Giuliano Mignini, Cristianità n. 98-99 (1983)
Con il freddo linguaggio delle cifre
Il consuntivo giudiziario ‘82 dei mali della società italiana
I dati offerti dalla relazione annuale sulla amministrazione della giustizia, svolta dal procuratore generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione, a Roma, l’11 gennaio 1983, in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario.
Se le consultazioni elettorali informano con periodicità di fatto irregolare relativamente a ciò che il corpo sociale desidera – benché la interpretazione di questi desideri sia resa non poco complessa dai condizionamenti propagandistici cui la loro espressione è sottoposta e dal linguaggio spesso insufficientemente articolato dalle realtà partitiche -, vi sono strumenti che permettono di avere informazioni regolari e altamente qualificate a proposito dello stato del corpo sociale stesso.
Uno di questi mezzi privilegiati è certamente costituito dalla relazione sull’amministrazione della giustizia, svolta periodicamente dal procuratore generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione, in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario. Perciò una lettura e una esposizione, sintetiche ma accurate, delle informazioni fornite da S.E. il dottor Giuseppe Tamburrino l’11 gennaio del 1983 e relative all’anno 1982 si affiancano molto opportunamente a quanto si può ricavare, per esempio, dalla recente tornata elettorale e, in un certo senso, la integrano (1). Tale relazione, infatti, offre una sorta di rapida e inoppugnabile radiografia dei mali che affliggono attualmente la società italiana, e che sono la diretta conseguenza della progressiva realizzazione del progetto rivoluzionario di rifondazione della società e dello Stato, anche attraverso la sempre maggiore separazione – da portare fino alla contrapposizione e allo scontro – tra il diritto positivo e la giustizia e, quindi, la verità.
Infatti, la immagine della realtà sociale della nostra nazione, quale emerge dalle pagine e dalle tavole della relazione, è certamente, in buona parte, il risultato di scelte immorali di individui oppure di gruppi criminali organizzati, che, con le loro azioni, si pongono non solamente contro la morale e il diritto naturale (2), ma anche contro i residui giusnaturalistici ancora presenti nel nostro ordinamento giuridico positivo (3).
Simili scelte sono, a loro volta, anche e soprattutto il risultato della accettazione e della traduzione in pratica, di principi di disordine e di ribellione al decalogo assunti, dal mondo moderno, a norme di comportamento a cui talora si ispirano lo Stato e l’ordinamento giuridico positivo. Si tratta, cioè, di peccati non più circoscritti nell’ambito delle debolezze individuali, come accadeva in secoli passati, ma divenuti caratteristiche peculiari del mondo contemporaneo, regole di comportamento sociale canonizzate in leggi, in mode, in abitudini e in «valori» proposti e propagandati dai mass media.
Materia civile
Inizio la lettura della relazione e delle tavole che la accompagnano, partendo dalla materia civile, ingiustamente considerata, nei tempi più recenti, come nettamente subordinata alla giustizia penale (4).
Balza immediatamente in evidenza il crescente aumento delle separazioni personali dei coniugi, e dei divorzi. Nel periodo che va dal 1° luglio 1979 al 30 giugno 1980 sono state presentate 39.525 domande di separazione; nel periodo dal 1° luglio 1980 al 30 giugno 1981, 40.614; nel periodo dal 1° luglio 1981 al 30 giugno 1982, 45.075. La variazione tra il primo e il secondo periodo è di + 2,8%, mentre quella tra il secondo e il terzo sale a + 11%. Tali dati si riferiscono alle domande presentate, prescindendo dall’esito delle stesse (5). Si è tenuto, cioè, in considerazione il dato più significativo ai fini di una radiografia della società italiana. Altro elemento significativo è costituito dalla drastica riduzione dei procedimenti conciliati per accordo dei coniugi, diminuiti rispettivamente del 29,6% tra il primo e il secondo periodo, e del 29,4% tra il secondo e il terzo periodo.
