Oscar Sanguinetti, Cristianità n. 163-164 (1988)
La descrizione — svolta con dovizia di particolari — di un importante organo dello Stato sovietico ad opera di Pierre Faillant de Villemarest in collaborazione con Cliford A. Kiracoff.
In uno studio riccamente documentato
«Il GRU, il più segreto dei servizi sovietici. 1918-1988»
Disegnare un identikit, anche molto approssimativo, di realtà appartenenti alla sfera dello Stato socialcomunista sovietico non è un’impresa da poco, sia perché è difficile — anche in tempi di glasnost, cioè di «trasparenza» — avere informazioni sull’unione Sovietica oltre a quelle diffuse ufficialmente a scopo di propaganda, sia per la particolare conformazione e complessità istituzionale dell’unione Sovietica stessa. In essa, infatti, coesistono e si intrecciano strutture statuali e strutture partitiche — dell’unico partito, il PCUS, il Partito Comunista dell’unione Sovietica — e queste ultime invadono anche realtà non statuali, sì che l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, risulta un autentico monstrum socio-politico. Ancora più difficile è, evidentemente, scrivere la storia di una di tali realtà, in quanto esse — nei settant’anni successivi alla Rivoluzione d’Ottobre — sono state costantemente sottoposte a una dialettica interna e intrastatuale, e hanno subito i riflessi dei numerosi mutamenti che si sono verificati nella linea politica e nella leadership del partito. Questa difficoltà si fa ancora maggiore se si vuole gettare lo sguardo su organi per definizione riservati o segreti, come i servizi di spionaggio, di controspionaggio o semplicemente di polizia, quali sono il KGB, il GRU e l’MVD, oppure le strutture di collegamento fra il PCUS e i partiti «fratelli». Quanto ai primi, cioè ai «servizi», se del KGB si sa qualcosa — vuoi attraverso memoriali, studi oppure semplici spy stories — sugli altri organismi del genere il buio è più fitto che mai (1).
Al difficile compito di illuminare una di queste realtà, precisamente il GRU, si è dedicato il sovietologo francese Pierre Faillant de Villemarest in un’opera scritta in collaborazione con lo studioso statunitense Clifford A. Kiracoff e intitolata G.R.U., le plus secret des services soviétiques. 1918-1988 (2).
Pierre Faillant de Villemarest nasce in Francia nel 1923 e, dopo aver militato nella Resistenza del suo paese e dopo una carriera nei servizi segreti — che lo vede, nel dopoguerra, impegnato nella lotta contro le organizzazioni clandestine che favorivano l’espatrio di persone compromesse con il regime nazionalsocialista tedesco —, all’inizio degli anni Cinquanta si dedica al giornalismo, da allora collaborando con le più prestigiose testate del mondo libero, specializzato nella cronaca politico-diplomatica, ma soprattutto qualificandosi come esperto di problemi del mondo comunista, in particolare dell’URSS. Autore di oltre una dozzina di opere, ricche di rivelazioni su retroscena di avvenimenti politici, storici e di attualità, ha mantenuto rapporti con gli ambienti dei servizi d’informazione occidentali e, nel 1970, ha fondato il CEI, il Centre Européen d’Information, un’agenzia internazionale di raccolta e di diffusione di notizie di carattere riservato su quanto avviene negli ambienti politici ed economici del mondo intero, sempre con speciale attenzione all’area comunista. Il CEI pubblica una lettre d’information trisettimanale, affiancata da un telex settimanale, che raggiunge abbonati di diciassette paesi. Nel 1983 dà vita alla CIRPO, la Conference Internationale des Resistances en Pays Occupées, per aiutare i movimenti di resistenza anticomunisti quanto a informazione, a coordinamento e a supporto propagandistico e logistico (3).
Dopo decenni di quotidiana attenzione ai servizi sovietici e di minuziosa raccolta e selezione di informazioni, in G.R.U., le plus secret des services soviétiques. 1918-1988 Pierre Faillant de Villemarest si sforza di ricostruire, giustapponendo le tessere di un gigantesco puzzle, il quadro storico e organizzativo del servizio segreto militare sovietico e di metterne in luce il ruolo nelle vicende politiche dell’URSS, recenti e meno recenti.
