di Marco Invernizzi
In ogni occasione è bene partire sempre dalla realtà. Per questo, per farmi un’idea di come sia stato il Gay Pride di Milano (ma credo siano tutti più o meno uguali), ho scorso le 57 slide proposte da Milano.corriere.it sulla parata del 29 giugno. Le consiglio a tutti coloro che vogliono veramente farsi un’idea. A parte alcuni cartelli, che peraltro sono indicativi di uno stile e di una certa mentalità («-Salvini, + ditalini» oppure «Mi piace il cazzo ma supporto l’andazzo»), o ancora la presa in giro di Papa Francesco, quello che colpisce è proprio il colpo d’occhio d’insieme proposto dalle slide. Chi affiderebbe senza problemi i propri figli ai personaggi che vengono mostrati nelle fotografie?
Eppure questa è la realtà del mondo LGBT+ e della cosiddetta “Rivoluzione queer” lì ostentata, una realtà che vuole apparire molto diversa da quella di una minoranza perseguitata e osteggiata: è la realtà dell’orgoglio gay, della sua massima visibilità con l’arroganza e con la volgarità che le slide trasmettono.
Milano è una città grande e molti milanesi non si sono neppure accorti del Gay Pride, anche perché i 250/300mila partecipanti sono forzature giornalistiche. Ciononostante, chi vive nei pressi della Stazione Centrale, dove si è particolarmente concentrata la giornata dell’orgoglio gay, ha trascorso alcune ore avendo la possibilità di osservare tutto senza filtri. E il giudizio su quanto osservato lo si può facilmente immaginare.
Se questa è la realtà del mondo LGBT+, ben diversa è la sua rappresentazione quotidiana. Chi conosce il dramma delle persone omosessuali è consapevole di quanta disperazione e sofferenza ci siano fra loro. Mai come attraverso la visione di quelle famose slide, e in generale attraverso i Gay Pride, si riesce a percepire la grande distanza che c’è fra la persona omosessuale e il militante gay. È la stessa differenza che esiste fra la realtà e l’ideologia. Occorre tenere questa distinzione sempre presente quando si giudicano gli atti compiuti dalle persone omosessuali, da una parte per non dimenticare la sofferenza che merita attenzione e l’amore autentico che meritano le persone sofferenti, dall’altra per non lasciarci turlupinare da chi strumentalizza il dolore di queste persone per distruggere la bellezza della relazione che sta a fondamento dell’amore coniugale.
Questo vale soprattutto per quegli operatori, del mondo cattolico e non, che si occupano di accompagnare le persone ferite nell’identità sessuale, affinché non si lascino confondere dalla propaganda sostenuta dai “poteri forti” che supportano queste iniziative (basta considerare quali siano stati gli sponsor dei sostenitori della settimana gay di Milano) e non caschino nella trappola sentimentale di chi non riesce o non vuole comprendere che la vera posta in gioco sono la diffusione della corruzione e l’ostentazione di quanto di peggio una persona possa offrire di sé.
Martedì, 2 luglio 2019