Antonio Augusto Borelli Machado, Cristianità n. 75-76 (1981)
Una breve ma indicativa analisi – che trae spunto dal libro scritto dal professor Plinio Corrêa de Oliveira e da Carlos Patricio del Campo – di un documento dei vescovi brasiliani sul problema della Riforma Agraria. I delicati problemi di coscienza posti ai cattolici brasiliani da un documento episcopale che suscita gravi perplessità per la sua difformità dall’insegnamento tradizionale del Magistero in materia sociale e per l’affrettata e superficiale procedura con cui i vescovi sono pervenuti alla approvazione del testo.
L’ultima opera di Plinio Corrêa de Oliveira
«Sono cattolico: posso essere contro la Riforma Agraria?»
In un enorme edificio posto nel municipio di Indaiatuba, nell’interno dello Stato di San Paolo, già sede del noviziato dei gesuiti, si riunisce una rispettabile assemblea. Circa duecentotrenta membri di un alto organismo brasiliano discutono e poi votano un importante documento destinato a esercitare una notevole influenza sul futuro del Brasile. Tutta la stampa rivolge le luci della propaganda sul grande avvenimento.
Per le cariche che occupano e per i titoli che ostentano, i rispettabili membri della venerabile assemblea meritano l’attenzione di tutta la nazione.
Vista così, da fuori, l’assemblea sembra circondata da tutte le forme di prestigio, di rispettabilità e di influenza. Il documento finale che emetterà dovrà, di conseguenza, rivestirsi di tutte le caratteristiche di competenza, di serietà e di solidità necessarie per imporsi al più esigente dei critici.
La realtà, purtroppo, non si combina con questa descrizione. La fotografia della votazione finale, diffusa dai giornali, illustra adeguatamente il clima della assemblea. Privi, nella grande maggioranza dei casi, degli abiti propri della loro condizione, sono i vescovi brasiliani che si riuniscono in Itaici. Il documento che pubblicano, a conclusione della assemblea del febbraio 1980, si intitola Igreja e problemas da terra (1).
Un problema di coscienza per i cattolici: è lecito discordare dal documento della conferenza nazionale dei vescovi brasiliani (CNBB)?
I mezzi di comunicazione sociale di tutte le sfumature ideologiche, non cessano di presentare la CNBB al pubblico come portavoce ufficiale di tutto l’episcopato brasiliano. I documenti emanati dalle sue assemblee generali, realizzate abitualmente nel febbraio di ogni anno, a Itaici, sembrano imporsi al rispetto di tutti i fedeli.
Questo fatto pone i cattolici brasiliani in una difficile situazione di coscienza, quando osservano che, più di una volta, le prese di posizione della CNBB non si combinano sia con la realtà nazionale, sia – il che è più grave – con il secolare insegnamento del Magistero supremo.
Ora, i cattolici ben formati sanno che, secondo tale dottrina, normalmente tocca a ogni fedele accettare con fiducia le prese di posizione dell’episcopato. Ma quando, sia per qualcosa di insolito nella materia, sia nel modo di esporla, il fedele trova prudente motivo per temere qualche sbaglio nel documento episcopale, gli spetta il diritto, e perfino il dovere, di confrontare i documenti dell’insegnamento autorizzato e legittimo dei Pastori locali con gli insegnamenti della Cattedra di san Pietro.
Diventa quindi spiegabile il fatto che, nella situazione attuale, creata dalla pubblicazione del documento della CNBB Igreja e problemas da terra, qualcuno facesse questo confronto.
È quanto ha fatto, con la competenza e la vivacità che gli sono abituali, il professor Plinio Corrêa de Oliveira: presidente del consiglio nazionale della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Familia e Propriedade (TFP), nel suo nuovo studio intitolato Sou Católico: posso ser contra a Reforma Agrária? (2).
In primo luogo, come è già stato detto, il documento Igreja e problemas da terra assume una posizione agro-riformistica che non trova fondamento nei documenti tradizionali del supremo Magistero, divergendo anche, in diversi punti, dai suoi insegnamenti.
D’altro lato, nel giudizio sulle situazioni di fatto, il documento della conferenza episcopale brasiliana, si limita ad affermazioni generiche, appoggiate talora su una scarsa documentazione, quando non prive di qualsiasi fondamento documentario.
