Giovanni Cantoni, Cristianità n. 109 (1984)
Di fronte al «male maggiore» del nostro secolo
«I paesi dove Caino regna»: denuncia aperta oppure silenzio complice?
Mentre la Rivoluzione socialcomunistica avanza in tutto il mondo con la violenza delle armi e con l’inganno, approfittando della debolezza di quanti dovrebbero a essa opporsi o della loro talora inspiegabile complicità, si impone un eroico sforzo propagandistico per mostrare la drammaticità della situazione mondiale, presupposto di fatto per ridare vigore a un serio giudizio sulla dottrina socialcomunistica e premessa per una responsabile azione culturale e civile. Una drammatica «predica» del monaco premostratense Werenfried van Straaten introduce una sommaria documentazione. Appelli inascoltati di vescovi al Concilio. Una denuncia del cardinale arcivescovo di Parigi, mons. Jean-Marie Lustiger.
«Molti credono che l’impero comunista si limiti ancor sempre all’Europa orientale “socialista”. Non si rendono conto che il regime comunista ha già in mano il potere assoluto in 27 paesi con un totale di un miliardo e 656 milioni di abitanti»: con queste parole si apre un drammatico servizio su I paesi dove Caino regna, comparso in L’eco dell’amore, il periodico dell’Aiuto alla Chiesa che soffre, diretto dal monaco premostratense Werenfried van Straaten (1).
Nel corpo dell’articolo viene dato il dettaglio della tragica situazione. Si apprende così che «i paesi dell’Europa orientale, dove Caino regna, sono l’Albania, la Bulgaria, la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, la Polonia, la Repubblica Democratica Tedesca, la Romania, l’Ungheria e l’Unione Sovietica. Si tratta in totale di ben 402 milioni di abitanti […]». Nell’America Latina «fino ad oggi soltanto Cuba e Nicaragua, con una popolazione complessiva di 12,5 milioni di abitanti, sono dominati da Caino». «La Cina, con quasi un miliardo di abitanti, e le nazioni più piccole quali l’Afganistan, la Birmania, lo Yemen del sud, la Cambogia, la Corea del nord, la Mongolia e il Vietnam, con un totale di 202 milioni di abitanti, formano insieme l’impero asiatico di Caino». «Durante il periodo coloniale, l’Etiopia era l’unico paese africano indipendente […]. Dopo la rivoluzione del febbraio 1977, ebbe inizio il regime di terrore di Mengistu. […] Altre province rosse in Africa sono l’Angola, il Benin, la Guinea-Conacry, il Congo-Brazzaville, il Madagascar e il Mozambico. Ivi 42 milioni di africani oppressi gemono sotto il regime di terrore di Caino».
Questa traumatizzante carrellata – che per altro esclude le nazioni meno direttamente tiranneggiate dalla Internazionale del Sangue – fonda adeguatamente drammatici interrogativi: «Chi si preoccupa del fatto che decine di migliaia di soldati cubani sono stazionati come truppe di occupazione in una serie di questi paesi, e che ivi migliaia di russi e specialisti della Germania orientale comunista insegnano raffinati metodi di terrore alla polizia segreta? Chi ha dimostrato sulle strade d’Europa quando i Khmer Rossi in Cambogia hanno perpetrato il genocidio della loro popolazione? Perchè nelle assemblee ecumeniche, come a Vancouver, viene tenacemente sottaciuta l’ingiustizia imperante nei paesi marxisti? Perché si accusa la violazione dei diritti dell’uomo solo nel Cile, nell’Africa del Sud, nel Salvador e nelle Filippine e non anche l’ingiustizia incomparabilmente più grave arrecata alle oppresse popolazioni nei paesi socialisti?
«Ci siamo sempre opposti ad ogni sorta di oppressione – dichiara il redattore de L’eco dell’amore -, sia che provenisse da sinistra che da destra. Ma in base al fatto che il 95% di tutti i profughi proviene dai paesi marxisti, concludiamo che la portata dell’oppressione marxista è venti volte più grande di quella del terrore “fascista”. Perciò anche la protesta anticomunista dovrebbe essere venti volte più forte di quella contro i regimi militari o capitalisti. Invece accade il contrario. Chi tace il male maggiore, non è credibile neanche quando accusa un male minore. Costui cade sotto il sospetto di essere un complice del Caino rosso, che assassina freddamente il proprio fratello. Dov’è tuo fratello Abele?».
