«Dopo 245 anni di validità»
«Abolita la scomunica contro la massoneria»
Un documento importante sia per il contenuto che per la concisione, che ne fanno un significativo manifesto del «dialogo» filomassonico – pratica espressione del corrispondente «ecumenismo» -, di cui padre Rosario F. Esposito S.S.P. è stato ed è protagonista di fama mondiale, dal momento che «in Italia […] nel settore siamo all’avanguardia».
L’articolo è trascritto integralmente – occhiello, titolo e sottotitoli compresi – da Vita pastorale, anno 71° n. 4, aprile 1983, pp. 66-71. Sono stati omessi solamente, e solamente per ragioni di spazio, il sommario e la bibliografia cui nel testo si fa riferimento e che segue nell’originale la firma dell’autore. È stata aggiunta in nota una opportuna rettifica della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, comparsa sempre in Vita pastorale, anno 72°, n. 1, gennaio 1984, pp. 6-7, nelle lettere al direttore con il titolo Santi, massoni e storici.
Difficoltà obiettive
Duecentoquarantacinque anni per 585 documenti condemnatori: una proporzione di questo genere non credo abbia somiglianze nella storia della Chiesa. Vale a dire nessun «nemico» è stato tante volte esecrato in documenti che toccano tutte le specialità della cancelleria, dall’enciclica alla costituzione apostolica, dal responso al discorso concistoriale o catechetico, dalla codificazione solenne al decreto. E alla base di tutto questo corpus c’è il basso continuo della scomunica che, a seconda dei casi, viene comminata, ribadita, illustrata, aggravata, o almeno sottintesa. Solo in due occasioni essa viene taciuta, e con l’evidente intenzione di venir superata, cioè abolita: 1) nella lettera del Card. Franjo Seper al Card. John Josef Krol presidente della Conf. Ep. USA, 19 luglio 1974; 2) nella promulgazione del Codice di diritto canonico, del 25 gennaio scorso.
Perché tanta inimicizia? È chiaro che non è questa la sede per avviare un discorso di questo genere, quando oltre centomila volumi, dal sec. XVIII ad oggi, si sono posti il problema della Massoneria e molti di essi il problema del rapporto cattolico-massonico. Siamo obbligati a rimandare a questa biblioteca, e per chi ha meno tempo, alle opere più recenti dedicate in Italia – nel settore siamo all’avanguardia – a questo argomento. soprattutto dal P. Caprile e dal sottoscritto. Qui ci limitiamo a richiamare molto sommariamente alcune riflessioni di rilevanza pastorale, nel senso che offrono qualche spunto in ordine al dialogo tra la Chiesa e il Mondo, che non dev’esser fatto solo nelle alte sfere, ma anche – direi, soprattutto – alla base, nella periferia, nei presbiteri anche più umili.
Espresso in soldoni, questo conflitto trova la sua origine nel rifiuto, da parte della Chiesa, delle nuove realtà, nel rigetto di certe strutture che già nel Settecento lasciavano intendere che l’Ancien Regime fortunatamente era morto e sepolto, e che nulla l’avrebbe rimesso in piedi, tant’è vero che le Sante Alleanze e tutte le reazioni non poterono avere che una vita effimera. Si trattava di accettare la logica dei diritti dell’uomo, dell’autodecisione dei popoli, della democrazia, delle libertà civili, delle istituzioni supernazionali (Società delle Nazioni, ONU e derivati, come Unesco, Fao, Bit, Oms, Unicef). In campo più vicino alla religione: la lettura della Bibbia, la libertà religiosa o meglio la tolleranza, il ruolo crescente del laicato, la postulazione dell’elezione popolare per gli uffici gerarchici, il collegamento con le scienze, le lettere, le norme dell’igiene, dell’intesa supernazionale e via di seguito.
Ora che viviamo sotto la scia dell’insegnamento di Leone XIII, di Pio XII, del Concilio e dei suoi meravigliosi Pontefici, queste tematiche sono familiari per tutti, e ci collocano in piena bagarre nella costruzione della comunità umana e cristiana che s’affaccia sul Terzo Millennio. Nei 220 anni anteriori non era così: ogni tentativo di aggiornamento veniva rigettato, il colonialismo veniva ribadito e i «libertadores», come i campioni dei Risorgimenti venivano rigettati e scomunicati, i diritti dell’uomo, ugualmente rigettati, venivano accolti dalla S. Sede solo nel 1949. e lo stesso va detto per l’ingresso all’ONU e a tutti gli organismi derivati. La lettura biblica, ben lo sappiamo, è stata accettata solo negli ultimi decenni, e la libertà religiosa veniva proclamata dalla Dignitatis humanae, con le note e splendide ammissioni dell’art. 12.