«La guerra moderna o i cacciatori di tecnologia»
Il GRU — acronimo di Glavnoie Razvedivatelnoie Upravlenie, «Direzione, Principale di Informazione» — è alle dirette dipendenze dello stato maggiore dell’Armata Rossa, quindi — a differenza del KGB — organo dello Stato sovietico e non del partito comunista. In verità, come organo a sé stante non esiste neppure, ed è indicato comunemente come Dipartimento Militare 44388. Nonostante questa sua «inesistenza ufficiale», a Mosca ha due sedi: una, storica, è ubicata dal 1918 in un palazzo al n° 19 di Via Znamenski; l’altra, dove sta il «cervello» del servizio, è situata nelle vicinanze della città, nella zona dell’aeroporto di Kodinka; è costituita da una dozzina di palazzine all’interno di un’area ad accesso severamente controllato, ed è nota agli «addetti» come «L’Acquario».
Compito istituzionale del GRU è creare e sviluppare il supporto informativo per le decisioni strategiche dell’alto comando militare sovietico. In un tempo in cui la pratica militare — sia di difesa che di attacco — si fonda sempre più su tecnologie altamente sofisticate, di fronte all’oggettivo gap, allo scarto esistente appunto nel settore tecnologico fra Est e Ovest, a svantaggio dell’Oriente, il GRU si è venuto obbligatoriamente specializzando in spionaggio industriale ai danni degli Stati occidentali, e in primo luogo degli Stati Uniti d’America.
Nella prima parte dell’opera, intitolata La guerra moderna o i cacciatori di tecnologia, vengono presentati i casi più recenti e più clamorosi di spionaggio nel campo delle tecnologie — scelti fra le centinaia documentabili —, di cui il GRU è stato protagonista. Si tratta di episodi poco o affatto noti al grande pubblico, soprattutto a quello italiano, dei quali pare utile evidenziare alcuni rilevanti aspetti di fondo, comuni ai diversi casi. In primo luogo va notato che il GRU dà la caccia solo a una parte delle tecnologie di cui l’apparato industriale-militare sovietico necessita, cioè a quella che l’Occidente non mette già di sua volontà, legalmente, a disposizione dell’URSS, nella quale opera la VPK, «Commissione Industriale Militare»: « […] essa determina ogni anno […] le “mancanze”, i difetti, i ritardi, i bisogni tecnologici del Paese, rispetto alle realizzazioni del mondo occidentale.
«La VPK definisce le liste di ricerca, poi comunicate agli organismi ufficiali (Accademia delle Scienze, ministero del Commercio Estero, Comitato Statale per le relazioni economiche con l’estero, Comitato Statale per la scienza e la tecnologia o GKNT, direzione della camera di commercio e dell’industria) e segreti (GRU, KGB [oltre ai servizi degli Stati satelliti]). Tutti questi organismi si mettono allora in caccia per acquisire, legalmente oppure illegalmente, i documenti, i piani, i brevetti, le macchine e i prodotti segnalati» (4). Compito specifico dei servizi segreti è realizzare i cosiddetti «trasferimenti illegali» di tecnologie occidentali verso l’Unione Sovietica: «I loro obbiettivi prioritari negli Stati Uniti, in questi ultimi anni, hanno riguardato l’industria aerospaziale e, in seconda posizione, le industrie chimiche e petrolchimiche» (5).
Altro dato emergente dai casi riferiti è che i trasferimenti di tecnologie, anche quelli che sfiorano il limite dell’illegalità, sono caldeggiati dalle grandi multinazionali occidentali, e forse non soltanto per ragioni legate al puro profitto economico. Infatti, i loro massimi responsabili appartengono — per la maggior parte — a organizzazioni nate per incrementare gli scambi Est-Ovest, come l’USTEC, il Consiglio sovietico-americano per il commercio e l’economia, oppure l’ACEWA, il Comitato americano per l’accordo Est-Ovest, o — ancora — la Commissione Trilaterale. Queste associazioni svolgono una costante opera di pressione nei confronti del governo statunitense affinché riduca sempre più l’elenco dei prodotti industriali giudicati suscettibili di uso anche per il settore bellico e, quindi, soggetti a embargo.
Infine, appare anche chiaro che la cosiddetta perestrojka — la «ristrutturazione» promossa da Mikhail Gorbaciov — è soltanto il tentativo di superare il gap del sistema economico sovietico sia in campo militare che in tutti gli altri settori della produzione, compresi i servizi, e quindi accresce la sete di tecnologie e di prodotti occidentali da parte dell’URSS: all’economia e alla società sovietiche attuali non necessitano solamente manufatti, ma anche e soprattutto know how, specialmente nel campo dell’informatica, delle telecomunicazioni e della meccanica di precisione.
