Il mondo postmoderno è triste perché gli hanno rubato la speranza, ma come i discepoli di Emmaus può ritornare alla gioia se ritorna a Colui che ne è la fonte autentica
di Michele Brambilla
Nell’udienza del 22 ottobre Papa Leone XIV fotografa alla perfezione il mondo contemporaneo. «Oggi», infatti, «rifletteremo su come la risurrezione di Cristo può guarire una delle malattie del nostro tempo: la tristezza. Invasiva e diffusa, la tristezza accompagna le giornate di tante persone. Si tratta di un sentimento di precarietà, a volte di disperazione profonda che invade lo spazio interiore e che sembra prevalere su ogni slancio di gioia».
La postmodernità si sente precaria perché non ha un fondamento certo su cui costruire la sua civiltà. «La tristezza sottrae senso e vigore alla vita, che diventa come un viaggio senza direzione e senza significato», ma fortunatamente «questo vissuto così attuale ci rimanda al celebre racconto del Vangelo di Luca (24,13-29) sui due discepoli di Emmaus. Essi, delusi e scoraggiati, se ne vanno da Gerusalemme, lasciandosi alle spalle le speranze riposte in Gesù, che è stato crocifisso e sepolto». Secondo il Papa, «nelle battute iniziali, questo episodio mostra come un paradigma della tristezza umana: la fine del traguardo su cui si sono investite tante energie, la distruzione di ciò che appariva l’essenziale della propria vita. La speranza è svanita, la desolazione ha preso possesso del cuore. Tutto è imploso in brevissimo tempo, tra il venerdì e il sabato, in una drammatica successione di eventi». Non è forse accaduto così anche per le ideologie del Novecento, che pure avevano condizionato per decenni la vita di interi popoli? Dopo aver creduto a lungo nel “sol dell’avvenire”, l’uomo postmoderno si sente vuoto e deluso.
Quando i discepoli di Emmaus si muovono da Gerusalemme è il tardo pomeriggio del giorno di Pasqua: la Luce ha già vinto, ma a loro sembra troppo bello per essere vero. Una condizione che trova un’altra similitudine con l’uomo postmoderno, che ha sotto gli occhi le antiche radici cristiane della civiltà occidentale ma si intestardisce a rifiutarle, continuando a vivere come gli ha comandato di fare l’ideologia defunta. Ma «a un certo punto, si affianca ai due discepoli un viandante», Gesù stesso, che finge di non sapere cosa sia accaduto a Gerusalemme nei giorni decisivi della Passione, aprendo a poco a poco gli interlocutori al significato reale delle profezie che Lo riguardavano. Infatti «Gesù li ascolta, lascia che sfoghino la loro delusione. Poi, con grande franchezza, li rimprovera di essere “stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!” (Lc 24,25), e attraverso le Scritture dimostra che il Cristo doveva soffrire, morire e risorgere. Nei cuori dei due discepoli si riaccende», allora, il fuoco che Gesù aveva acceso in loro quando predicava per le strade della Terra Santa. La gioia diventa notoriamente piena quando il Viandante si fa riconoscere spezzando il pane al tavolo della locanda. «Subito si riaccende la gioia, l’energia scorre di nuovo nelle membra stanche, la memoria torna a farsi grata. E i due tornano in fretta a Gerusalemme, per raccontare tutto agli altri»: la vitalità riacquistata si trasforma subito in impeto missionario.
Gesù, subito dopo aver spezzato il pane, scompare, o meglio indica loro il modo con cui continuerà a rendersi vicino alla sua Chiesa: l’Eucaristia. Appare allora molto significativo che tra i pellegrini di questo 22 ottobre compaiano in piazza S. Pietro i gruppi polacchi di adorazione eucaristica, assieme alla «delegazione dell’Arcidiocesi di Białystok che ha portato la pietra angolare per il Museo del Beato Don Jerzy Popiełuszko» perché sia benedetta dal Successore di Pietro.
Padre Popiełuszko fu ucciso perché sognava una Polonia restaurata sulla vera Pietra angolare: il suo martirio, avvenuto per mano di coloro (i comunisti) che toglievano la speranza pervertendola, è la sintesi più efficace dell’epoca delle ideologie. La benedizione della pietra del museo intitolato al sacerdote martire avviene per di più nel giorno in cui «si celebra la memoria liturgica di San Giovanni Paolo II», il Pontefice polacco che ha minato mortalmente il comunismo e rilanciato con forza la nuova evangelizzazione come rinascita anche dal punto di vista sociale. Papa Wojtyla è festeggiato nella stessa data in cui celebrò la Messa inaugurale del suo pontificato ed «esattamente 47 anni fa, in questa Piazza, egli ha esortato il mondo ad aprirsi a Cristo. Questo appello è valido ancora oggi: tutti siamo chiamati a farlo nostro» in prima persona.
Giovedì, 23 ottobre 2025