La radice della grande lotta tra la Chiesa e la Massoneria è lì. Chi pensasse che intendiamo dire che la Massoneria abbia camminato sempre nel giusto e che sia specchio di angelicità, sarebbe fuori strada, e non conoscerebbe la complessità del tema, e il senso della disputa che dal 1968 portiamo avanti coi fratelli Tre Puntini. Diciamo solo che tendenzialmente la Massoneria s’era mossa sulla strada del futuro, mentre la gerarchia non intese farlo. Non diciamo la Chiesa, perché nel popolo cristiano le persone che si posero alla testa dell’aggiornamento furono eserciti, e i prelati, sacerdoti e religiosi che li accompagnarono e li assistettero furono anch’essi legioni.
Ci rendiamo conto di andare avanti per cenni sommari, che possono dar luogo ad equivoci; ma non abbiamo scelta, lo spazio è poco, e i libri in cui ci spieghiamo – unitamente a tanti altri ecclesiastici e laici – sono a disposizione del lettore.
Grande Oriente e Santa Sede
Al principio del 1969, dopo incontri avvenuti in diverse località, ebbi una fruttuosa discussione col G.M. Giordano Gamberini nel suo ufficio presso il G. Oriente di Palazzo Giustiniani, in ordine all’avvio delle conversazioni cattolico-massoniche del decennio seguente. A un dato punto Gamberini disse: «Tutte le polemiche e le reciproche maledizioni del passato ci si sono spappolate in mano; non hanno più nessun senso». Di lì a qualche giorno m’incontrai con D. Vincenzo Miano, salesiano, segretario dei Segretariato per i non-credenti, allora in Via dell’Erba alla Conciliazione. Ascoltò la relazione sullo stato degli studi e sulla disponibilità del Gran Maestro. e disse: «Da anni cercavo di avviare questo dialogo; faccia tutti i passi plausibili e a nome della S. Sede sarò disponibile. Il passato ci divide; costruiamo il futuro».
Infatti gl’incontri ebbero luogo, prevalentemente alla Casa Divin Maestro di Ariccia, e qualche volta alla sede della Civiltà Cattolica. Non veleggiammo sull’olio – e chi si faceva illusioni? – ma eravamo tutti decisi a lavorare per la pace, e pace fu. Già nella Pasqua del 1971, e poi il 29 giugno del medesimo anno, doveva essere pubblicato un «responso» pontificio che poneva fine alla scomunica. Ma ci si rese ben presto conto che nulla era maturo, e che bisognava mettersi all’aratro, per dissodare due secoli e mezzo di guerra guerreggiata senza quartiere. Fu indispensabile andare incontro a polemiche d’ogni genere, a seccature molto forti, a incomprensioni e a sospetti di tutte le varietà e gradazioni, ma gli Atti dicono proprio così: Paolo combatterà la buona battaglia, ma gli farò capire quanti calci dovrà prendere là dove il sol non luce (cap. 9, versetti 15-16).
Per illuminare questa situazione riporterò una pagina che approntai per l’opera di AA. VV., La libera Muratorìa, Milano, SugarCo, 1978, 298-300.
«È finita dunque la lotta più volte secolare della Chiesa contro la Massoneria, che contraccambiò sempre duramente polemiche e persecuzioni? Tutto lascia credere di sì. Con una certa lentezza, anche la CEI ha finito per assumere in proprio il dialogo Chiesa-Massoneria, così come accade in tutte le nazioni più interessate a questa spinosa questione.