«La storia e gli uomini del GRU»
Nella seconda parte del volume, intitolata La storia e gli uomini del GRU, viene tracciato un profilo dell’opera svolta da questo servizio dal 1918 all’inizio della seconda guerra mondiale. Scritta con stile giornalistico, la narrazione si snoda attraverso un fitto intrico di episodi, di personaggi — indicati di volta in volta, contemporaneamente oppure alternativamente, con nome, cognome, soprannome e nome di battaglia —, di sigle di reti spionistiche, di riferimenti storici — noti e meno noti — e di collegamenti fra i diversi teatri operativi: ne risulta un ampio affresco di cui propongo i tratti che credo di poter individuare come salienti.
I1 GRU nasce nel 1918 — poco dopo la CEKA, l’antenata del KGB — in seguito alle pressioni esercitate da Lev Davidovic Trotzski su Vladimir Ilic Lenin affinché venisse costituito un servizio di informazioni necessario per condurre in modo efficace la guerra civile in un momento di particolare difficoltà per l’Armata Rossa, che — allora — controlla meno di un terzo del territorio della Russia Occidentale. Inoltre, si presenta il problema di censire gli effettivi della stessa Armata Rossa, che in questo inizio della sua storia è più un’accozzaglia di bande che non un esercito vero e proprio. Viene così istituito il GRU, con il nome di Direttorato per la leva dello stato maggiore operativo della repubblica, Registraup. Si chiamerà poi Razvedrup, per assumere finalmente il nome di Direzione Principale di Informazione dello stato maggiore generale delle forze armate. Negli anni che vanno dalla sua nascita al 1922-1923, il servizio informazioni dell’esercito — sotto la direzione di Simon Ivanovic Aralov e per precisa volontà di Vladimir I. Lenin — si dedica a infiltrare gli ambienti filobolscevichi dell’establishment finanziario e industriale statunitense, operando in collaborazione con l’INO, la sezione esteri della GPU, poi KGB: in questa attività svolgono ruoli di rilievo, fra il 1919 e il 1921, Alexander Nyberg e Ludwig Martens, che — con il padre del «miliardario rosso» Armand Hammer, Julius (6) — saranno fra i fondatori del Partito Comunista Americano. Compito degli agenti che operano negli Stati Uniti è di conoscere sempre meglio il sistema industriale del paese nel periodo immediatamente postbellico e di promuovere e «pilotare» gli scambi commerciali con l’Unione Sovietica.
Nel 1921 il GRU riceve un assetto organizzativo meglio definito. Con un provvedimento governativo datato 3 maggio — un documento caduto nelle mani dei servizi segreti francesi nel 1923, e riportato dettagliatamente nell’opera — il servizio viene articolato in quattro sezioni principali — amministrazione, informazioni per e sulle forze armate, spionaggio all’estero e informazioni statistiche —, che operano su una base territoriale coincidente con quella dell’esercito sovietico, cioè in sei distretti od okgrugs: tutti i suoi membri devono avere il brevetto della scuola dello stato maggiore ed essere iscritti al PCUS.
Nel periodo che va dal 1922-1923 al 1935-1936, il GRU — sotto la guida e nel quadro della strategia elaborata da Ivan Karlovic Berzin, nome di battaglia del lettone Kiuris Peteris — getta le sue reti e attiva le sue «antenne» in tutto l’Occidente. Come accadrà anche nel secondo dopoguerra, la Germania in genere e Berlino in specie costituiscono un teatro di operazione assai favorevole. Infatti, nella Repubblica di Weimar, la presenza di potenti amici dell’URSS — come il finanziere Hjalmar Schacht e gli uomini dei servizi segreti della stessa repubblica — nonché dei quadri del Partito Comunista Tedesco e di agenti della Terza Internazionale, ufficiali e clandestini, crea un milieu ideale per installare «Klara», cioè il GRU, e «Greta», cioè l’INO-GPU: anche ambienti combattentistici, come quello dello Stahlhelm, e perfino l’entourage di Adolf Hitler non sono immuni da infiltrazioni.
Pierre Faillant de Villemarest così descrive lo spirito con cui lottano nella clandestinità gli uomini dei servizi segreti socialcomunisti: «Di fronte allo spirito difensivo dei servizi speciali occidentali, che si accontentavano (e continuano ad accontentarsi) di “sapere”: oppure sono ispirati dai bisogni mercantili dei loro governi, i sovietici del GRU si consideravano come i missionari di un nuovo ordine mondiale. Per loro la rivoluzione d’ottobre era soltanto la piattaforma da cui teleguidare altre rivoluzioni. Non dovevano soltanto infiltrare l’avversario: dovevano vincere» (7).