Di conseguenza i cattolici, in quanto cattolici, hanno non soltanto il diritto, ma, a seconda dei casi, il dovere di opporsi alla Riforma Agraria preconizzata dal documento della CNBB (3). Da ciò il sottotitolo del libro: Posso e devo ser contra a Reforma Agrária. Considerações doutrinarias.
Con tale affermazione ampia, fondata su una analisi esauriente del documento dell’episcopato, il nuovo lavoro del professor Plinio Corrêa de Oliveira aiuta i lettori nella soluzione di un problema di coscienza di fatto angustiante, ma in realtà inesistente.
Come la CNBB ha optato per la Riforma Agraria
Questa conclusione, alla quale si giunge attraverso una analisi interna di Igreja e problemas da terra, è rafforzata dalla considerazione di come si è giunti alla approvazione del documento della CNBB. Lo descrive l’arcivescovo di Belém do Para, mons. Alberto Gaudêncio Ramos, nella rubrica Recanto do Pastor, che tiene sulla Voz de Nazaré (4).
Dopo avere osservato che i vescovi – molto indaffarati – difficilmente hanno tempo per uno studio approfondito del documento prima dell’inizio della assemblea, limitandosi a un esame sommario durante il viaggio verso Itaici, l’arcivescovo di Belém narra come viene fatta la discussione del testo. E mostra che, in fin dei conti, tutto dipende dalla commissione incaricata della redazione del documento, «che seleziona esaurientemente e raggruppa le opinioni simili e, a sua discrezione, le accoglie o le rifiuta» (5). Inutile sottolineare quanto debba influire, sulla forma finale del testo, l’orientamento degli elementi che compongono la citata commissione…
Segue la votazione, punto per punto, del documento. I vescovi siedono, nell’assemblea, raccolti secondo le regioni da cui provengono, secondo le quali è divisa la CNBB. Spiega, allora, mons. Gaudêncio Ramos: «I segretari delle conferenze regionali contano i cartelli levati e vanno a portare i risultati, a bassa voce, al tavolo della segreteria,
e in questo vi può essere un margine di equivoci oppure di distrazioni» (6).
Si passa, infine, alla votazione finale. Tutti i cattolici brasiliani si aspetterebbero che si facesse in un ambiente ben diverso da quello descritto dall’arcivescovo di Belém do Para: «L’approvazione di così importanti documenti è fatta quasi sempre in fretta, mentre molti vescovi sono già partiti al mattino presto, mentre tutti sono stanchi e alcuni guardano gli orologi, ormai preoccupati dell’autobus per la stazione delle corriere o per l’aeroporto… È chiaro che, in queste condizioni, la tendenza è quella di approvare tutto quanto viene proposto» (7).
Così è stato approvato il documento Igreja e problemas da terra. E per esso, studiato senza grande profondità e votato di corsa, con molti vescovi con l’occhio all’orologio e disposti ad «approvare tutto quanto viene proposto», la CNBB chiede l’assenso dei cattolici brasiliani!
Come non congetturare, di fronte al panorama tracciato dall’arcivescovo di Belém, che Igreja e problemas da terra non rappresenti con precisione il pensiero di tutto l’episcopato brasiliano, ma della piccola parte che – completamente conscia di quello che vuole e di quello che fa – porta la maggioranza dei prelati a seguirne le orme?
Tale congettura fa ricordare il commento emesso da un altro arcivescovo, mons. Luciano Cabral Duarte, di Aracaju – per altro, partigiano anche lui di una Riforma Agraria -, che ha affermato: «Mi sembra che questo documento non meritasse la approvazione della CNBB. È un male per un argomento estremamente grave e importante come questo» (8).
La ispirazione marxista di Igreja e problemas da terra. La Riforma Agraria, meta comunista ben nota
L’arcivescovo di Aracaju va anche oltre, e vede nella terminologia utilizzata nel documento – la distinzione tra «terra di sfruttamento» e «terra di lavoro» – una «ispirazione marxista», «incompatibile con la dottrina sociale della Chiesa» (9).
Non è questo, d’altronde, l’unico punto di avvicinamento tra la dottrina marxista e la dottrina che ha ispirato i redattori del documento della CNBB, come dimostra il professor Plinio Corrêa de Oliveira nel suo studio sull’argomento.
