Massimo Introvigne, Indagine sul satanismo. Satanisti e anti-satanisti dal Seicento ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1994, pp. 432, L. 17.000
Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, è giunto ormai ai quindici volumi pubblicati come autore o co-autore, più altri nove come curatore, in tema di nuovi movimenti religiosi e di magia contemporanea. Il suo ultimo lavoro — Indagine sul satanismo. Satanisti e anti-satanisti dal Seicento ai nostri giorni — ritorna sul tema del satanismo, a cui già aveva dedicato qualche cenno nel suo enciclopedico Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo (SugarCo, Milano 1990). Con il nuovo volume ci troviamo ora di fronte a una vera e propria enciclopedia del satanismo: oltre quattrocento pagine, e oltre seicento note di carattere bibliografico rispetto alle quali la Nota bibliografica finale (pp. 411- 416) offre soltanto un comodo riassunto dei testi principali.
Lo studio di Massimo Introvigne, d’altro canto, non è soltanto un’enciclopedia storica del satanismo dal Seicento ai giorni nostri. Accanto al satanismo prende in esame, ampiamente, l’anti-satanismo, l’insieme delle reazioni organizzate che attribuiscono al Diavolo e ai suoi agenti umani, i satanisti, un’influenza onnipervadente e diretta a proposito di tutti i mali della storia. Proprio l’ampiezza dei movimenti anti-satanisti — senza proporzioni con il numero, non inesistente ma esiguo, dei veri satanisti — costituisce uno dei temi centrali del volume. Massimo Introvigne definisce il satanismo in chiave storico-sociologica come «l’adorazione o la venerazione, da parte di gruppi organizzati in forma di movimento, tramite pratiche ripetute di tipo cultuale o liturgico, del personaggio chiamato Satana o Diavolo nella Bibbia» (p. 12). L’autore avverte che «il teologo può adottare una definizione molto più ampia di satanismo, ritenendo che siano satanisti — anche quando non adorano esplicitamente il Diavolo, o perfino ne negano 1’esistenza — tutti quei gruppi che manifestano avversione o odio nei confronti di Dio e propongono nello stesso tempo all’uomo di “diventare come Dio” servendosi di pratiche magiche e occulte»; ma si tratta di una definizione che cade «[…] nell’ambito della teologia e della pastorale», mentre «lo storico e il sociologo hanno bisogno invece di delimitare l’ambito del satanismo in modo più circoscritto» (pp. 12-13). Così definito, il satanismo si muove nella storia secondo un andamento che l’autore osserva come «pendolare». I satanisti — la cui esistenza viene talora
negata per reazione alle esagerazioni degli anti-satanisti — esistono. Si tratta di piccoli gruppi che, a poco a poco, salgono all’onore delle cronache. Poiché l’adorazione esplicita del Male è, per definizione, intollerabile, la presenza dei gruppi satanisti, per quanto piccoli, determina reazioni che si manifestano rapidamente come sproporzionate, e che attribuiscono ai gruppi che praticano il satanismo una dimensione, un rilievo, una capacità di influire sulle vicende anche sociali e politiche che in realtà non hanno. Questo anti-satanismo organizzato — fra l’altro, facilmente infiltrato da provocatori e da millantatori — finisce per essere screditato dai suoi stessi eccessi. Il discredito in cui cade l’anti-satanismo permette il riemergere di nuovi gruppi di satanisti, per un certo periodo di tempo tollerati dalla società, finché si determina una nuova reazione, e così via.
