Plinio Corrêa de Oliveira, Cristianità n. 86-87 (1982)
La rivendicazione delle Malvine e la sua intempestività
«Subito, subito, subito!»
Un esame sintetico della crisi delle Falkland e dello scontro militare, che mette in risalto – senza entrare nel merito dei diritti in tesi – la imprudenza della rivendicazione territoriale argentina, a causa delle sue implicazioni ed evidenti potenzialità negative per l’America Latina e per il mondo intero. L’articolo – intitolato «Já, já e já!» – è comparso sulla Folha de S. Paulo il 29 aprile 1982. La traduzione è redazionale.
Desiderando trattare oggi della tensione anglo-argentina, dichiaro, anzitutto, la mia solidarietà con il comunicato limpido, penetrante e perspicace, emesso sull’argomento dalla TFP argentina (1). E proseguo.
Nella attuale tensione a proposito delle Malvine, ciò che mi tocca come cattolico, come brasiliano e come uomo di tradizione, non è la disputa tra l’Inghilterra e l’Argentina; ma la constatazione della deplorevole fragilità di tutto l’occidente di fronte all’imperialismo sovietico: infatti, la semplice presenza di una forza navale della Russia nell’Atlantico Meridionale, in questo momento critico, mette in scacco contemporaneamente quella grande e amata potenza sudamericana che è l’Argentina, e quella illustre e provetta potenza europea e mondiale che è l’Inghilterra. Questo a breve termine. A medio termine può sconvolgere tutta l’America Meridionale, compreso il mio Brasile, e gettare in guerra – atomica – le superpotenze nordamericana e russa. A questo stato di debolezza l’Occidente è giunto per opera del calamitoso governo Carter, e della duplice détente nordamericana e vaticana nei confronti di Mosca.
Il vero contenuto delle détente della Casa Bianca e del Vaticano è stato il rilassamento; e i sovietici non si sono «distesi». Ora, un rilassamento unilaterale può ridondare soltanto nel crollo dei rilassati. E questo ci ha portato a quanto accade a proposito della forza navale russa nelle vicinanze delle Malvine. Dunque, le mie simpatie non si devono rivolgere verso l’Inghilterra oppure verso l’Argentina, ma contemporaneamente verso l’Inghilterra e verso l’Argentina, contro la Russia sovietica. Paradosso? In nessun modo.
1. Sembra che, nella attuale congiuntura, sia particolarmente duro per l’impero britannico rinunciare alle Malvine. Se lo farà, dimostrerà poca capacità di difesa degli interessi imperiali in altri luoghi del globo, nei quali la situazione è analoga. Così, il Venezuela rivendica per sé più della metà del territorio fino a poco tempo fa chiamato Guiana Inglese.
La solidarietà venezuelana nei confronti dell’Argentina è stata recentemente espressa con calore, e questo fatto non lascia grandi dubbi sul proposito del presidente Herrera Campins di occupare al più presto possibile la zona rivendicata. Quale sarà, allora, la reazione britannica? Un’altra ritirata? E, in questo caso, la Spagna lascerà passare molto tempo prima di attaccare, a sua volta, Gibilterra? E, avanti di questo passo, dove finiranno le cose? Si pensi quello che si vuole circa il valore degli argomenti addotti dagli inglesi a favore dei diritti del Commonwealth su questo o su altri possedimenti, una cosa non si può chiedere al governo inglese: cioè che si ritiri davanti a tali rivendicazioni.
Non si può neppure chiedere all’Argentina, al Venezuela o alla Spagna di rinunciare alle loro tradizionali rivendicazioni. Ma è impossibile non discutere la opportunità della occupazione militare argentina, in questo momento. Perché una forza navale sovietica si trova nella zona. E questo sta bastando per mettere in grave rischio la stessa sovranità dell’Argentina sul suo territorio continentale. Mi spiego.
2. La occupazione argentina delle Malvine doveva essere fatta proprio quando nella zona incrociava una forza navale sovietica?