È perfettamente noto che, in Brasile, il pioniere della rivendicazione della Riforma Agraria è stato il partito comunista, e questo dai primordi della sua attività; negli anni Venti. Tutto questo è comprensibile dal momento che, essendo l’ugualitarismo sociale ed economico la meta comunista per eccellenza, non si può concepire nessun regime comunista, finché si conserva la proprietà privata nel mondo agricolo. Infatti essa genera naturalmente la disuguaglianza.
Ora, mentre la dottrina cattolica postula una società armonicamente gerarchizzata, la dottrina comunista vuole uguagliare tutto, come si trova definito nel programma del Partita Comunista russo: «Il comunismo è un regime sociale senza classi, con una unica forma di proprietà dei mezzi di produzione – la proprietà di tutto il popolo – e con una piena uguaglianza sociale di tutti i membri della società» (10).
Si deve sottolineare la importanza di questo punto nella strategia dei comunisti. Se questi, dominando il Brasile, riuscissero a statalizzare tutta la proprietà industriale e urbana, rimanendo ancora privata l’agricoltura – che costituisce, in superficie, l’immensa maggioranza del paese -, per loro la situazione sarebbe semplicemente insostenibile. Da ciò la necessità prioritaria, per i comunisti, di instaurare la Riforma Agraria.
Ora, il documento episcopale concepisce la Riforma Agraria sostanzialmente come una Riforma Fondiaria, da realizzare sotto la influenza del principio per cui, dal punto di vista socio-economico, la piccola proprietà di dimensioni familiari costituisce il modello ideale. Da questa concezione utopistica della miniproprietà-panacea deriva la tendenza costante del documento alla frammentazione fondiaria.
Igreja e problemas da terra avvia così il paese sui sentieri già da tanto tempo indicati con successo dal partito comunista. E in questo opera come un prezioso – in realtà, indispensabile – «compagno di strada» del partito comunista stesso.
Non meraviglia, dunque, che il giornale comunista Voz da Unidade, successo alla Voz Operária come organo ufficiale del Partito Comunista Brasiliano, abbia fatto i più aperti elogi del testo episcopale: «Il documento “Igreja e problemas da terra” […] può essere considerato come un segno di rilievo nel lavoro che da circa 28 anni la CNBB sta dedicando al problema della terra […].
«Condannando chiaramente il capitalismo, il modello economico vigente e dichiarandosi favorevole a una autentica Riforma Agraria, la 18ª assemblea generale della CNBB ha dato un importante contributo per, come dice lo stesso documento di Itaici, “la costruzione dell’Uomo nuovo, base della nuova società”» (11).
Da ciò, ancora una volta, il diritto e il dovere dei cattolici di opporsi alla Riforma Agraria preconizzata dal documento episcopale. Questo è il patriottico servizio reso al Brasile dal libro Sou católico: posso ser contra a Reforma Agrária?
Invasione della sfera dello Stato da parte della CNBB, che si manifesta in modo flagrante in Igreja e problemas da terra
Il libro Sou católico: posso ser contra a Reforma Agrária? mostra anche che Igreja e problemas da terra pratica una flagrante interferenza nella sfera dello Stato.
Secondo la dottrina cattolica, ogni Stato deve promuovere il bene comune temporale del rispettivo popolo. Così, tutto quanto riguarda la indipendenza, la prosperità, il benessere e il progresso di un paese è posto sotto l’azione dello Stato.
Quanto alla Chiesa, non tocca a essa immischiarsi in problemi temporali, se non ratione peccati, cioè quando, nell’ordine civile, qualcosa viola la legge di Dio, come nel caso del divorzio, della limitazione delle nascite, della laicità scolastica, ecc. (12).
Ora, Igreja e problemas da terra invita a fare una critica globale di tutto il processo di sviluppo socio-economico brasiliano, esternando la convinzione che è indispensabile sottoporre questo processo a una riforma completa, secondo mete e metodi indicati nello stesso documento. Il che comporta un andare molto oltre le competenze specifiche dell’episcopato.
