Giovanni Paolo II, Cristianità n. 247-248 (1995)
Discorso all’Assemblea Generale dell’organizzazione delle Nazioni Unite, del 15-10-1995, nn.7-8, in l’Osservatore Romano, 6-10-1995. Titolo redazionale.
Le nazioni, i loro diritti e i loro doveri
In forza della comunanza di natura, gli uomini sono spinti a sentirsi, quali sono, membri di un’unica grande famiglia. Ma per la concreta storicità di questa stessa natura, essi sono necessariamente legati in modo più intenso a particolari gruppi umani; innanzitutto la famiglia, poi i vari gruppi di appartenenza, fino all’insieme del rispettivo gruppo etnico-culturale, che non a caso, indicato col termine «nazione», evoca il «nascere», mentre, additato col termine «patria» («Fatherland»), richiama la realtà della stessa famiglia. La condizione umana è posta così tra questi due poli – l’universalità e la particolarità – in tensione vitale tra loro; una tensione inevitabile, ma singolarmente feconda, se vissuta con sereno equilibrio.
È su questo fondamento antropologico che poggiano anche i «diritti delle nazioni», che altro non sono se non i «diritti umani» colti a questo specifico livello della vita comunitaria. Una riflessione su questi diritti è certo non facile, tenuto conto della difficoltà di definire il concetto stesso di «nazione», che non si identifica a priori e necessariamente con lo Stato. […]
Presupposto degli altri diritti di una nazione è certamente il suo diritto all’esistenza: nessuno, dunque – né uno Stato, né un’altra nazione, né un’organizzazione internazionale – è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di esistere. Questo fondamentale diritto all’esistenza non necessariamente esige una sovranità statuale, essendo possibili diverse forme di aggregazione giuridica tra differenti nazioni, come ad esempio capita negli Stati federali, nelle Confederazioni, o in Stati caratterizzati da larghe autonomie regionali. Possono esserci circostanze storiche in cui aggregazioni diverse dalla singola sovranità statuale possono risultare persino consigliabili, ma a patto che ciò avvenga in un clima di vera libertà, garantita dall’esercizio dell’autodeterminazione dei popoli. Il diritto all’esistenza implica naturalmente, per ogni nazione, anche il diritto alla propria lingua e cultura, mediante le quali un popolo esprime e promuove quella che direi la sua originaria «sovranità» spirituale. La storia dimostra che in circostanze estreme (come quelle che si sono viste nella terra in cui sono nato), è proprio la sua stessa cultura che permette ad una nazione di sopravvivere alla perdita della propria indipendenza politica ed economica. Ogni nazione ha conseguentemente anche diritto di modellare la propria vita secondo le proprie tradizioni, escludendo, naturalmente, ogni violazione dei diritti umani fondamentali e, in particolare, l’oppressione delle minoranze. Ogni nazione ha il diritto di costruire il proprio futuro provvedendo alle generazioni più giovani un’appropriata educazione.
Ma se i «diritti della nazione» esprimono le vitali esigenze della «particolarità», non è meno importante sottolineare le esigenze dell’universalità, espresse attraverso una forte coscienza dei doveri che le nazioni hanno nei confronti delle altre e dell’intera umanità. Primo fra tutti è certamente il dovere di vivere in atteggiamento di pace, di rispetto e di solidarietà con le altre nazioni. In tal modo l’esercizio dei diritti delle nazioni, bilanciato dall’affermazione e dalla pratica dei doveri, promuove un fecondo «scambio di doni», che rafforza l’unità tra tutti gli uomini.
Giovanni Paolo II