«Dov’è tuo fratello Abele? – incalza padre van Straaten nella presentazione del numero della rivista – Questa domanda non viene rivolta soltanto all’assassino ma a tutti noi. Perdiamo la nostra credibilità umana e cristiana quando, come Caino, ci sottraiamo alla nostra responsabilità e ci comportiamo come se non fossimo ciascuno guardiano del nostro fratello».
«[…] persecuzione, ingiustizia, assassinii e massacri non sono causati da Dio – predica il monaco -: provengono dal Maligno che cerca incessantemente di mettere scompiglio nella creazione e rendere infelice il genere umano. Perciò egli si serve generalmente di uomini, piccoli uomini come ognuno di noi, o grandi devastatori che cambiano il corso degli eventi nel mondo. Uno di questi era Caino, la cui storia raccapricciante viene narrata nelle prime pagine della Sacra Scrittura (Gen 4, 3-16).
«Da questa antichissima narrazione […] e da altri passi biblici paralleli, possiamo dedurre il profilo spirituale di Caino. Esso è segnato da tratti negativi. A parte il fatto che egli è del Maligno e che le sue opere sono malvage (1 Gv 3, 11-12) egli non ha fede (Ebr 11, 4) ed è schiavo del demonio e del peccato. Collera selvaggia, infelicità, caparbietà, avversione a Dio, sete di sangue e menzogna sfrontata lo caratterizzano. Dopo che Dio l’ha maledetto, la malvagità di Caino viene peggiorata dall’aggressiva inquietudine degli sradicati, dal fiasco dei suoi raccolti che sempre di nuovo lo spinge al furto e alla violenza, e dalla sua angoscia che gli fa temere in ogni essere un possibile vendicatore. È perciò che Dio gli impone il segno misterioso che lo proteggerà dalla vendetta delle sue vittime. Così egli diviene strumento della giustizia punitiva di Dio, ma anche mezzo di salvezza per tutte le sue vittime innocenti.
«Non è difficile ritrovare questo elenco di malvagità, fin nei suoi minimi dettagli, nel comunismo ateo. Poichè Caino non è morto! Egli vive vicino a noi. Egli abbatte suo fratello Abele quando Hitler appicca il fuoco all’Europa, ma anche quando Stalin per una chimera manda a morte trenta milioni di compatrioti, quando Kruscev lascia soccombere per fame metà della popolazione dell’Ucraina, quando Breznev aggredisce l’Afganistan, quando Andropov abbatte con i suoi missili un aereo con 269 passeggeri … Caino non è morto! Le sue bandiere rosse sventolano su metà del globo terrestre. Egli si prepara a conquistare il mondo intero. E pur essendo stato irrevocabilmente maledetto da Dio, così che fino a tutt’oggi i campi nazionalizzati e da lui coltivati letteralmente non danno frutto, Dio lo tollera fino a quando noi non ci convertiremo».
Ascolto con tremore la predica possente che denuncia «il male maggiore» ed è resa tragicamente «credibile» dal fatto che «il regime comunista ha già in mano il potere assoluto in 27 paesi con un totale di un miliardo e 656 milioni di abitanti».
E il fatto, proprio il fatto inconfutabile che appoggia il richiamo dell’anziano monaco, aumenta il mistero del silenzio incomprensibile del mondo cattolico, della Chiesa e della gerarchia ecclesiastica, e ricorda la sentenza: «Chi tace il male maggiore, non è credibile neanche quando accusa un male minore», con quello che segue.
L’appello a un anticomunismo senza compromessi e fondato nella dottrina e nel fatto mi rimanda ad autentiche profezie del tempo conciliare, quando mons. Michael Rusnak C.SS.R., allora vescovo ausiliare della eparchia di Toronto in Canada, a nome dei vescovi di rito orientale in Cecoslovacchia, diceva: «[…] guardando la carta geografica, non possiamo ignorare che la metà del mondo è soggetta al comunismo, senza dire dei comunisti che si trovano negli altri paesi. Il comunismo, perciò, è un fenomeno così vasto che bisognerebbe parlarne anche se non perseguitasse la religione. Invece la perseguita, incoraggiato dal silenzio dei grandi organismi internazionali sorti in difesa dei diritti dell’uomo, e purtroppo anche dal silenzio dei cristiani che potrebbero e dovrebbero parlare.
