Di Michele Brambilla
Il ciclo delle udienze generali dedicato al Padre nostro si interrompe nuovamente per introdurre le celebrazioni con le quali culmina la Settimana Santa, come avverte Papa Francesco all’inizio dell’udienza del 17 aprile, Mercoledì Santo, leggendole sotto una lente particolare. «In queste settimane stiamo riflettendo sulla preghiera del “Padre nostro”. Ora, alla vigilia del Triduo pasquale, soffermiamoci su alcune parole con cui Gesù, durante la Passione, ha pregato il Padre».
Il Papa segue il filo logico di tre invocazioni particolari. La prima si legge «dopo l’Ultima Cena, quando il Signore, “alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo – e poi – glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse” (Gv 17,1.5)». Cosa significa, per Gesù, essere glorificato? «La gloria nella Bibbia, indica il rivelarsi di Dio, è il segno distintivo della sua presenza salvatrice fra gli uomini. Ora, Gesù è Colui che manifesta in modo definitivo la presenza e la salvezza di Dio. E lo fa nella Pasqua: innalzato sulla croce, è glorificato (cfr Gv 12,23-33)», nel senso che il Crocifisso manifesta in pieno il volto misericordioso di Dio.
«Dopo l’Ultima Cena Gesù entra nel giardino del Getsemani; anche qui», fa notare Francesco, «prega il Padre», in un momento per Lui di estrema angoscia. «Nella prova Gesù ci insegna ad abbracciare il Padre, perché nella preghiera a Lui c’è la forza di andare avanti nel dolore. Nella fatica la preghiera è sollievo, affidamento, conforto». Non sempre, però, l’uomo lo capisce: «il problema più grande non è il dolore, ma come lo si affronta. La solitudine non offre vie di uscita; la preghiera sì, perché è relazione, è affidamento».
Si giunge quindi alla terza invocazione che Gesù innalza al Padre. «Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Nell’ora per Cristo più dolorosa, quando le Sue mani e i Suoi piedi vengono trafitti dai chiodi dei carnefici, ed Egli viene ridotto a un’apparente impotenza, proprio in quel momento il Figlio di Dio non cede al rancore, ma invoca la misericordia divina anche su chi lo sta uccidendo. Come dice il Pontefice, «qui, al vertice del dolore, giunge al culmine l’amore: arriva il perdono, cioè il dono all’ennesima potenza, che spezza il circolo del male».
Al termine dell’udienza non può mancare, tra i saluti rivolti ai pellegrini di lingua francese, un riferimento all’incendio che il 15 aprile ha gravemente danneggiato la cattedrale di Notre Dame di Parigi: «colgo questa occasione per esprimere alla comunità diocesana di Parigi, a tutti i parigini e all’intero popolo francese il mio grande affetto e la mia vicinanza dopo l’incendio nella Cattedrale di Notre-Dame. Cari fratelli e sorelle, sono rimasto addolorato e mi sento tanto vicino a tutti voi. A quanti si sono prodigati, anche rischiando di persona, per salvare la Basilica va la gratitudine di tutta la Chiesa. La Vergine Maria li benedica e sostenga il lavoro di ricostruzione: possa essere un’opera corale, a lode e gloria di Dio. Dio vi benedica!».
Giovedì, 18 aprile 2019