Le osservazioni fatte fino a questo punto mettono in rilievo le obbiezioni che si possono sollevare contro il documento in questione dal punto di vista della dottrina cattolica. È quanto si ricava dallo studio del professor Plinio Corrêa de Oliveira che forma il Titolo 1 dell’opera Sou católico: posso ser contra a Reforma Agrária?
Igreja e problemas da terra è anche notevolmente manchevole dal punto di vista economico
Dal punto di vista economico, si è incaricato di indicare le gravi lacune di Igreja e problemas da terra Carlos Patrício del Campo, master of Science in economia agraria presso la università di Berkeley, in California. Il suo studio ben fondato costituisce il Titolo II del libro, che dimostra come la visione della crisi brasiliana presentata dal documento episcopale, così come i rimedi che detto documento propone, formano soltanto un tutto coerente che ha come quadro di fondo la dottrina marxista. Inoltre, in diversi punti del documento affiorano molteplici formulazioni esplicite coerenti con questa dottrina, il che rivela, ancora una volta, una ispirazione ideologica marxista.
Trattando di un tema di ordine economico, che, tuttavia, in quanto tale, sfugge alla competenza e alla autorità dei vescovi, sarebbe stato indispensabile che Igreja e problemas da terra facesse riferimento a studi e ad autori rappresentativi delle diverse scuole di pensiero economico, per fondare la sua analisi su basi scientifiche e dare consistenza alle soluzioni da esso proposte. Ma gli studi e gli specialisti sono semplicemente ignorati dal documento in questione.
In assenza di tali riferimenti, ci si poteva aspettare almeno che Igreja e problemas da terra fosse ricco di dati, di formulazioni e di ragionamenti, che giustificassero le sue affermazioni e le sue conclusioni. Ma, come mette in evidenza lo studio di Carlos Patrício del Campo, di tutto questo il testo è povero.
Alcuni esempi sono sufficienti per mostrare come il documento manipola i dati statistici per confondere il lettore e per portarlo a considerare la Riforma Agraria una misura giusta e necessaria.
Igreja e problemas da terra confonde il lettore con statistiche impressionanti … ma inadeguate
Il documento della CNBB dice: «Nel 1950, il 19,2% dei lavoratori non erano proprietari dei fondi rurali (cioè 1 contro 4, circa). Nel 1975, per ogni lavoratore non proprietario c’erano appena 1,6 proprietari» (13). Da ciò conclude che: «la proprietà della terra diventa inaccessibile ad un numero sempre maggiore di lavoratori» (14).
Come si vede, Igreja e problemas da terra prende come base della sua argomentazione un indice rappresentato dal rapporto tra il numero di lavoratori non proprietari e il numero di lavoratori proprietari. Ora, questo indice è semplicemente inadeguato per misurare la accessibilità alla proprietà della terra, perché, tra altre ragioni, è indipendente dall’insieme della popolazione agricola attiva.
Spiega Carlos Patrício del Campo: «Un esempio chiarisce il nostro pensiero. Supponiamo che la popolazione attiva sia uguale a 20, dei quali 5 sono produttori proprietari, 10 produttori non proprietari e 5 semplici salariati. L’indice utilizzato dal documento episcopale sarebbe uguale a 0,50 (5 ÷ 10 = 0,50).
«Immaginiamo ora che la popolazione attiva raddoppi a 40, dei quali 10 siano produttori proprietari, 5 produttori non proprietari e 25 salariati. L’indice aumenterebbe a 2,00 (10 ÷ 5 = 2,00) e indicherebbe migliorie nella accessibilità alla proprietà della terra, il che contraddice la stessa evidenza dei numeri» (15).
Un altro esempio: il documento episcopale fa riferimento, senza rifarsi a nessuna fonte, a «milioni di migranti» esistenti in Brasile (16), e descrive la loro situazione come di estrema penuria e infelicità. È interessante il fatto che il testo, a questo punto, non arrischi a fissare il numero dei milioni. Lascia tale numero sospeso nell’aria.
Si parla, è vero, di un numero che andrebbe da 30 a 40 milioni. Ma queste cifre, apparentemente così elevate, smettono di impressionare quando si viene a sapere la definizione di migrante utilizzata dal censimento: migrante è chiunque non sia originario del municipio in cui attualmente risiede. Si noti che la definizione non tiene in conto il tempo di residenza nel municipio.