«[…] Ridurre […] il comunismo al solo problema dell’ateismo produrrebbe nel mondo una gran delusione, vedendo che la Chiesa tace dinanzi a quest’eresia del secolo ventesimo e non ha nulla da dire per rischiarare le menti confuse. Sarebbe crudele anche verso i fratelli perseguitati; bisogna, perciò, parlarne esplicitamente, esigendolo la verità e la carità. I molti errori teorici del comunismo devono essere fatti conoscere con tutta chiarezza e serenamente confutati […]», e chiedeva «specialmente a nome dei fratelli oppressi» che «si denunzino con serenità e chiarezza, senza rancore e senza anatèmi, gli errori e la iniqua condotta del comunismo» (2); quando mons. Nicholas Elko, allora vescovo di Pittsburgh dei Ruteni negli Stati Uniti, affermava: «Il materialismo dialettico è un segno dei tempi e la causa estrinseca della rovina dell’ordine sociale. Esso sta invadendo il mondo come il dragone dell’Apocalisse, e tende ad instaurarsi nel mondo intero. Queste considerazioni suggeriscono di dedicarvi tutta la nostra attenzione. Occorre parlare del materialismo dialettico come della peste della odierna società e condannarlo come si deve, perché i secoli futuri non abbiano a considerarci responsabili di timore e di pusillanimità, se solo indirettamente avremo trattato di esso» (3); quando mons. Luigi Maria Carli, allora vescovo di Segni, si chiedeva: «[…] non produrrebbe forse stupore che il […] Concilio […] non spendesse nemmeno una parola, non pronunciasse alcun giudizio, non mostrasse alcuna preoccupazione per il deplorevole fenomeno del nostro tempo che ha nome comunismo marxista?» (4).
«Silenzio dei cristiani che potrebbero e dovrebbero parlare», «gran delusione», «menti confuse», «crudeltà verso i fratelli perseguitati», «responsabilità di timore e di pusillanimità», «stupore»: brandelli di un terribile giudizio che il fatto, nella sua corposità e nella sua tragica vitalità, continua ad autenticare, senza prospettive di mutamento che non siano apocalittiche e che mi fanno temporaneamente concludere con mons. Carli: «La Chiesa non si accontenti di patire e gemere e fuggire ma, sull’esempio della donna dell’Apocalisse (Apoc. 12, 2 sgg.), senza alcun timore gridi al cospetto del dragone rosso; renda testimonianza solenne e collegiale alla verità; non rifiuti un servizio e un conforto ecumenico non soltanto ai suoi Vescovi, sacerdoti e laici, ma anche ai fratelli cristiani separati, anzi a tutte le persone che professano una religione, i quali soffrono ad opera del marxismo fame, carcere, esilio, persecuzione, morte; infine faccia risuonare un materno monito ai cattolici, specialmente operai e intellettuali, i quali, sotto il pretesto del progresso economico o della pseudo-scienza, vengono ingannati da questa pestilenziale dottrina e potrebbero venire confermati nel loro errore dal silenzio […]» (5).
Se qualcuno fosse tentato di giudicare quanto ho raccolto come una silloge di affermazioni eccessive, poi smentite se non dai documenti conciliari almeno dalla prassi ecclesiastica postconciliare, può trovare conferma di quanto denunciato – sia in relazione alla sua veridicità che rispetto alla sua gravità – leggendo recenti dichiarazioni di mons. Jean-Marie Lustiger, cardinale arcivescovo di Parigi. «L’Europa era ed è costituita da nazioni diverse, molte delle quali, fino a questi ultimi anni, sono scomparse dal nostro orizzonte. Abbiamo accettato, come un fatto acquisito, la spartizione dell’Europa centrale in seguito alle due guerre mondiali. I vincitori del 1918 avevano modellato una certa Europa secondo il loro concetto; quelli poi del 1945, quella certa Europa se la sono spartita. E noi abbiamo praticamente copiato “l’idea europea” sulla situazione geopolitica e strategica della guerra fredda e degli anni successivi. Non c’è più altro che l’Europa dell’Ovest e l’Europa dell’Est. Tra le due, la cortina di ferro. Ed a Berlino, il muro.
