di Maurizio Brunetti
Il valore di ogni santa Messa, si sa, è inestimabile. E, arrivati al momento della consacrazione, qualunque sia il grado di consapevolezza dei presenti, le formule liturgiche hanno la forza di infrangere le barriere del tempo e dello spazio: misteriosamente, ci si ritrova in compagnia di angeli e di santi del Paradiso ai piedi della croce, presenti al sacrificio per mezzo del quale Cristo ha redento il mondo.
La percezione di tale realtà, tuttavia, può essere più o meno lucida, e diversi elementi di contorno possono irrobustirla: ecco in che cosa possono fare la differenza la compostezza del celebrante, la bellezza dei paramenti liturgici e degli elementi architettonici – per esempio – o, come ricorda il cardinale Robert Sarah, l’uso del latino, anche nella liturgia post-conciliare, e la celebrazione ad orientem.
Un elemento fra questi tutt’altro che secondario è la musica. Ove presente, infatti, essa, è parte integrante della liturgia e, se decorosa – insegnava il venerabile Papa Pio XII (1876-1958) –, «viene accresciuto l’onore che la Chiesa porge a Dio in unione con Cristo suo capo».
Ne era certamente consapevole mons. Salvatore Joseph Cordileone, arcivescovo metropolita di San Francisco, in California, quando, nel 2017, all’Istituto Benedetto XVI per la Musica Sacra e il Culto Divino e a uno dei suoi musicisti di riferimento, Frank La Rocca, ha commissionato la composizione di una Messa che avrebbe onorato la santa Vergine sotto il duplice titolo di Immacolata Concezione, che è patrona degli Stati Uniti d’America, e di Nostra Signora di Guadalupe, che invece lo è di tutti i popoli di lingua spagnola e del continente americano in particolare.
Ma chi è Frank La Rocca? Nato a Clifton, nel New Jersey, nel 1951 e formatosi alle università di Yale e di Berkeley negli anni Settanta, dopo essersi liberato dal linguaggio modernista e dodecafonico impostogli dall’ambiente accademico – dai lui paragonato a posteriori a una prigione –, inizia a elaborare negli anni 1990 un linguaggio artistico tendenzialmente personale radicato nella tradizione della grande musica classica occidentale. Un percorso di ricerca della bellezza che contestualmente, dall’agnosticismo della giovinezza, ha portato La Rocca ad avvicinarsi prima al cristianesimo protestante nel 1997, e poi al cattolicesimo dell’infanzia, cui è riapprodato nel 2011.
Per la «Messa delle Americhe», la cui prima esecuzione ha avuto luogo l’8 dicembre scorso nella Cattedrale di San Francisco, Frank La Rocca dice di aver seguito le raccomandazioni di mons. Cordileone: per significare il tratto evangelizzatore e “unificante” della Madonna – il cui manto protegge e accomuna nella figliolanza divina tutti i battezzati –, la partitura prevede, oltre al coro, alle voci soliste solisti, all’organo e a un quartetto d’archi, l’uso della marimba, una variante dello xilofono di origini africane e diffusa soprattutto nell’America centromeridionale.
L’arcivescovo ha pure compulsato la scelta multilinguistica: in latino, che rimane la lingua ufficiale della Chiesa universale, viene cantato il Gloria, l’Ave Maria al momento dell’Offertorio, il Sanctus e il canto finale. La Rocca ha scelto invece scelto l’inglese per l’Acclamazione Memoriale e per l’Agnus Dei, nonché lo spagnolo per il Bendito e per il canto d’ingresso, El Cantico del Alba, un inno mariano intonato dai coloni della California quando faceva ancora parte dell’impero spagnolo. Durante la comunione dei fedeli, infine, viene eseguita una versione dell’Ave Maria in nahuatl, l’idioma parlato dagli aztechi.
Il compositore ha spiegato in questi termini le ragioni di tale scelta: «Ci tenevo che si potesse sentire la lingua con la quale Nostra Signora di Guadalupe si rivolse a san Juan Diego [Cuauhtlatoatzin, 1474 ca.-1548] in una messa a Lei dedicata. Volevo anche che la lingua utilizzata dai sacerdoti aztechi quando compivano sacrifici umani fosse per così dire redenta, tramite il suo utilizzo nei riti dell’Unico Vero Sacrificio Incruento che veramente salva».
All’attenzione dei lettori si propone qui in particolare l’ascolto dell’Alleluia, sia perché la combinazione di elementi folklorici messicani in una melodia sacra d’impianto tradizionale sembra particolarmente riuscita, sia per confortare chi, vagheggiando la conquista del Paradiso al termine di questa vita terrena, è in angustie – mi si consenta la boutade – dinanzi all’eventualità di non poter poi sfuggire all’intonazione per omnia sæcula sæculorum dell’Alleluia delle lampadine da parte dei cori angelici.
Si raccomanda inoltre l’ascolto del Sanctus-Bendito, perché le immagini raccolte dal compositore per il video costituiscono un campione significativo per intuire i suoi parametri estetico-culturali.
Oggi, 16 novembre, la Mass of the Americas verrà eseguita, con un organico strumentale rinforzato, nel Santuario nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington, la capitale statunitense. Ma, siccome stavolta mons. Cordileone celebrerà la Messa secondo il Rito Romano Antico, tutti i brani dell’Ordinario verranno cantati in latino ed è prevista una collocazione dell’Ave Maria in nahuatl che rispetti le rubriche liturgiche.
Dopo quella di San Francisco e quella di Tijuana, in Messico, la tappa di Washington è la terza di un tour mariano di “unificazione” che punta a un avvicinamento dei fedeli di culture e di lingue diverse. Entro il 2020 sono già previste due celebrazioni della Messa delle Americhe in Texas e un’esecuzione in forma di concerto – e quindi non all’interno della liturgia – a Roma.
Ma, anche il quel caso, gli italiani avranno tutto da guadagnare se in conclusione verrà eseguito, come a San Francisco,l’ormai millenaria antifona mariana Alma Redemptoris Mater: «O Santa Madre del Redentore, porta dei cieli, stella del mare, soccorri il tuo popolo che anela a risorgere».
Sabato, 16 novembre 2019