Ora, uno studio recente relativo alle zone metropolitane ha mostrato che il 60% dei capi di famiglia migranti risiedevano da più di 10 anni nel luogo di destinazione, e il 75% da più di 6 anni. Che senso ha considerare come migrante una persona che risiede da 5 oppure da 10 anni nello stesso luogo? Ancora di più con le connotazioni che il documento in esame attribuisce al termine.
Così, il fenomeno migratorio, così normale in un paese come il Brasile, rimane subito deflazionato da queste considerazioni. Altre se ne trovano nello studio di Carlos Patrício del Campo, che mostrando come, oltre a essere un fenomeno naturale, il processo migratorio, se considerato nella sua globalità, è promettente, fecondo e stimolante. Igreja e problemas da terra non vede questa realtà, ma soltanto gli aspetti negativi che, come tutto quanto e umano, le migrazioni presentano.
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Un altro cavallo di battaglia del documento episcopale è il tema della concentrazione della proprietà della terra. In esso si legge: «Il censimento agro-zootecnico del 1975 ha rivelato che il 52,3% delle proprietà rurali del paese misurano meno di 10 ettari, ed occupano la scarsa area del 2,8% di tutta la terra posseduta. Come contropartita, lo 0,8% dei fondi misura più di 1.000 ettari ed occupa il 42,6% dell’area totale. Più della metà dei fondi agro-zootecnici occupa meno del 3% della terra e meno dell’1% dei fondi ne occupa quasi la metà» (17).
Per le persone sprovvedute ed estranee ai problemi economici, i numeri presentati da Igreja e problemas da terra sembrerebbero indicare una situazione di estrema anormalità: più del 50% delle proprietà rurali occupano meno del 3% della terra, e meno dell’1% delle proprietà rurali occupano quasi il 50% della terra.
L’autore demolisce questo argomento mostrando, con esempi numerici, che un paese può essere impegnato in un processo crescente di diffusione della proprietà e, tuttavia, le percentuali, calcolate alla maniera di Igreja e problemas da terra, possono indicare una sempre maggiore concentrazione della proprietà. Le persone interessate a conoscere come il documento è caduto in questo e in altri errori elementari devono leggere l’opera che segnaliamo, nella quale le tabelle e le analisi elaborate chiariscono convenientemente l’argomento (18).
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Incoerente e divergente dal punto di vista della dottrina cattolica, inconsistente e vago dal punto di vista economico: il documento episcopale non ha nessuna base per imporsi all’accoglimento dei cattolici brasiliani.
Sulla scia dei libri precedenti della TFP: fedeltà e ortodossia
Pubblicazione ufficiale della TFP, l’opera Sou católico: posso ser contra a Reforma Agrária? si inserisce in una ormai lunga scia di libri divulgati da questa associazione, che si sono distinti per la irreprensibile ortodossia e la perfetta conformità con i doveri morali del cattolico e i precetti del diritto canonico.
In questa lunga serie, bisogna mettere in evidenza soprattutto il libro Reforma Agrária. Questão de Consciência, pubblicato vent’anni fa, che ha contribuito in modo decisivo a scatenare il grande movimento di opinione che ha ripulito il paese dal comunismo di João Goulart, all’inizio degli anni Sessanta, che tentava di instaurare in Brasile le riforme socialiste e confiscatorie (19).
Reforma Agrária. Questão de Consciência ha provocato a suo tempo un grande dibattito dottrinale attorno alle cosiddette «riforme di base».
È possibile che il nuovo libro susciti analoghi confronti. Se dalle nobili e alte sedi, comprensibilmente contrariate da esso, qualcuno vuole confutarlo, la TFP è disposta, fin da subito, con tutto il rispetto e la serenità di spirito, a intavolare un dialogo. Il che, da un lato, potrà portare solamente frutti di chiarimento e di pace. E, d’altro lato, nessuna meraviglia può causare una tale proposta in questi giorni nei quali le più alte autorità ecclesiastiche si vedono cercare il dialogo perfino con correnti situate in posizioni diametralmente opposte dal punto di vista religioso, culturale e socio-economico.
Antonio Augusto Borelli Machado
Note:
(1) Il documento, con il titolo La chiesa e la terra. Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani, si trova in traduzione italiana in il regno/documenti, anno XXV, n. 418, 1-5-1980, pp. 215-222.
