Comunicato del Centro Studi “Rosario Livatino” del 13/12/2019
Chi ha proposto l’emendamento alla manovra economica che legalizza la vendita al pubblico di derivati della cannabis se non superano lo 0,5 % di principio attivo, e chi ieri lo ha votato, non usino argomenti privi di fondamento. Non dicano, come hanno fatto, fra gli altri, in una nota i proponenti sen. Mantero e Cirinnà, che “sotto lo 0,5% di Thc la canapa non si può considerare sostanza stupefacente”: perché è smentito dalla tossicologia e dall’esperienza quotidiana.
Il 31 maggio le Sezioni unite della Cassazione avevano ribadito il divieto di cessione contenuto nella legge n. 242/2016, che disciplina la coltivazione della canapa, e avevano escluso che i cannabis shop potessero realizzare una legalizzazione di fatto.
Se il governo porrà la fiducia al Senato e il testo verrà “blindato” alla Camera, questa modifica diventerà legge entro l’anno. Senza la discussione che avrebbe meritato sulle gravi conseguenze della libera vendita: l’inserimento nella legge di bilancio contrasta con i principi di trasparenza dei testi legislativi, che non dovrebbero contenere disposizioni troppo eterogenee rispetto all’oggetto di cui si occupano (come sanzionato dalla Corte cost.). Ignorando volutamente l’attuale diffusione pandemica degli stupefacenti. Passando sopra le tragedie quotidiane di delitti commessi grazie al maggior uso di droga. Consentendo che, “iniziati” alla cannabis con un thc più basso, tanti giovani e meno giovani passino rapidamente a qualcosa di più consistente.
Una manovra economica deve mettere a posto i conti, non favorire la dipendenza dallo stupefacente e il conseguente incremento dei reati. A meno che il “fumo” non valga più dell’arrosto.
Roma, 13 dic. 2019