Infatti, non può minimamente meravigliare che l’Inghilterra resista; e che passi alla controffensiva. In tale caso, sembra – almeno per chi non dispone di informazioni militari speciali – che l’Argentina non avrà mezzi per difendersi con completo successo, se non ricorrendo alla disponibilità sospetta della marina russa. Se dovesse succedere questo, i sovietici presenteranno inevitabilmente condizioni. Tra esse è probabile che figurino un condominio russo con l’Argentina nelle Malvine – e allora l’Argentina avrà perduto virtualmente queste stesse Malvine -, e la partecipazione delle sinistre argentine al potere centrale della nazione – e allora si darà una alienazione velata della sovranità argentina. Ancora di più. Le operazioni di una guerra anglo-russa su mari e su terre argentine potranno facilmente dare occasione allo sbarco di truppe russe, con il pretesto di difendere l’Argentina contro incursioni britanniche. In questo caso, chi otterrà, poi, che queste truppe abbandonino il paese?
In sintesi, per sloggiare dalle Malvine, subito, immediatamente, senza ritardo, gli inglesi, il governo argentino avrà fornito occasione perché: a. i sovietici si acquartierino su queste stesse Malvine; b. e poi, in modo molto naturale, sbarchino in Argentina, vi si installino, e obblighino il governo argentino ad accettare la partecipazione di fantocci dei russi nella direzione del paese.
Chiedo se, per rendere effettivi subito, subito, subito, i suoi diritti sulle Malvine, valeva la pena per l’Argentina di pagare un così enorme prezzo politico. La questione non sta nelle Malvine, sta nel «subito, subito, subito». Da amico dell’Argentina, dove posseggo molti dei migliori amici che abbia avuto nella vita, come cattolico, come brasiliano, posso rispondere solamente: «Non valeva la pena».
3. Come brasiliano, che cosa ho a che vedere con questo? – forse mi può chiedere qualche argentino. Molto…
Se si verificassero le ipotesi sinistre, anche se assolutamente non improbabili, che ho appena elencato, è fuori dubbio che una ventata di entusiasmo, di speranza soffierà in tutto il Brasile, portando con sé i peggiori miasmi ideologici. Nelle nostre rachitiche sinistre politiche, nello squallido PCB, il Partito Comunista Brasiliano, certamente. Ma anche nella sinistra religiosa, così potente nella CNBB, nella conferenza nazionale dei vescovi brasiliani, e, quindi, così potente in Brasile.
E fosse soltanto questo!
Vi è nella borghesia brasiliana più alta – leggasi «più ricca» – tutto un settore che tende alla autofagia socioeconomica. Esso si commuove di fronte a tutti i fantasmi della demagogia di sinistra, predica lo scoraggiamento e il «cedere per non perdere» di fronte a tutte le rivendicazioni di tutte le sinistre. Infine, simpatizza con tutto quanto vuole liquidarlo. E, simmetricamente, fa oggetto della freddezza più glaciale, in superficie, e nello stesso tempo più calorosa, in profondità, quanti si professano tradizionalisti, o almeno conservatori. Come questi settori – ecclesiastici o imprenditoriali – potrebbero operare a favore della capitolazione degli elementi sani, innegabilmente esistenti nella borghesia ricca, più ancora nella borghesia media e piccola, e ancora molto di più nella grande classe conservatrice che è, in Brasile, quella dei lavoratori manuali urbani o agricoli!
Corro nella esposizione, perché sta venendo meno lo spazio di cui dispongo. Riassuntivamente dico che fenomeni analoghi si svilupperebbero, su scala maggiore o minore, in tutta l’America Latina; e che l’imperialismo sovietico potrebbe così trasformarla in un immenso Vietnam, nel quale gli Stati Uniti si vedrebbero infine obbligati a intervenire per salvaguardare sé stessi.
Valeva la pena di aprire la strada, a termine rispettivamente breve, medio e poco più che medio, successivamente, a un naufragio della sovranità argentina, a quello dell’America Latina, e, infine, a quello della pace mondiale? E questo, non perché l’Argentina abbia le Malvine – che potranno essere rivendicate in un momento più opportuno -, ma perché le abbia subito, subito, subito?
Plinio Corrêa de Oliveira