«Il Segretariato dei non-credenti ha passato la mano. Tutto questo accade ancora a livelli discreti, per le ragioni già accennate. Ma accade. Come giudicare le inimicizie e le maledizioni del passato? È ridicolo farlo coi criteri d’oggi; solo un settario potrebbe giungere a tanto. Nel secolo dei lumi, non fu solo la Chiesa a condannare la Massoneria. Lo fecero tutti i governi, senza esclusione alcuna. Quando questi poi accettarono il pluralismo e la democrazia, la Santa Sede continuò a condannare, perché in essa confluiva il carisma religioso e l’istituzione governativa. Lo scandalizzarsene significherebbe non tener conto della realtà delle cose. Inoltre la Massoneria nei paesi latini debordò quasi sempre dalla sua autenticità originaria. Per costituzione essa deve tollerare tutte le confessioni. Da noi fu perseguitata e quando fu potente perseguitò duramente la Chiesa. La conversione è stata necessaria, ma per tutti, a cominciare anche da essa. Le idiosincrasie che abbiamo accennate nella Chiesa, soprattutto nelle sue aree più antiquate e conservatrici, sono presenti anche nelle aree omologhe massoniche. Non raramente, nei lunghi anni di dialogo con questa associazione, l’ho sperimentato. Accettato ampiamente come persona, sovente venivo rigettato dai rappresentanti delle ali più oltranziste, come sacerdote e come portatore di annunci pacifici. Ma l’epoca dei vicendevoli timori pare superata.
«L’esperienza che molti anni di dialogo tra Chiesa e Massoneria ci hanno fatta maturare è questa: mentre i circoli più sensibili all’evoluzione del pensiero e al progresso della storiografia e della teologia non faticano ad accogliere la realtà o almeno l’ipotesi dialogica, quelli integralisti non solo chiudono gli occhi di fronte a questa evoluzione, ma la rigettano animosamente ed anzi la negano con tutta la loro forza. Intendiamo parlare tanto dei circoli ecclesiali che di quelli massonici, naturalmente.
«Per teorizzare il cammino del dialogo, in Massoneria si continua a parlare di oscurantismo, di dogmatismo e di clericalismo cattolico; nella Chiesa, per converso, di satanismo, ateismo, anticristianesimo massonico. Sono tutte realtà che non sussistono e non sono mai sussistite, salvo che in isole trascurabili e patologiche. Nell’ambito cattolico poi lo spauracchio che più usualmente si agita, soprattutto per impensierire le madri e le mogli dei massoni, è la scomunica. Come abbiamo veduto, invece, la scomunica è stata abolita anche giuridicamente nel 1974, ed è unanime la sensazione – mai smentita, a nessun livello – che la codificazione canonica attualmente in corso, giustamente non rievocherà questo strumento repressivo per nessuna realtà mondana. Alla tentazione di risolvere i problemi maledicendoli, il Concilio ben giustamente ha sostituito il dovere di prendere in carica tutte le realtà, spirituali e materiali, visibili e invisibili, per reperirne ed esaltarne la nativa bontà creaturale, e per redimerne le eventuali deviazioni».
Con la diligenza non si va sulla luna
In un’intervista messa in onda dalla Radio Vaticana il 27 gennaio 1981, a Carlo Sacchettoni. che domandava se i rapporti tra Chiesa e Massoneria erano «notevolmente migliorati», rispondevo:
«Non solo sono migliorati, ma possiamo affermare che è avvenuta la riconciliazione tra le due comunità attraverso incontri e studi che hanno inizio addirittura nel 1928, ad opera di un gesuita, P. Hermann Gruber. Questi studi sono poi proseguiti in diverse nazioni, e in Italia abbiamo cominciato il dialogo nel 1968-69. Ci siamo conosciuti meglio, come ordina il decreto del Concilio sull’ecumenismo e tutte le encicliche dialogiche di Paolo VI. Addirittura l’enciclica Redemptor hominis, di Giovanni Paolo II, dai massoni è giudicata un documento che essi sottoscriverebbero a due mani, tanto sono d’accordo con questi temi».
A proposito delle «scomuniche storiche» soggiungevo:
«Sono state revocate, di fatto. C’è la famosa lettera del Card. Seper, prefetto della Congr. per la Dottrina della fede, al Card. Krol, presidente della Conf. Ep. degli USA, del 19 luglio 1974, la quale dice quanto segue: “La disciplina canonica è tuttora valida, ma là dove le associazioni massoniche si rivelano pacifiche, cioè non lottano apertamente contro la Chiesa, questa scomunica non c’è più”. E la conclusione del documento, che appunto chiarisce il problema, è questa: “Resta tuttavia proibito in ogni caso ai chierici, ai religiosi, e anche ai membri degli istituti secolari, di iscriversi a qualsiasi tipo di associazione massonica”. Vuol dire che a tutti gli altri non è proibito …».