Dopo avere distinto il satanismo dai fenomeni diversi della stregoneria e della possessione diabolica — che, peraltro, hanno dato luogo nel Seicento, soprattutto in Francia, a episodi giudiziali da cui i primi satanisti hanno tratto ispirazioni e suggestioni, soprattutto nei casi in cui la possessione diabolica veniva considerata, a torto o a ragione, come «indotta» da stregoni in contatto con il Demonio (pp. 21-36) —, l’autore ritrova il primo caso di vero satanismo nel gruppo attivo, ai margini della corte del re di Francia Luigi XIV, intorno a Catherine La Voisin, dove — con l’aiuto di sacerdoti cattolici rinnegati — vengono celebratele prime «Messe nere» — l’espressione nasce appunto in questa occasione — nelle quali il Diavolo viene adorato — e in qualche occasione gli vengono sacrificati dei fanciulli — per ottenere favori e vantaggi materiali. Il gruppo satanista di Catherine La Voisin viene stroncato dalla repressione guidata dal prefetto di polizia Nicholas de la Reynie fra il 1679 e il 1680 (pp.36-41). E grazie alla fama del caso La Voisin — diffusa dalla stampa, che comincia a diventare socialmente importante — «Messe nere» vengono celebrate nel Settecento in Italia (pp. 42-48), ai margini più discutibili dell’eresia quietista; in Inghilterra (pp. 49-57), fra i libertini della Società di San Francesco, che danno tuttavia al satanismo un’impronta ludica, razionalista e anti-clericale; e forse in Russia (pp. 58-63), dove — inaugurando una tradizione che giungerà fino alla propaganda comunista sovietica — il Diavolo letterario di John Milton viene letto come un eroe romantico e positivo. Questo proto-satanismo — ancora povero dal punto di vista degli elementi organizzativi — determina una prima epidemia di anti-satanismo, che attribuisce all’azione occulta dei satanisti due fenomeni a diverso titolo sconvolgenti per il mondo cristiano: la Rivoluzione francese e lo straordinario successo dello spiritismo. Qui l’autore distingue accuratamente fra interpretazioni — a suo avviso degne della massima attenzione —, che considerano l’azione del Diavolo causa remota della Rivoluzione francese e dei successi spiritisti, e interpretazioni più immediate, che vedono dietro ogni giacobino e ogni spiritista l’azione diretta del Demonio tramite i suoi agenti, i satanisti, che rimangono nell’ombra. La letteratura secondo cui «una congrega segreta di satanisti e di maghi ha diretto in modo sotterraneo i principali avvenimenti dell’epoca della Rivoluzione» (p. 67) cade così facilmente in semplificazioni di tipo «complottista» e in eccessi grotteschi, che l’autore studia mostrando l’evoluzione di uno stile di pensiero che va dalle opere anti-rivoluzionarie del sacerdote Jean-Baptiste Fiard fino ai paradossali testi di Alexis-Vincent-Charles Berbiguier, che vedeva dietro ogni evento negativo per la Francia l’opera di satanisti capaci di trasformarsi in farfadet, in «folletti» invisibili (pp. 67-84). Peraltro, la letteratura che dà rilievo all’azione del Diavolo e dei satanisti dietro fenomeni sovversivi in campo politico e religioso non va considerata — secondo Massimo Introvigne — tutta di qualità discutibile: sulla scia delle opere del teologo tedesco Johann Joseph von Gorres — e talora in polemica con alcuni suoi giudizi — si afferma in Francia negli anni 1850 e 1860 una scuola di eruditi cattolici che trattano l’argomento con grande serietà: Jules Eudes de Mirville, Joseph Bizouard, Henri-Roger Gougenot des Mousseaux, anche se le loro interpretazioni non appaiono oggi sempre condivisibili (pp.85-102).
L’anti-satanismo era stato comunque sufficientemente screditato da autori paradossali come Alexis-Vincent-Charles Berbiguier perché negli anni che vanno dal 1850 al 1890 potesse sorgere in Francia e in Belgio, relativamente indisturbato, un piccolo movimento satanista. Le informazioni su questo movimento sono incerte e ambigue, e provengono da personaggi che — pur avendo veramente indagato nella subcultura satanista — mescolano spesso la fantasia con la realtà. Si tratta di visionari cattolici scomunicati da Roma come Eugène Vintras e il suo allievo, il sacerdote Joseph-Antoine Boullan, certamente colpevole di organizzare rituali a sfondo sessuale in cui si manifestavano le più gravi deviazioni, ma non satanista (pp. 103-120); del giornalista Jules Bois, bene informato, ma egli stesso coinvolto nel milieu occultista (pp. 121-130); del romanziere Joris-Karl Huysmans, le cui indagini — spesso accurate — non miravano ad accertare la verità in chiave fenomenologica, ma a trovare materiale per scrivere il romanzo che pubblicò nel 1891: Là-bas, che contiene la più famosa descrizione letteraria di una «Messa nera» (pp. 131-146). Sull’ambiente e sugli informatori di Joris- Karl Huysmans il volume di Massimo Introvigne apporta numerose precisazioni, in parte inedite.
