Il Papa denuncia con forza le stragi di cristiani in atto in Asia e Africa, oltre al perdurare del conflitto fratricida ucraino. Il Vangelo, però, ci ricorda che le vie dell’amore e del perdono sono sempre percorribili
di Michele Brambilla
«Mentre l’anno liturgico volge al termine, il Vangelo di oggi (Lc 21,5-19) ci fa riflettere sul travaglio della storia e sulla fine delle cose», commenta Papa Leone XIV all’inizio dell’Angelus del 16 novembre. L’accento cade specialmente sull’esortazione pronunciata dal Signore: «Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni non vi terrorizzate» (Lc 21,9), perché a guidare la storia c’è sempre Lui.
La XXXIII domenica del Tempo ordinario ha quindi come obbiettivo quello di rammentare la perpetua assistenza del Signore alla sua Chiesa anche nei momenti più travagliati. Come riconosce lo stesso Santo Padre, «il suo appello è molto attuale: purtroppo, infatti, riceviamo quotidianamente notizie di conflitti, calamità e persecuzioni che tormentano milioni di uomini e donne» che si possono legittimamente chiedere dove sia Dio nelle loro sofferenze, soprattutto se esse sono molto frequentemente passate sotto silenzio da chi potrebbe portare aiuto. Il Papa parla proprio di «indifferenza che le vuole ignorare», vedendovi quindi una volontà esplicita. Ma «le parole di Gesù annunciano però che l’aggressione del male non può distruggere la speranza di chi confida in Lui. Più l’ora è buia come la notte, più la fede brilla come il sole».
«Per due volte, infatti, Cristo afferma che “a causa del suo nome” molti subiranno violenze e tradimenti (cfr. Lc 21,12-17), ma proprio allora avranno l’occasione di dare testimonianza (cfr. Lc 21,13). Sull’esempio del Maestro, che sulla croce rivelò l’immensità del suo amore, tale incoraggiamento ci riguarda tutti», dato che tutti i cattolici sono stati battezzati nella morte e nella risurrezione di Cristo.
La chiamata al martirio fisico non è universale, ma chiunque oggi si definisca pubblicamente cattolico fa triste esperienza di un atteggiamento immotivatamente ostile. «La persecuzione dei cristiani, infatti, non accade solo con le armi e i maltrattamenti, ma anche con le parole, cioè attraverso la menzogna e la manipolazione ideologica», come è evidentissimo in Occidente. Questo non deve farci desistere, perché «soprattutto quando siamo oppressi da questi mali, fisici e morali, siamo chiamati a dare testimonianza alla verità che salva il mondo, alla giustizia che riscatta i popoli dall’oppressione, alla speranza che indica per tutti la via della pace». «“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (v. 19): questa promessa del Signore infonde in noi la forza di resistere agli eventi minacciosi della storia e ad ogni offesa; non restiamo impotenti davanti al dolore, perché Egli stesso ci dà “parola e sapienza”» per combattere attivamente il male.
E’ pratica molto utile meditare spesso le vite dei martiri, ma anche non dimenticare i luoghi nei quali ancora oggi molti nostri fratelli nella fede patiscono una persecuzione aperta del loro credo. Il Pontefice pensa in particolare «a Bangladesh, Nigeria, Mozambico, Sudan e altri Paesi, dai quali giungono spesso notizie di attacchi a comunità e luoghi di culto. Dio è Padre misericordioso e vuole la pace tra tutti i suoi figli! Accompagno nella preghiera le famiglie in Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, dove in questi giorni c’è stato un massacro di civili, almeno venti vittime di un attacco terroristico. Preghiamo che cessi ogni violenza e i credenti collaborino per il bene comune».
Ci sono pure casi di guerre tra cristiani: il più eclatante è il confitto russo-ucraino. «Seguo con dolore le notizie degli attacchi che continuano a colpire numerose città ucraine, compresa Kyiv. Essi causano vittime e feriti, tra cui anche bambini, e ingenti danni alle infrastrutture civili, lasciando le famiglie senza casa mentre il freddo avanza. Assicuro la mia vicinanza alla popolazione così duramente provata. Non possiamo abituarci alla guerra e alla distruzione! Preghiamo insieme per una pace giusta e stabile nella martoriata Ucraina», insiste a chiedere il Santo Padre.
Leone XIV ricorda che «oggi celebriamo la Giornata Mondiale dei Poveri. Ringrazio quanti, nelle diocesi e nelle parrocchie, hanno promosso iniziative di solidarietà con i più disagiati. E idealmente, in questa Giornata, riconsegno l’Esortazione apostolica Dilexi te, “Ti ho amato”, sull’amore verso i poveri, documento che Papa Francesco stava preparando negli ultimi mesi di vita e che con grande gioia ho portato a termine», nel segno della doverosa continuità tra i due pontificati.
Per mettere in pratica l’insegnamento di questo Angelus abbiamo davanti due modelli, indicati dallo stesso Pontefice: gusto «ieri, a Bari, è stato beatificato Carmelo De Palma, sacerdote diocesano, morto nel 1961 dopo una vita spesa con generosità nel ministero della Confessione e dell’accompagnamento spirituale. La sua testimonianza sproni i sacerdoti a donarsi senza riserve al servizio del popolo santo di Dio», senza temere i giudizi umani. A tutti i cattolici, specialmente a chi ha subito un torto, farà bene ricordare l’anniversario «del Messaggio di riconciliazione indirizzato dai Vescovi polacchi ai Vescovi tedeschi dopo la seconda guerra mondiale». Sarebbe troppo lungo rievocare qui cosa significò l’occupazione nazionalsocialista per la Polonia. Il perdono sbocciato tra i cattolici polacchi e quelli tedeschi può fornire, secondo il Papa, che lo rievoca, un esempio concreto percorribile da altri popoli in guerra, soprattutto se hanno in comune la fede nel Signore Gesù.
Lunedì, 17 novembre 2025