«Il dramma di questa violenza e di questa separazione prende la forma di una perdita di memoria delle maggior parte delle nazioni europee, o almeno di quelle occidentali. […] l’Europa centrale era stata “vampirizzata”, svuotata dei suoi contenuti, della propria sostanza, dai regimi politici di ispirazione marxista-leninista e dagli avvenimenti storici che hanno fatto seguito alla loro instaurazione» (6).
In proposito, prosegue il porporato, «non si è detta la verità sulla spartizione dell’Europa. Ecco tutto. E le nazioni assegnate al blocco dell’Est sono letteralmente sparite dalla coscienza occidentale nel momento stesso in cui le loro società civili si trovavano minacciate, se non addirittura smantellate, dal leninismo e dalle armi sovietiche. Spesso i testimoni non osavano dire nulla. Gli emigrati non dicevano nulla oppure non riuscivano ad essere ascoltati». E, sempre facendo riferimento «all’Europa centrale», il cardinale arcivescovo di Parigi confessa che «noi francesi l’abbiamo 1asciata nell’oblio ed abbiamo coperto di silenzio l’impresa comunista che minaccia i suoi popoli. Non si possono indefinitamente soffocare le genti. Bisogna parlare. C’è sempre gente che parla. Questo lo si vede anche ora, in Russia. Non si può soffocare la vecchia cultura che fa ancora parte della Russia di oggi. È importante non essere complici di questo soffocamento e dare un nome alla violenza che strappa l’Europa a se stessa», ed «è per mezzo della fede che possiamo chiamare con il proprio nome la menzogna omicida che divide l’Europa, l’asservisce o l’acceca quando prende la maschera della dialettica, del materialismo e dell’ideologia».
Se ai «francesi» sostituiamo i «cattolici», e se dilatiamo l’Europa al mondo intero il quadro si ricostruisce nella sua verità fattuale e nella sua tragicità, chiamando «con il proprio nome la menzogna omicida», dando «un nome alla violenza» e rompendo il silenzio su «l’impresa comunista che minaccia i […] popoli», per «non essere complici di questo soffocamento». Ebbene, al cardinale Lustiger il «nome» è sfuggito: si tratta di «una rondine [che] non fa primavera» o di un inizio? Se nulla, assolutamente nulla autorizza a essere ottimisti, la forza di Dio sostiene la speranza proposta a Fatima con la promessa della Vergine santissima: «Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà».
Giovanni Cantoni
Note:
(1) Cfr. I paesi dove Caino regna, in L’eco dell’amore, n. 3, aprile 1984. L’articolo è preceduto da una «lettera ai lettori» firmata da padre Werenfried van Straaten O. Praem. Tutti i riferimenti senza diversa indicazione sono tratti da questi due testi.
(2) MONS. MICHAEL RUSNAK C.SS.R., Intervento in occasione della 137ª congregazione generale, del 28-9-1965, in Il Concilio Vaticano II. Cronache del Concilio Vaticano II edite da «La Civiltà Cattolica» a cura di Giovanni Caprile S.I. Quarto Periodo. 1965, Edizioni La Civiltà Cattolica, vol. V, Roma 1969, p. 115.
(3) MONS. NICHOLAS ELKO. Intervento in occasione della 136ª congregazione generale, del 27-9-1965, ibid., p. 104.
(4) MONS. LUIGI MARIA CARLI, Intervento scritto in occasione della 108ª congregazione generale del Concilio Ecumenico Vaticano II, del 23-10-1964, in GIOVANNI SCANTAMBURLO, Perché il Concilio non ha condannato il comunismo. Storia di un discusso atteggiamento, Editrice L’Appennino, Roma 1967, p. 208.
(5) Ibid., pp. 208-209.
(6) Messaggio al continente dal vescovo dell’Europa, intervista al cardinale Jean-Marie Lustiger raccolta da Gwendaline Jarczyk e Henry Tincq, in Il Sabato, anno VIII, n. 18, 5/11-5-1984. Tutte le affermazioni del porporato francese sono tratte da questo servizio.