Le attività dei satanisti francesi e belgi rilevate da Joris-Karl Huysmans determinano — seguendo lo schema generale del volume — un’ondata di anti-satanismo particolarmente virulenta. Ai satanisti — riuniti in una misteriosa setta, il palladismo — vengono attribuite in particolare tutte le attività della massoneria, all’epoca impegnata in un duro scontro con la Chiesa cattolica. Il movimento anti-satanista degli anni 1890 è dominato dalla figura di Léo Taxil, pseudonimo di Marie-Joseph- Antoine-Gabriel Jogand-Pagès, un massone autore di virulente opere anticlericali di carattere pornografico, che nel 1885 aveva annunciato la sua clamorosa conversione al cattolicesimo. Dopo la pubblicazione di Là-bas, Léo Taxil e il suo amico Charles Hachs — un medico che scriveva con lo pseudonimo di Dr. Bataille — producono, in pochi anni, decine di opere e migliaia di pagine in cui rivelano le attività dei palladisti che, ispirati direttamente da Satana, guidano segretamente la massoneria. Vengono denunciati come capi del palladismo il massone americano Albert Pike e quello italiano Adriano Lemmi; si parla anche di una lotta fra due gran sacerdotesse di Lucifero, Sophie Walder e Diana Vaughan, per il controllo del palladismo. Nel 1895 viene annunciata la conversione al cattolicesimo di Diana Vaughan, che nessuno ha mai visto ma che comincia a sua volta a pubblicare una rivista. Le rivelazioni di Léo Taxil e del Dr. Bataille non vengono prese per oro colato da tutti gli avversari della massoneria. Nel mondo cattolico è soprattutto il pubblicista anti-massonico monsignor Henri Delassus a denunciare Léo Taxil come un probabile impostore. Finalmente, di fronte alle pressioni, Léo Taxil annuncia una conferenza pubblica in cui chiarirà tutti i dubbi. Nella conferenza, tenuta a Parigi il 19 aprile 1897, Léo Taxil confessa di avere semplicemente simulato la sua conversione e di avere completamente inventato la storia del palladismo — circolari e documenti satanici di Albert Pike e Adriano Lemmi compresi — per prendersi gioco dell’estrema credulità dei cattolici. Benché al caso Taxil siano stati dedicati altri studi, il lungo capitolo del volume di Massimo Introvigne (pp. 146-215) — che ha potuto avvalersi di importanti documenti inediti conservati in una collezione privata inglese — costituisce la più completa messa a punto su una vicenda problematica e oscura. L’autore discute l’identità della persona che venne presentata ad alcuni esponenti cattolici come Diana Vaughan, mostra come Léo Taxil abbia abilmente mescolato documenti veri e falsi, esamina le sue motivazioni — primariamente di carattere pecuniario e truffaldino, senza escludere il desiderio di screditare l’anti-massonismo cattolico — e mostra anche come i cattolici ingannati dall’infiltrato massonico si presero pochi anni più tardi la loro rivincita nel famoso caso delle fiches, in cui un cattolico che si era infiltrato nella massoneria francese, Jean-Baptiste Bidegain, rese pubblico un odioso sistema di schedatura delle opinioni religiose degli ufficiali dell’Esercito francese organizzato dal Grande Oriente di Francia per conto del governo ferocemente anti-clericale di Émile Combes, che nel 1905 cadde travolto dallo scandalo.
Per quanto riguarda la storia dei satanismo, Massimo Introvigne mette in luce come il prevedibile effetto del caso Léo Taxil sia stato quello di far riemergere un satanismo autentico, che — per paura di essere confusa con le provocazioni dell’impostore francese — la stampa, nei primi anni del secolo XX, preferiva trattare con indulgenza e perfino con una certa simpatia. L’autore descrive i rapporti con il satanismo del celebre mago «nero» inglese Aleister Crowley, a rigore non satanista in quanto ateo — e anzi polemico con i satanisti del suo tempo —, ma nello stesso tempo fonte continua di ispirazioni e di rituali per tutto il satanismo dei secolo XX (pp. 216-226). Massimo Introvigne esamina poi le opinioni sul satanismo dell’esoterista francese René Guénon e il suo coinvolgimento nelle polemiche relative alla pubblicazione, nel 1929, del volume L’Eletta del Dragone, che si presentava come una raccolta di rivelazioni sul satanismo ottocentesco, che sarebbe stato guidato per un certo periodo di tempo a Parigi dal futuro presidente degli Stati Uniti d’America James Abram Garfield. Sulla base di una ricognizione dei documenti privati di James Abram Garfield l’autore conclude che L’Eletta del Dragone — di cui indaga motivazioni e fonti — è un’opera di pura fantasia (pp. 226-245). Una «vera Eletta del Dragone» (p. 246) era peraltro attiva a Parigi nell’epoca delle due guerre: si trattava dell’esoterista russa Maria de Naglowska — che aveva soggiornato in Italia, collaborando fra l’altro con Julius Evola —, che aprì nella capitale francese, negli anni 1930, un Tempio di Satana, trattato con singolare indulgenza dalla stampa dell’epoca e giustificato da una complessa quanto bizzarra filosofia (pp. 246-256). Di analoga tolleranza — almeno da parte della stampa — ebbe a godere negli stessi anni, in California, John Whiteside Parsons — un ingegnere e scienziato, celebre esperto di esplosivi —, che elaborò le idee di Aleister Crowley trasformandole in un culto dell’Anticristo (pp. 256-262).