Va precisato che, dopo la introduzione della legge 1-12-1970, la cosiddetta legge sul divorzio – purtroppo sopravvissuta alla consultazione referendaria del 1974 -, la separazione, giudiziale, consensuale, omologata oppure anche di fatto, protrattasi per i periodi indicati nell’art. 3 della legge stessa, è condizione di ammissibilità della domanda di scioglimento oppure di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Passando ai procedimenti di scioglimento del cosiddetto matrimonio civile, e di cessazione degli effetti civili di quello celebrato con rito religioso, l’aumento è stato del 7% rispetto al periodo dal 1° luglio 1980 al 30 giugno 1981, nel quale si era registrato un aumento del 14,7% rispetto a quello dal 1° luglio 1979 al 30 giugno 1980, e ciò per i procedimenti sopravvenuti in fase presidenziale, cioè nella fase preliminare, nel corso della quale il presidente del tribunale tenta la conciliazione dei coniugi.
Per quelli esauriti con sentenza di scioglimento, vi è stata una diminuzione del 2,6% fra il primo e il secondo periodo – cioè tra il 1° luglio 1979 e il 30 giugno 1980, e il 1° luglio 1980 e il 30 giugno 1981 -, e un aumento del 27,3% tra il secondo periodo e il terzo, quest’ultimo compreso tra il 1° luglio 1981 e il 30 giugno 1982.
Sono in aumento, seppure più contenute, le sentenze di cessazione degli effetti civili dei matrimoni celebrati con rito religioso, rispettivamente dello 0,4% tra il primo e il secondo periodo, e del 10,8% tra il secondo e il terzo.
I dati, dunque, si commentano da soli. Infatti, nel corso della campagna referendaria gli esponenti del fronte divorzistico si affannarono a negare che la introduzione del divorzio avrebbe incentivato le separazioni e i divorzi stessi, e progressivamente scalzato la coesione familiare: le cifre inoppugnabili riferite provano proprio il contrario.
Passo a uno sguardo alle conseguenze economiche della crisi, riconducibili non solamente al forte processo inflattivo in atto, ma anche al «flagello fiscale», che soffoca la iniziativa economica privata e che ha assunto ormai dimensioni allarmanti, tali da fare pensare a una sorta di «via fiscale al socialismo», caratteristica delle democrazie industrializzate dell’Occidente e dell’Italia in modo particolare (6).
A questo proposito, sia i fallimenti dichiarati che quelli chiusi sono in aumento, rispettivamente, del 32% e del 12,4%, sempre con riferimento ai periodi indicati (7). Analoghi aumenti si registrano per le vendite mobiliari, i decreti ingiuntivi, i sequestri giudiziari e conservativi, i pignoramenti e i protesti (8), con la sola eccezione delle vendite immobiliari.
Giova inoltre ricordare, sempre a proposito della giustizia civile, che moltissima parte del contenzioso, specie di merito, è stata occupata dai complessi problemi interpretativi della normativa contenuta nella legge n. 392/’78 (9), vale a dire nella legge sul cosiddetto «equo canone», sulle cui deleterie conseguenze di abolizione dell’autonomia contrattuale, di vanificazione del reddito immobiliare e di incentivo al contenzioso giudiziario non si insisterà mai sufficientemente (10).
Per concludere questa rapida rassegna -degli aspetti più importanti connessi con la disorganizzazione sociale, così come emergono dalla relazione del procuratore generale della Repubblica, un altro elemento dolente è costituito dalle crescenti difficoltà a cui va incontro il fenomeno della esecuzione in materia civile, cioè quella procedura attraverso la quale deve essere materialmente realizzata, in via coattiva o forzata, la statuizione contenuta nella sentenza (11).