L’ascesa al potere di Josif Vissarionovic Stalin e il progressivo consolidamento del suo regime personale segnano un momento di perdita di autonomia per il GRU: Henrikh Jagoda estende la sua influenza dall’NKVD-KGB anche al servizio informativo militare. La svolta politica filotedesca avviata da Josif V. Stalin nel 1936, e sanzionata dal patto Molotov-von Ribbentrop nell’agosto del 1939, mette in crisi i quadri di tutto il movimento comunista internazionale — soprattutto la componente ebraica —; crea profonde lacerazioni al suo interno, in conseguenza della brutale epurazione scatenata dal capo del partito e culminata con i processi di Mosca degli anni 1937-1939, e non lascia immuni neppure i servizi segreti: se I’NKVD-KGB conta più di tremila vittime fra il 1936 e il 1939, il GRU perde negli stessi anni i suoi elementi più validi. Alla testa del GRU dopo l’epurazione figura, in questo periodo, ancora un cekista, Nikolai Jezov, mentre all’orizzonte dei servizi segreti si profila Lavrenti Beria.
Relativamente al tempo seguente la prima guerra mondiale è da ricordare la partecipazione di uomini del GRU al conflitto spagnolo, dove il servizio attingerà a piene mani dal denso concentrato umano costituito dalle brigate internazionali, come pure — nello spirito di cooperazione sovietico-tedesca — la collaborazione, per operazioni di interesse comune, con la Gestapo e con il Sicherheitdienst, il servizio informazioni del partito nazionalsocialista: il che non impedirà ai sovietici di mantenere oppure di installare nuove «antenne» nell’ambito degli organismi politici tedeschi e fra gli uomini del Terzo Reich, fra i quali pare si possa rubricare lo stesso Martin Bormann (8).
L’entente sovietico-nazionalsocialista durerà anche dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, sì che l’operazione Barbarossa del giugno 1941, benché preannunciata da almeno quindici fonti informative sovietiche diverse, ufficiali e non ufficiali — la metà di esse appartenenti alle reti del GRU —, costituisce per Josif V. Stalin un’autentica sorpresa e lo costringe a imporre al partito e al movimento comunista internazionale una nuova brusca virata politico-ideologica, quella che indica nel fascismo l’ultimo travestimento dell’imperialismo capitalistico, e a lanciare ai popoli dell’URSS un appello alla guerra patriottica per la difesa dallo straniero invasore.
«Il dopoguerra e ora»
Agli anni dal secondo dopoguerra a oggi è dedicata la terza e ultima parte dell’opera, intitolata Il dopoguerra e ora. Dopo il 1945, anche se i militari hanno inevitabilmente acquisito un’importanza molto maggiore di quella di cui godevano precedentemente all’esito vittorioso della guerra, il GRU, a causa del perdurare del potere personale del despota georgiano, non riesce a conquistare una sua autonomia dal partito. E le sfide che si trova a fronteggiare sono due: anzitutto, deve strappare agli Stati Uniti il monopolio dell’arma nucleare, compito che realizza grazie ad Alger Hiss, agente al servizio del GRU da diversi anni, che letteralmente «dà» la bomba atomica all’URSS; quindi, deve reggere la confrontation sovietico-americana in Europa — dove I’URSS ha riportato significativi successi, che cerca di consolidare estendendo la sua zona d’influenza definita a Yalta attraverso i potenti partiti comunisti ufficiali e le strutture clandestine —, che culmina con il blocco di Berlino.
Alla morte di Josif V. Stalin e dopo l’ascesa al potere di Nikita Kruscev, prende corpo una differenziazione fra la prospettiva strategico-rivoluzionaria del partito — e, quindi, del KGB — e quella degli ambienti militari, differenziazione che sfocia talora in tensione o in aperto contrasto: essa caratterizza la vita del regime sovietico fino a oggi. Questi i termini della querelle: «Il Partito e il KGB proseguono sullo slancio messianico dell’inizio del secolo, quando, una volta al potere, certi bolscevichi immaginano che tutto il mondo si appresti a diventare progressivamente una collana di Stati socialisti, il cui motore e cervello sarebbe il partito comunista dell’URSS. Essi lavorano per questo. Gli apparatchiki continuano a lavorare per questo negli anni Ottanta; ma la condizione di spirito di ieri, dei marescialli Vassilevski, Zukov, Sokolovski, del generale Chtemenko [pure direttore del GRU], ecc., è condivisa da numerosi successori di costoro allo stato maggiore generale e al GRU, a partire dalla metà degli anni Ottanta: essi rifuggono dall’avventurismo. Sono pronti alla guerra, ma cercano di vincerla senza doverla fare, poiché niente assicura che le sue conseguenze non coinvolgerebbero la Russia nella disfatta dell’Unione Sovietica» (9).