Con John Whiteside Parsons — nota l’autore — ci troviamo alla vigilia del vero e proprio satanismo contemporaneo, che nasce con il cineasta underground di Hollywood Kenneth Angere con il suo amico Anton Szandor LaVey — pseudonimo di Howard Stanton Levey —, fondatori nel 1961 di un’organizzazione chiamata Magic Circle, «Circolo Magico», e nel 1966 della Chiesa di Satana. Lavorando su documenti in parte ceduti solo recentemente dai privati che li detenevano alla biblioteca dell’università della California, Massimo Introvigne mostra come molti dati della biografia di Anton Szandor LaVey — riportati da tutte le fonti — corrispondono semplicemente a ingegnose invenzioni del satanista californiano che, con ogni probabilità, ha largamente abbellito una biografia giovanile tutt’altro che romantica. La storia della Chiesa di Satana — che l’autore ricostruisce con minuzia (pp. 265-291) — mostra d’altro canto un’organizzazione che non deve essere sottovalutata. Se è vero che non si tratta di un gruppo segreto — i suoi rituali vengono venduti in edizione economica nelle librerie americane — è anche vero che i «veri» rituali non sono quelli pubblicati, ma altri che mostrano una carica anti-morale e anti-cattolica assai più violenta. La Chiesa di Satana venera il Diavolo considerandolo come una metafora del prevalere del forte sul debole, e rappresenta quindi un esempio di satanismo «razionalista», ma al suo interno non sono mai mancate correnti più «occultiste», che — in contrasto con Anton Szandor LaVey — hanno considerato Satana non solo una metafora, ma una persona reale. Prima di descrivere la storia del principale scisma nato dalla Chiesa di Satana intorno alla tesi dell’esistenza reale e personale del Diavolo, il Tempio di Set (pp. 311-320), l’autore esamina due altre organizzazioni: The Process, fondato a Londra da Robert de Grimston Moore negli anni 1960 (pp. 291-300) — oggi ridotto a un piccolo residuo, ma costruito intorno a una «teologia» satanica particolarmente sofisticata —, e la «Famiglia» del pluri-assassino Charles Manson (pp. 301-31i ) , un’organizzazione che secondo Massimo Introvigne è soprattutto da ricondurre al mondo degli hippies e alla subcultura criminale, i cui contatti — reali ma periferici — con il mondo del satanismo sono stati ampiamente sopravvalutati.
Gli omicidi di Charles Manson e la notevole visibilità giornalistica della Chiesa di Satana californiana sono alle radici della maggiore ondata di anti-satanismo della storia moderna che, secondo l’autore, va dal 1980 al 1990 e che è parallela all’epoca dei maggiori successi del cosiddetto movimento anti-sette. L’analisi di Massimo Introvigne — anche su questo punto particolarmente estesa, e con un’amplissima bibliografia nelle note (pp. 321- 382) — distingue un movimento anti-satanista laicista e un movimento contro- satanista religioso, così come in tema di «sette» si parla di movimenti anti-sette e contro le sette. Gli anti-satanisti laicisti a partire da un volume pubblicato dallo psicologo canadese Lawrence Pazder nel 1980, Michelle Remembers — prendono lo spunto soprattutto da teorie di psichiatri e di psicanalisti, i quali credono alla realtà fattuale dei racconti dei loro pazienti — chiamati survivor, «sopravvissuti» —, che sotto ipnosi ricordano di aver subito violenze sataniche genere a sfondo sessuale — venti o trent’anni prima del momento in cui il «ricordo» riemerge. Più recentemente ricordi di abusi «satanici» sono emersi anche nei racconti di bambini, che hanno accusato varie persone dando origine a un gran numero di processi negli Stati Uniti d’America e in Inghilterra. Gli avvocati difensori e gli scettici — fra cui molti sociologi — hanno sostenuto che tutti i racconti dei survivor e la grande maggioranza di quelli dei bambini sono in realtà «indotti», in buona o in mala fede, dal processo ipnotico e dalle pressioni degli stessi terapisti: ne è nata una polemica violenta tuttora in corso (pp. 324-346).