Infatti, prima che si ponga un problema di esecuzione, deve essersi conclusa la fase contenziosa, con l’accertamento della esistenza – oppure della inesistenza – del diritto controverso, cioè quello che, nel linguaggio comune, è il processo vero e proprio, la cui durata media, per l’anno 1981, si è aggirata attorno ai 443 giorni, per quanto si riferisce ai processi di pretura; attorno ai 930 per quelli di tribunale e attorno agli 856 per quelli di corte d’appello (12). Ebbene, conclusasi tale lunghissima fase con il riconoscimento del diritto, normalmente di natura patrimoniale, e venuto pertanto il momento di porre in esecuzione la sentenza, iniziano e si aggravano le dolenti note, dal momento che, per usare le parole di S.E. Tamburrino, «il processo esecutivo in materia civile è il più lungo, il più complesso, il più farraginoso che si possa immaginare» (13).
Materia penale
Tralasciando i gravissimi problemi relativi all’ordinamento giudiziario – cioè la crisi che colpisce principalmente il soggetto dell’amministrazione della giustizia, vale a dire il magistrato e i suoi collaboratori (14) – e passando al settore penale, cioè a quella branca dell’ordinamento giuridico volta alla repressione dell’illecito penale – reso di così bruciante attualità dalle cronache degli ultimi anni -, la società italiana attuale offre un quadro ancora più vistosamente tragico.
Aggressione al corpo sociale attraverso il terrorismo – nelle sue varie forme politicizzate o apparentemente apolitiche – e aggressione al singolo e ai suoi beni – attuata attraverso l’omicidio, la droga, le rapine, i furti, le estorsioni, i delitti di violenza carnale, per citare solamente le modalità più significative – sono due aspetti essenziali e riassuntivi del quadro evocato.
È necessario precisare che nelle pagine della relazione mancano i dati relativi all’aborto, dal momento che, in seguito alla introduzione della legge 22-5-1978 n. 194 e all’esito negativo della consultazione referendaria del 1981, esso ha trovato diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico ed è praticamente scomparso come fatto penalmente rilevante per il diritto positivo, fuorché in alcuni casi del tutto trascurabili previsti negli artt. 17, 18, 19, 20 e 21 della stessa legge.
Per quanto concerne il terrorismo (15), delle sue dimensioni e della sua ferocia il cittadino italiano è già ampiamente edotto dalla cronaca, che pure lo presenta in modo empirico.
Ma l’azione violenta sull’uomo singolo e sui suoi beni è quella che evidenzia con maggiore chiarezza la degradazione sociale attuale e che costituisce una sorta di spettro della diversificata tipologia dei peccati che traggono alimento da un processo plurisecolare caratterizzato da antropocentrismo, quindi da soggettivismo filosofico e, di conseguenza, da relativismo morale.
A questo proposito – premesso che i dati che si espongono si riferiscono ai delitti denunciati, esclusi i furti (16), per i quali è iniziata l’azione penale -, si è registrato, nell’anno 1981, un aumento addirittura del 41,4% per le denunce di violenza carnale, rispetto al dato dell’anno 1980. Si tratta dell’incremento maggiore in assoluto, dopo quello relativo al reato di bancarotta, in aumento ben del 62,8%. Quello di violenza carnale è un reato che si inquadra bene nella generalizzata corruzione della società contemporanea, e che presuppone, come proprio naturale habitat di sviluppo, una diffusa atmosfera di erotismo nelle diverse manifestazioni della vita individuale e collettiva, una concezione disordinata del piacere, inteso come fine ultimo della vita umana e come realtà completamente svincolata dalla perfezione dell’uomo – alla quale dovrebbe, invece, collegarsi e ordinarsi (17) -, e, infine, un clima di estraneità e di conflitto tra l’uomo e la donna, che costituisce una delle connotazioni fondamentali del movimento femministico (18).
Le denunce di omicidio – comprendendovi anche l’infanticidio per causa d’onore – sono aumentate, nel 1981, del 18,4% rispetto all’anno 1980 (19). Si tratta del terzo dato in ordine decrescente tra quelli che sto presentando, e fa diffusione di un reato di questo tipo – lesivo della vita, cioè del bene che costituisce il presupposto di tutti gli altri beni dell’uomo -, in una epoca come la nostra, nella quale l’attentato alla vita umana ha acquistato un valore «normativo», in quanto recepito dalla stessa legislazione positiva, sia pure, per ora, solamente nel caso del nascituro concepito -, non può tragicamente destare meraviglia.