Uno dei segni rivelatori dello spostarsi degli equilibri a favore dell’una oppure dell’altra tendenza è costituito dalla presenza alla testa del GRU di un militare di carriera o di un elemento proveniente dal partito, cioè dal KGB, anche se dotato di gradi. Nell’era krusceviana l’equilibrio pende ancora decisamente a favore del partito, che impone al vertice del GRU il dirigente del KGB dal ruolino di servizio più brillante in assoluto, cioè Ivan Serov. Membro della GPU già a vent’anni, nel 1926 è soprannominato «Macellaio» per il suo passato di organizzatore di deportazioni di massa e per la parte attiva avuta in numerose stragi, non ultime quelle polacche del 1939 a Kosielk, a Starobielsk e a Katin — la più nota —, per tacere del massacro di duemilaquattrocento ebrei polacchi «antisovietici» perpetrato nel giugno dello stesso 1939 a Leopoli. Ivan Serov è, fra l’altro, autore di un vero e proprio manuale del deportatore di comunità, in cui consiglia, per esempio, i modi migliori per separare i padri dal resto delle rispettive famiglie durante i trasferimenti: da lui — nota Pierre Faillant de Villemarest —, al tempo della comune occupazione della Polonia, i nazionalsocialisti avranno senz’altro appreso molto! Il GRU tollera male la sua leadership, sia a causa di questo curriculum, sia perché non condivide la strategia militare krusceviana — Ivan Serov è uomo di Nikita Kruscev —, che privilegiava l’arma nucleare rispetto alle forze convenzionali e che quindi, in prospettiva, portava a un sensibile ridimensionamento dell’influenza e della consistenza dell’apparato militare classico, compreso quello spionistico. Questa tensione con il vertice delle forze armate costerà, sulla distanza, a Nikita Kruscev la deposizione, alla quale seguirà, com’è ovvio, il siluramento di Ivan Serov. Da questo momento inizia una fase di ascesa della classe militare all’interno del sistema di potere sovietico, che culmina — nel 1977 — nella istituzionalizzazione del Consiglio della Difesa, realizzata con un emendamento della Costituzione, in base al quale il ministro della Difesa viene a far parte automaticamente del Politburo; un punto nuovamente a proprio vantaggio l’apparato del partito lo segna nel 1984, quando viene sancito che il ministro della Difesa resta sì membro del Politburo, ma solo come supplente.
Il successore di Ivan Serov, Piotr Ivanovic Ivasciutin, pur provenendo anch’egli dal KGB, riesce a farsi accettare — anche se non amare — dai militari di carriera del GRU, e a questo è certamente dovuta la sua lunga permanenza in carica, durata dal 1965 al 1986. All’inizio degli anni Ottanta il GRU, nel quadro della strategia teorizzata dal maresciallo Nikolai V. Ogarkov — deciso sostenitore del ruolo dirigente della classe militare nella politica del paese — viene chiamato a svolgere un compito nuovo: infatti, nel suo ambito vengono creati e inquadrati i reparti speciali conosciuti come Spetsnaz — acronimo di Spetsianoie Naznachenie, cioè «compiti speciali» — di cui Pierre Faillant de Villemarest descrive l’armamento e l’equipaggiamento in dotazione anche nei dettagli. Queste formazioni hanno un ruolo esclusivamente nel quadro di una strategia offensiva — com’è quella sovietica attuale —, in quanto destinate a operare, in un contesto di guerra con mezzi convenzionali, all’interno del territorio nemico immediatamente prima dell’attacco in forze, per effettuare sabotaggi, per neutralizzare obiettivi militari e civili — anche umani — e per gettare lo scompiglio nelle linee di difesa del nemico. Questi corpi, concepiti durante la guerra di Spagna dal generale sovietico Khadji Mamsurov, hanno già operato — forse non con i reparti più scelti — nel corso dell’invasione dell’Afghanistan.