Molte sono le considerazioni che potrebbero esser fatte per dimostrare che la sussistenza della scomunica era improponibile sotto tutti i punti di vista, non ultimo questo, che i massoni e tutta la gente, ormai adulta, e non più imbrigliabile negli schemi d’una società chiusa e clericale, della scomunica se ne infischiavano altissimamente, e quindi veniva a mancare quel potere deterrente che in passato – molto remoto, in verità – aveva la sua ragion d’essere. Ma l’aspetto più irritante del problema era questo, che i massoni, specialmente quelli più vicini alla Chiesa, si rendevano perfettamente conto di non meritare una misura del genere, perché i motivi sui quali si fondava non sussistevano, ma provenivano da disinformazione e da leggende.
In ogni caso, specialmente i giuristi massonici, soprattutto Johann K. Bluntschli, mettevano in evidenza l’improponibilità giuridica della condanna, che non era fondata su accuse documentate, non adempiva agli uffici giuridici (difesa, discussione delle accuse, esposizione. della giurisprudenza in base alla quale la sentenza veniva emessa, appello, e via di seguito). In una, parola, non era possibile governare il mondo con un istituto giuridico del 1738: sarebbe come pretendere di andare sulla luna servendosi della diligenza di Casanova o della portantina di Luigi XIV.
S’imponeva un’altra riflessione: bisogna lasciar da parte i romanzi, le confessioni di massoni pentiti e calunniatori, cioè i Taxil, Bataille, Eckert, don Pilla, e portarsi sui documenti costituzionali autentici, e sugli uomini di scienza, come Wolfstieg, Lennhoff, Posner, Mellor, Maruzzi, e quelli che cito in bibliografia.
Infine, mantenendo in piedi questo istituto giuridico, la Chiesa si poneva in una situazione insostenibile anche dal punto di vista civico. Paolo VI va all’ONU, cioè in casa massonica, e vi si trova benissimo; poi va a Ginevra, presso l’Ufficio Internazionale del Lavoro, e ugualmente è bene accolto, come pure il suo successore Papa Wojtila. Con che faccia continuerà a dire a quella gente che è scomunicata? Pio XI, Pio XII, Paolo VI e Papa Wojtyla hanno inneggiato a Simón Bolivar e ai liberatori dell’America Latina, indicandoli anche come modelli di vita: O’Higgins, San Martin, Belgrano, Juarez, tutti massoni; come dimenticare ch’erano tutti massoni e che si battevano per la libertà dei loro popoli? Lo stesso va detto per Daniel O’Connell, eroe della libertà irlandese, fedelissimo alla S. Sede – «il mio cuore a Roma» – ed alla Loggia N. 189 di Dublino e poi alla N. 13 di Limerick?
Ben si sa che tutti questi combattenti furono coadiuvati da vescovi, prelati, sacerdoti e religiosi, che collaboravano nelle Logge e sui campi di battaglia, così come in Italia sempre si ebbero ecclesiastici nelle due situazioni.
A questo proposito non possiamo dimenticare il B. Jean M. Gallot, martire della rivoluzione francese, beatificato da Pio XII, e regolarmente iscritto alla Loggia Union di Laval, che invoco ogni giorno perché assista i fratelli massoni e i loro pastori.
Il nuovo Codice di diritto canonico
Com’è ben noto, dopo la lettera Seper-Krol del 1974, si sono avuti tre documenti della gerarchia che hanno dato l’impressione che il patrimonio del Concilio e dei passi compiuti in tutto il mondo, in ordine al dialogo tra la Chiesa e la Massoneria, fossero stati completamente inutili. In primo luogo la chilometrica dichiarazione dell’Episcopato tedesco (Würzburg, 28 aprile 1980) che affermava e ribadiva l’incompatibilità tra l’appartenenza cattolica e quella massonica. In Germania il dialogo aveva raggiunto traguardi invidiabili prima ancora che in Italia, ma nell’episcopato a un dato momento intervenne il terrore dell’applicazione del Concilio, e agli esperti concilianti, come il Vorgrimler e il Kehl, furono sostituiti esperti reazionari, capitanati dal prof. Audomar Scheuermann, che prepararono la via a questo documento solenne per erudizione, ma fondato su un falso supposto, e cioè che la Massoneria sia una confessione religiosa. mentre le sue costituzioni proclamano l’ammissione in Loggia di persone di tutte le confessioni religiose, dalle quali una sola condizione si esige: fede in Dio e nell’immortalità dell’anima, con la proibizione di avviare qualsiasi discorso religioso e politico, tutt’e due cose che dividono, mentre essi tendono a realizzare la pace e l’unione di tutti gli uomini.