Particolare incremento hanno registrato anche le denunce per truffa, aumentate – sempre nel 1981 – del 18,1%; quelle per emissione di assegni a vuoto, incrementate del 18%; quelle per atti di libidine violenti, in aumento del 17,1%; quelle per maltrattamenti in famiglia e verso fanciulli, cresciute del l6,8%; le denunce per estorsione, del 16,8%; e quelle per rapina, del 15,7%, per citare soltanto i dati più significativamente in espansione (20).
Si tratta di reati che, per lo più, costituiscono varianti rispetto a quelli prima illustrati e che sono espressione delle identiche tendenze di fondo: attacco al patrimonio e alla libertà del consenso nei negozi patrimoniali (21), espressione di una più generale obliterazione della «buona fede» contrattuale; aggressione alla moralità pubblica e al buon costume, sotto il profilo della libertà sessuale, della tutela del pudore e dell’interesse pubblico alla continenza sessuale (22); e , infine, offesa, principalmente, alla proprietà altrui, nei delitti di estorsione e di rapina.
La relazione prende infine atto del terribile fenomeno della droga, entrata perfino nelle scuole elementari e fonte principale del gravissimo incremento della delinquenza minorile (23), oltre che diabolico strumento di obnubilamento della intelligenza e di corruzione della volontà, ed espressione di «depistamento» di potenzialità giovanili reattive verso effimeri «paradisi artificiali».
Questo, dunque, il «battito cardiaco» della società italiana degli anni ‘80, quale si lascia cogliere da una «auscultazione» fondata su dati inoppugnabili e assolutamente oggettivi. Le cifre, infatti, parlano da sole, nel loro linguaggio impietoso, di un male la cui gravità e la cui diffusione generalizzata è follia ignorare.
Conseguente, perciò, l’appello a ogni autorità spirituale, politica e sociale, e la invocazione alla Vergine Maria, Mediatrice e corredentrice, nella consapevolezza della indispensabilità di un ritorno al suo Cuore Immacolato e a quello di Nostro Signore Gesù Cristo, dal momento che «il mondo è caduto troppo in basso, ha bisogno di castighi, di flagelli, per essere purificato. Gli uomini non riconoscono più il loro Dio; il loro dio è il peccato, il piacere, la disonestà» (24).
Giuliano Mignini
Note:
(1) Cfr. GIUSEPPE TAMBURRINO, Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 1982, Roma, 11 gennaio 1983.
(2) La nozione di diritto naturale alla quale si fa riferimento è ovviamente quella cattolica, definita con particolare rigore dalla filosofia scolastica, che pone alla radice di essa la lex naturalis, espressione della lex aeterna, cioè dell’ordinamento divino del creato, in relazione agli esseri dotati di ragione e di libertà. Cfr., tra l’altro HEINRICH ROMMEN, L’eterno ritorno del diritto naturale, trad. it., Studium, Roma 1965, pp. 154-155. Per le profonde differenze tra tale nozione e quella di derivazione illuministica, cfr. ibid., pp. 75-76.
(3) Cfr. CARLO VARELLI, Ordinamento giuridico e natura umana, D’Auria, Napoli 1976.
(4) Il procuratore generale della Repubblica deplora tale ottica e sottolinea la fondamentale importanza della giustizia civile, sia perché è quella che disciplina i rapporti interprivati, che «costituiscono il tessuto connettivo dell’ordinamento giuridico e quindi vanno tutelati per la vita e la pace della collettività, sia perché oggi la giustizia civile non può circoscriversi ai soli rapporti strettamente interprivati» (G. TAMBURRINO, doc. cit., p. 17).
