una difesa giuridica di una persona umana, si sancisce, con un positivo atto di volontà, la non difendibilità giuridica di un’altra. Divenendo, in questo modo, conniventi con la logica che ha generato la legislazione abortista, logica che non può essere condivisa in nessuna maniera» (7). Non sono mancate neppure «risposte» di disarmante debolezza (8). Ma generalmente si è preferito «rispondere» solamente con un imbarazzato e iroso silenzio.
Dunque, alle autorevoli e amplissime argomentazioni di critica non è stato opposto pressoché nulla, nella maggior parte dei casi, e, in pochi casi, sono stati opposti solo frammenti argomentativi eterogenei, contraddittori, incerti, assolutamente insufficienti. È quindi doveroso confermare come perfettamente fondate tali autorevoli argomentazioni, e come moralmente inaccettabili le due iniziative referendarie del direttivo del MpV.
3. Il significato dell’imponente suffragio cattolico
Posta l’inaccettabilità morale delle due iniziative referendarie del MpV, a chi considerasse superficialmente la questione potrebbe apparire sorprendente che esse abbiano ricevuto un così imponente suffragio. Ma tale stupore non ha ragione d’essere per chi consideri la cura estrema con cui è stata tenuta nascosta – finché fu possibile – la vera natura delle due iniziative che venivano raccomandate alle popolazioni cattoliche (9).
Quale è dunque il significato di un così largo suffragio cattolico?
1. Esso è la prova della «reattività antiabortista dovunque e ancora largamente constatabile» (10). Esso significa non un consenso alle storture delle inaccettabili iniziative del MpV, la cui reale natura è ignorata, talvolta clamorosamente (11), ma unicamente una reale e radicale avversione all’omicidio-aborto e una tenace volontà di riaffermazione di un fondamentale principio morale.
2. L’ampiezza del consenso ottenuto è inoltre la prova che fin da subito, dal giugno 1978, non appena introdotta l’infame legge abortista, un referendum appropriato e moralmente indiscutibile poteva e doveva essere promosso. La responsabilità di avere omesso tanto a lungo il compimento di tale dovere, respingendo le sollecitazioni che da più parti pervennero all’episcopato dal giugno 1978 al giugno 1980, grava certamente sui vertici del MpV, per le loro interminabili e ambigue tattiche dilatorie.
Ma come non pensare anche alla sordità e all’inerzia dei pastori, che non utilizzando la loro autorità hanno permesso che lo scandalo venisse portato a compimento?
3. La prontezza dell’adesione cattolica, ottenuta con sollecitazioni pur così tardive e così tenui, prova inoltre che fino all’ultimo, almeno fino al termine del mese di agosto, i pastori avrebbero potuto scegliere, in luogo delle due iniziative del MpV, un’iniziativa retta, così come non da noi soli, ma da molte parti veniva insistentemente richiesto. Nessuno tra i pastori potrà dire di non avere avuto – per mesi e fino all’ultimo – altre, diverse e rette possibilità di scelta.
4. L’entità del suffragio cattolico, infine, è la prova di quanto vaste e preziose siano ancora, nonostante decenni di demolizioni, le energie cristiane sopravviventi nel corpo della nostra nazione, e di quanto sia necessario impedire che tali energie vengano disperse o erose: per valersi anche di esse al fine di fronteggiare nuovi e più gravi inganni, e i futuri episodi di tradimento che già si annunciano, da parte di falsi «avvocati» della vita (12).
* * *
La buona battaglia, dunque, non solo non si è arenata, ma essa inizia un suo nuovo ciclo; forse più aspro, certamente meno ambiguo: per la sempre più netta separazione, che si va facendo, tra falsa e vera difesa della vita.
Il Consiglio Direttivo di
ALLEANZA PER LA VITA
Roma, 7 ottobre 1980
Festa della Madonna del Rosario
Note:
(1) ALLEANZA PER LA VITA, Un tragico vicolo cieco, Roma, 9-9-1980 in, Cristianità, anno VIII, n. 64-65, agosto-settembre 1980.
(2) Cfr. ALLEANZA PER LA VITA, La questione del referendum antiabortista, Roma, 10-8-1980, in Cristianità, anno VIII, n. 64-65, cit.
(3) ALLEANZA PER LA VITA, Due iniziative moralmente inaccettabili, comunicato stampa dell’1-9-1980, ibidem.
(4) EUROPA PRO VITA, Telegramma del 21-8-1980; WORLD FEDERATION OF DOCTORS WHO RESPECT HUMAN LIFE, Telegramma del 9-9-1980. Cfr. la traduzione esatta e completa dei due telegrammi, ibidem.
(5) Cfr. DARIO COMPOSTA S.D.B., «Si deve rifiutare il sostegno alle due proposte referendarie del MpV», Roma, 15-8-1980; CARLO ALBERTO AGNOLI, FRANCESCO MARIO AGNOLI e MAURO RONCO, Infondatezza di sofismi e obiezioni avanzati a difesa della duplice iniziativa del MpV, Roma, 31-8-1980; FRANCESCO MARIO AGNOLI, Problemi referendari, Ravenna s. d. [ma settembre 1980].