Benché inizialmente scettici sui risultati della psichiatria e della psicanalisi moderna — di cui diffidano in via generale —, ambienti protestanti fondamentalisti hanno a poco a poco abbracciato la teoria di un grande complotto di satanisti, accettando la verità fattuale dei racconti almeno di alcuni survivor e trovando tracce di satanismo nella musica rock — dove, secondo Massimo Introvigne, sono davvero presenti, anche se sull’argomento hanno corso esagerazioni —, in un certo tipo di letteratura e in alcuni giochi di ruolo (pp. 346-367). Per un certo periodo di tempo — pur venendo da sponde culturali diversissime — gli anti-satanisti laici e i contro-satanisti religiosi sono riusciti a collaborare, particolarmente nel sostegno ai discussi cult cops, «poliziotti dell’occulto», che hanno sostenuto l’esistenza di molti più omicidi «satanici» rispetto al piccolo numero — una quindicina di casi, attribuiti tutti a gruppi «selvaggi» di adolescenti e non alle organizzazioni sataniste «ufficiali» degli adulti — di omicidi effettivamente scoperti (pp. 367-375). Come era prevedibile, la corrente laicista e quella religiosa dell’opposizione al satanismo hanno finito, negli anni 1990, per scontrarsi fra loro, particolarmente intorno al tema dell’esistenza dei Demonio, che naturalmente gli anti-satanisti laicisti negano. Nel frattempo — nonostante gli omicidi di Matamoros scoperti nel 1989, sacrifici umani compiuti da trafficanti di droga nel quadro di un sincretismo afro-cubano che sarebbe sbagliato identificare semplicemente con il satanismo — la tesi di un vasto complotto satanico è caduta sempre di più nel discredito, a causa anche della presenza nel campo anti-satanista e contro-satanista di veri e propri millantatori, la cui carriera ricorda quella di Léo Taxi1 e che sono stati puntualmente smascherati (pp. 376- 382).
Negli anni 1990 — mentre le autorità pubbliche, negli Stati Uniti d’America e in Inghilterra, pubblicano documenti in cui denunciano il carattere mitologico delle tesi sul complotto satanico — Massimo Introvigne scorge nuovamente una certa rinascita dei satanismo, che ancora una volta consegue al discredito dell’anti-satanismo. Così la Chiesa di Satana, che sembrava ridotta ai minimi termini negli anni 1980, ha conosciuto nell’ultimo quinquennio una vera «resurrezione» (pp.383- 393) e sono nate in tutto il mondo nuove organizzazioni sataniche, che si ispirano in genere alla filosofia «razionalista» di Anton Szandor LaVey. In questa chiave — distinguendo fra correnti più «razionaliste» e più «occultiste» — l’autore tocca anche il tema della presenza di un satanismo in Italia, a Torino e in altre città (pp. 393-406), riconducendola alle sue reali dimensioni, al di là delle mitologie, di cui pure rintraccia la storia.
Nel capitolo finale del volume — dopo aver descritto l’emblematica «leggenda urbana» secondo cui, in occasione del terremoto di Los Angeles del 1994, alcuni diavoli sarebbero usciti dalla viscere della terra e starebbero ora passeggiando per il mondo — l’autore si interroga sul significato del satanismo e dell’anti-satanismo, che sembrano ancora presenti alle soglie del Duemila. Il satanismo, secondo Massimo Introvigne, è un fenomeno piccolo — meno di diecimila aderenti nel mondo per i gruppi «organizzati» e forse altrettanti nei gruppi «selvaggi» giovanili —, ma non privo di significato. Infatti, «[…] se lo si depura dagli elementi più coloriti […]», il satanismo «[…] è soltanto la metafora di una modernità brutale a cui sono stati tolti tutti i paraventi retorici. Quando il satanista ci dice che il forte ha diritto di prevaricare sul debole, di ridurlo a un oggetto per la sua brama di potenza, di ricchezza e di piacere sessuale, sta semplicemente affermando quello che molti pensano e che non poche ideologie del Novecento hanno mascherato dietro ai più variopinti pretesti. il satanista toglie soltanto la maschera a molta modernità, e la fa vedere per quella che è. Poiché si tratta di uno spettacolo inguardabile, l’anti-satanista (che spesso è prigioniero delle stesse contraddizioni) si rifiuta di andare a fondo, esaminando criticamente la modernità, e preferisce prendersela soltanto con i satanisti»: in conclusione, «se la storia del satanismo è interessante, è per il suo valore emblematico di icona di una certa modernità. Se la storia dell’anti-satanismo è interessante, è perché mostra l’incapacità di forze significative, laiche e religiose, di identificare la causa profonda del disagio che pure avvertono di fronte a certi aspetti della modernità, e la loro ricerca di diversivi e di capri espiatori» (p. 408).