(5) Le separazioni accolte e omologate sono, comunque, anch’esse in aumento, del 2.2% e dell’8,6%, rispetto ai periodi considerati. Per quelle rigettate, vi è stata una distinzione del 5,5% e un aumento del 20,6%. sempre tenendo presenti le variazioni del secondo periodo indicato rispetto al primo e del terzo rispetto al secondo. Per quelle abbandonate, vi sono stati leggeri aumenti, rispettivamente del 2,9% e dell’1,8%.
(6) Cfr. ALLEANZA CATTOLICA, Basta con la persecuzione fiscale!, manifesto del gennaio 1983, in Cristianità, anno XI, n. 93, gennaio 1983; GIOVANNI CANTONI, Meditazione sul «flagello fiscale», ibid., anno XI, n. 94, febbraio 1983; e MASSIMO INTROVIGNE, Un po’ meno Stato, un po’ più solidali, in Avvenire, 20-1-1983.
(7) Il confronto fra il periodo dal 1° luglio 1980 al 30 giugno 1981, e quello dal 1° luglio 1979 al 30 giugno 1980 mostra, invece, una flessione del 6,1% per i fallimenti dichiarati, e del 10,7% per quelli chiusi (cfr. G. TAMBURRINO, doc. cit., p. 37).
(8) Cfr. ibid., tav. 3.
(9) Cfr. ibid., pp. 19-20.
(10) Cfr. MICHELE VIETTI, La «nuova disciplina delle locazioni», in Cristianità, anno VII, n. 46, febbraio 1979.
(11) Cfr. CRISANTO MANDRIOLI, Corso di Diritto Processuale Civile, Giappichelli, Torino 1974, vol. III, p. 6.
(12) Cfr. G. TAMBURRINO, doc. cit., p. 40, tav. 6.
(13) Cfr. ibid., pp. 21-22, dove si conclude che tali inconcepibili lungaggini favoriscono la posizione del debitore, che è anche agevolato dal fenomeno della svalutazione monetaria.
(14) Cfr. ibid., pp. 22 ss. Per una organica rassegna dei problemi della giustizia, nell’ottica «apolitica» e «indipendentistica» che costituisce, nella realtà odierna della magistratura italiana, una posizione difensiva giustificata, fino a oggi, dalla preponderanza numerica e dalla aggressività proprie delle posizioni impegnate in senso radicale, nonché dalle prevalenti tendenze giuspositivistiche dei magistrati italiani, cfr. Giudici oggi: un confronto per scelte di libertà. Convegno nazionale di studi per magistrati, Amelia 15-16-17 giugno 1979, numero speciale di Critica Giudiziaria, stampato dalla Soc. Arti Grafiche Nobili, Terni giugno 1979.
(15) Cfr. ROMEO PELLEGRINI PALMIERI, Dottrina e pratica del terrore nella ideologia della Rivoluzione, in Cristianità, anno X, n. 91, novembre 1982.
(16) Si deve precisare, infatti, che la grande parte delle vittime dei furti si astiene dal denunciare il fatto, consapevole che, nella maggioranza dei casi – oltre il 95% -, gli autori dei furti stessi restano ignoti. Cfr. G. TAMBURRINO, doc. cit., p. 48, tav. 11. a.
(17) Cfr. FRANCO AMERIO S.D.B., La Dottrina della Fede, Ares, Milano 1982, p. 308.
(18) Cfr. CHRISTIAN LAGRAVE, Féminisme, avortement et Franc-Maçonnerie, in Lectures Françaises, anno 26, n. 301, maggio 1982. p. 7
(19) Cfr. G. TAMBURRINO, doc. cit., p. 48, tav. 11.
(20) Cfr. ibidem.
(21) Cfr. FRANCESCO ANTOLISEI, Manuale di Diritto Penale, Giuffrè, Milano 1972, parte speciale, vol. I, p. 262.
(22) Cfr. ibid., p. 378.
(23) Cfr. G. TAMBURRINO, doc. cit., p. 15.
(24) Così suor Elena Aiello, cit. in MONS. FRANCESCO SPADAFORA, Fatima e la peste del socialismo, Volpe, Roma 1976, p. 80.