(6) L’insistenza con cui esponenti del MpV mettono avanti la loro intenzione nel porre i due diversi dinamismi referendari, induce a pensare che essi non assumano anzitutto l’oggetto, o fine oggettivo, quale criterio di moralità, ma tendano invece a privilegiare il fine soggettivo. Ora, la sorgente prima di moralità non è il fine soggettivo, ma il fine oggettivo, o oggetto. L’oggetto, poi, è ciò a cui l’atto tende e che l’atto produce direttamente e per sé stesso. «Come una cosa è specificata dalla forma, così l’azione è specificata dal suo oggetto, come il moto dal suo termine» (San Tommaso d’Aquino, 1-2, q. 18, a. 2). L’oggetto del referendum popolare abrogativo è costituito dal termine del suo dinamismo, ossia da ciò che dal suo dinamismo è direttamente e per sé stesso causato: l’innovazione conseguente a tale dinamismo, causata immediatamente dalla deliberazione referendaria popolare. In particolare, la specifica innovazione causata dai due specifici dinamismi referendari abrogativi del MpV, è costituita da ciò che a essi rispettivamente consegue: le due rispettive leggi che per essi sorgono e sono poste in essere, e in cui tali dinamismi hanno il loro termine necessario e il loro compimento.
(7) CARLO CAFFARRA, Nessuna neutralità, in Avvenire, 10-9-1980.
(8) «La presenza o l’assenza di tali articoli è irrilevante, perché in Italia, purtroppo, il commercio dei contraccettivi è ormai libero» (L’Ordine, 4-9-1980). Si tratta della medesima argomentazione con cui è stata chiesta la legalizzazione dell’aborto: l’aborto è diffuso, «dunque» legalizziamolo e finanziamolo!
(9) Le due iniziative del direttivo del MpV vengono via via elaborate in documenti riservati – alcuni dei quali tuttora inediti – e depositate in Cassazione da due diversi gruppi anonimi il 19 aprile 1980: per mesi non se ne ha il più minuscolo cenno di pubblica rivendicazione da parte del MpV. Rivendicate dal MpV il 28 giugno 1980, Avvenire attenderà fino al 10 agosto per pubblicare i testi delle due leggi risultanti. La «copertura» dell’iniziativa fu tanto accurata, che si trascurò di metterne a parte le stesse componenti del mondo cattolico, come fu lamentato: «C’è chi ritiene che una iniziativa su una questione così delicata e importante, che coinvolge, in particolare, la sensibilità sull’argomento di tutto il mondo cattolico italiano, avrebbe dovuto essere preventivamente concordata almeno fra le componenti di esso» (Città Nuova, 25-7-1980, p. 44). Cfr. inoltre le considerazioni svolte da mons. Walter Pertegato in Verona Fedele, 27-7-1980, p. 1.
(10) ALLEANZA PER LA VITA, La questione del referendum antiabortista, cit.
(11) Così due servizi di Avvenire illustrano l’iniziativa del MpV: l’iniziativa è «diretta all’abrogazione dell’intera legge 194 che regolamenta l’interruzione volontaria della gravidanza […]; o, in alternativa, all’abrogazione dell’intera legge escluso l’articolo 54 che prevede non punibile e legittimo l’aborto in caso di grave pericolo di vita corso dalla madre» (Avvenire, 18-9-1980). «Molta gente ha considerato la firma apposta sui moduli come un gesto pubblico di devozione alla Madonna che completava coerentemente gli atti individuali in cui si manifesta normalmente la propria fede. In questo senso è stata significativa la raccolta effettuata sulla piazza antistante il santuario dell’Eremo, durante la veglia che si è protratta per l’intera notte tra venerdì e sabato» (ibid.).
(12) Il prossimo episodio del tradimento abortista democristiano è da attendersi in Parlamento: una trattativa per una legge abortista analoga a quella risultante dall’iniziativa abortista «minimale» del MpV, tale da ricevere il consenso generale (e quello delle forze abortiste, naturalmente). La descrizione di tale episodio è anticipata da Il Sabato, 4-10-1980, p. 13: «Sappiamo che su questo tema scottante bisogna fare un grande sforzo di dialogo, di comprensione reciproca, per arrivare ad una legge che, per quanto possibile, sia riconosciuta dalla coscienza di tutte le componenti della nazione. […] Il Movimento per la vita ha dato un esempio in questo senso proponendo due referendum. Di essi quello cosiddetto minimale è già una seria base di trattativa proposta a quei laici che non sono del tutto insensibili al valore della vita e riconoscono che, sulla base della nostra Costituzione, è impossibile negargli una qualche minima tutela. Su di esso è forse possibile riunificare la coscienza dell’intera nazione. […] Per fare un buon compromesso sul terreno della regolamentazione legislativa bisogna amare senza compromessi la verità».