La parte, forse, di maggior interesse di G.R.U., le plus secret des services sovietiques. 1918-1988 — certo quella più direttamente all’origine della durissima reazione, anche se in chiave ironica, del Partito Comunista Francese (10) — è l’appendice, che riporta documenti e quadri sinottici di grandissimo valore: fra essi di particolare interesse, e non solo per il lettore comune, oltre all’elenco dei nomi dei diciannove direttori del GRU dal 1918 a oggi — è attualmente in carica Gregori Feodorovic Krivosceiev —, è l’organigramma completo del servizio aggiornato al 1988. Un ringraziamento al conte colonnello Alexandre de Marenches — ex direttore dei servizi francesi — «per il suo sostegno a quest’opera, non solo avendone stimolato la stesura, ma avendo anche accettato di farsene tanto generosamente garante» (11), un ampio apparato di note, una vasta bibliografia e un indice dei nomi, essenziale per orientarsi nell’intrico delle vicende evocate, completano il volume, cui ha collaborato anche Danièle de Villemarest.
Dunque, G.R.U., le plus secret des services soviétiques. 1918-1988 costituisce un contributo di straordinario valore per sempre meglio comprendere la natura, la struttura e le modalità della guerra rivoluzionaria che da decenni l’Unione Sovietica conduce contro il mondo libero, in quanto, in ultima analisi, evidenzia la molteplicità delle forze messe in campo e la ricca gamma delle azioni da esse sviluppate nell’unica prospettiva di «vincere una guerra senza farla».
Si tratta di un’opera indispensabile per chiunque voglia combattere la battaglia contro-rivoluzionaria, perché contribuisce a rafforzare sulla base dei fatti, cioè dell’esperienza, l’atteggiamento prudenziale proposto dalla Sacra Scrittura all’apostolo cristiano: «Ecco — dice il Signore Gesù —: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (9).
Oscar Sanguinetti
Note:
(1) Cfr. JOHN BARRON, KGB, Bantam, New York 1974; in forma romanzata, ma tutt’altro che inutili, ARNAUD DE BORCHGRAVE e ROBERT MOSS, Dietro le quinte, trad. it.. Sperling & Kupfer, Milano 1982; e VLADIMIR VOLKOFF, Il Montaggio, trad. it.. Rizzoli, Milano 1983.
(2) Cfr. PIERRE FAILLANT DE VILLEMAREST, in collaborazione con CLIFFORD A. KIRACOFF, G.R.U., le plus secret des services soviétiques. 1918-1988, Stock, Parigi 1988, pp. 336.
(3) Per ulteriori informazioni, cfr. P. FAILLANT DE VILLEMAREST, Il Cremlino segreto, intervista a cura di Maurizio Blondet, in Avvenire, 26-10-1988; e il mio Le fonti finanziarie del comunismo e del nazionalsocialismo, in Quaderni di «Cristianità», anno I, n. 1, primavera 1985, pp, 38-39.
Quanto al collaboratore di Pierre Faillant de Villemarest, Clifford A. Kiracoff, è laureato all’Università di Virginia, negli Stati Uniti, e dal 1982 è consigliere di una commissione del Senato americano in qualità di specialista dei rapporti fra Est e Ovest e di problemi di geopolitica.
(4) P. FAILLANT DE VILLEMAREST, in collaborazione con C.A. KIRAKOFF, G.R.U., le plus secret des services soviétiques. 1918-1988, cit., p. 22.
(5) Ibid., p. 24.
(6) Cfr. ARMAND HAMMER con NEIL LYNDON, Hammer, trad. it.. Armenia, Milano 1988.
(7) P. FAILLANT DE VILLEMAREST, in collaborazione con C.A. KIRAKOFF, G.R.U., le plus secret des services soviétiques. 1918-1988, cit., pp. 136-137.
(8) Cfr. ibid.. p. 239.
(9) ibid., pp. 230-231.
(10) Cfr. L’Humanité, 24-8-1988.
(11) P. FAILLANT DE VILLEMAREST, in collaborazione con C.A. KIRAKOFF, G.R.U., le plus secret des services soviétiques. 1918-1988, cit., p. 289. A proposito di Alexandre de Marenches, cfr. la mia recensione di CHRISTINE OCKRENT e ALEXANDRE DE MARENCHES, I segreti dei potenti, con un’appendice a cura di Sandra Bonsanti e nove cartine, trad. it., Longanesi, Milano 1987, in Cristianità, anno XVI, n. 156-157, aprile-maggio 1988. Cfr. anche A. DE MARENCHES, Spioni d’Europa, unitevi, intervista a cura di Sandro Ottolenghi, in Panorama, anno XXVI, n. 1181, 4-12-1988, pp. 109-112.
(12) Mt. 10, 16.