(2) Cfr. PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA e CARLOS PATRÍCIO DEL CAMPO, Sou católico: posso ser contra a Reforma Agrária?, Vera Cruz, San Paolo 1981.
(3) Nel volume in esame, e quindi in questo articolo, con Riforma Agraria con le iniziali maiuscole si intende fare riferimento a una riforma agraria rivoluzionaria, di sinistra e insana, che comporta il colpire a fondo e perfino l’eliminare la proprietà privata. Perciò, le critiche rivolte alla Riforma Agraria non si riferiscono in alcun modo a eventuali misure che promuovano un autentico progresso nella vita agricola oppure agro-zootecnica, in armonia con la tradizione brasiliana.
(4) Cfr. Voz. de Nazaré, 16-3-1980.
(5) Ibidem.
(6) Ibidem.
(7) Ibidem.
(8) Folha de S. Paulo, 15-2-1980.
(9) Jornal do Brasil, 13-2-1980.
(10) E. MODRZHINSKAYA e TS. STEPANIÁN, El futuro de la sociedad, Editorial Progreso, Mosca 1973, p. 374.
(11) Voz da Unidade, n. 1, 30-3/5-4-1980.
(12) In questo senso sono molto illuminanti le raccomandazioni dirette da Giovanni Paolo II ai vescovi brasiliani, in una lettera datata 10 dicembre 1980. Da questa lettera, riprodotta sui grandi organi della stampa quotidiana, stralciamo il seguente passaggio: «[…] la chiesa perderebbe la propria identità più profonda – e con la sua identità anche la sua credibilità e la sua vera efficacia in tutti i campi – se la legittima attenzione alle questioni sociali la distraesse da quella missione essenzialmente religiosa, che non è in primo luogo la costruzione di un mondo materiale perfetto, ma l’edificazione del regno che inizia qui per manifestarsi pienamente nella parusia. Molte altre istanze hanno l’obiettivo, il dovere e la capacità di adoperarsi per il benessere delle persone, l’equilibrio sociale, la promozione della giustizia. La chiesa non si sottragga alla sua partecipazione a codesto compito e assuma essa stessa con frequenza anche attività di supplenza. Tuttavia non può farlo a detrimento della missione che le è propria e che nessun’altra istanza realizzerà, se non è essa a farlo: trasmettere come depositaria autentica la Parola rivelata; annunciare l’assoluto che è Dio; predicare il nome, il mistero, la persona di Gesù Cristo; proclamare le beatitudini e i valori evangelici e invitare alla conversione; comunicare agli uomini il mistero di grazia di Dio nei sacramenti della fede e consolidare questa fede: in una parola evangelizzare e evangelizzando costruire il regno di Dio. La chiesa commetterebbe un tradimento verso l’uomo se, pur con le migliori intenzioni, gli offrisse il benessere sociale, ma lo defraudasse o gli desse scarsamente ciò a cui più aspira (talvolta anche senza rendersene conto), ciò a cui ha diritto, ciò che spera dalla chiesa e che soltanto essa può dargli» (GIOVANNI PAOLO II, Vigilate sull’identità della Chiesa, lettera ai vescovi del Brasile, del 2-2-1981, in il regno/documenti, anno XXVI, n. 436, 1-3-1981, p. 131).
(13) La chiesa e la terra. Conferenza episcopale dei vescovi brasiliani, in il regno/documenti, anno XXV, n. 418, cit., p. 215.
(14) Ibidem.
(15) P. CORRÊA DE OLIVEIRA e C. P. DEL CAMPO, op. cit., p. 276.
(16) La chiesa e la terra. Conferenza episcopale dei vescovi brasiliani, in il regno/documenti, anno XXV, n. 418, cit., p. 216.
(17) Ibid., p. 215.
(18) Cfr. P. CORRÊA DE OLIVEIRA e C. P. DEL CAMPO, op. cit., pp. 305 ss.
(19) Cfr. ANTONIO DE CASTRO MAYER, GERALDO DE PROENZA SIGAUD, PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA e LUIZ MENDONÇA DE FREITAS, Reforma Agraria. Questão de Consciência, Vera Cruz, San Paolo 1960.