Secondo documento: la Dichiarazione della Congr. per la Dottrina della fede del 17 febbraio 1981, che, apparentemente senza ragioni immediate, si limita a ricordare che la scomunica è ancora in atto, perchè ancora è in vigore il Codice canonico, solo la pubblicazione del nuovo Codice potrà modificare le cose.
Terzo documento: Dichiarazione della Congr. per le Cause dei Santi, del 20 Settembre 1981, che a dire il vero è priva di data, ma in tal giorno fu pubblicata dall’Osservatore Romano. Questo documento, il più squallido di tutta la letteratura pontificia antimassonica, dimostra ad usura che veramente la via delle condanne era impercorribile: tenta anzitutto di negare un fatto storico, l’appartenenza del Gallot alla Massoneria (era stato preparato un documento di «ritrattazione», per il sottoscritto, che aveva parlato della cosa in una conferenza stampa). Ammettendo poi la possibilità del fatto, afferma che questa massonicità è diversa da tutte le altre, e cose del genere. Ma tutta la letteratura pontificia contraddice a questa posizione, rifiutando ogni tentativo di distinzione fra Massoneria buona e Massoneria cattiva, e questo ho già avuto occasione di dimostrarlo in altre sedi, a proposito di questioni analoghe. Infatti la S. Sede non ha mai ammesso distinzioni fra confessioni massoniche, ma le ha sempre condannate tutte, radicalmente (*).
Questi tre documenti si collocano completamente fuori della logica instaurata non solo dal Concilio, ma dal progresso culturale e dell’istanza dialogica, che, come notavamo, fu inaugurata nel 1928, ma proseguì attraverso l’opera diuturna di cattolici e massoni di buona volontà e di gran cultura (ricordiamo almeno i PP. Berteloot, Riquet, O’Brien, i Card. Cushing ed Etchegaray, e i massoni Antoine, Lepage, Vogel, ecc.). Soprattutto attestano che nella dirigenza cattolica manca la coordinazione, perché tutto il lavoro dei dialoganti veniva riferito per iscritto sia alla Congr. per la Dottr. della fede che allo stesso Paolo VI. Sembra si sia applicato invece il principio: «non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra». I tre organi gerarchici anzidetti mostravano di non conoscere questa attività, né le due inchieste effettuate proprio dalla Congr. per la dottrina della Fede presso tutti i vescovi del mondo negli anni ‘60, che s’erano entrambe espresse per l’abolizione della scomunica.
Attestano che sarebbe indispensabile un Dicastero ecclesiastico simile a quello del Ministero per i rapporti col Parlamento, o almeno un Dicastero della cultura – qualcosa in questo senso è cominciato, almeno presso il Vicariato, come si sa – il quale tuttavia non farà nulla di buono se prima non s’afferma il principio d’un Ministero della libertà o, se si preferisce, della Mündigkeit, cioè dell’età adulta, come diceva Mons. Josef Tomé.
La pubblicazione dell’attuale Codice di diritto canonico finalmente mette la parola fine a questo laborioso iter polemico di 245 anni. Non parla di abolizione della scomunica, ma esclude il termine dalla legislazione che riguarda le associazioni potenzialmente riportabili al comune denominatore massonico, come potrebbero esserlo quelle laiciste, umaniste, magari anche anticlericali. Per nostra fortuna però non nomina nemmeno la Massoneria, pur lasciandola vedere in filigrana là dove parla di «macchinazioni contro la Chiesa».
Sennonchè i legislatori dimostrano di non riuscire a liberarsi dei ricordi del Potere temporale. Solo a quei tempi era comprensibile una misura avversa a coloro che attentavano alla stabilità del governo e delle istituzioni, l’applicazione di queste misure oggi è improponibile. Chi congiura contro la Chiesa? O si pensa ad Alì Agca, o agli eretici, scismatici, o magari ai contestatori. o ai professori universitari: Rosmini, Newman, Küng, De Lubac, Congar, che poi non sempre hanno torto, anzi!
Ma non ci dilunghiamo in dotte disquisizioni. Ci basta notare che con questo canone si chiude un problema spinoso e annoso; anche se si esce da una porta secondaria, si applica in qualche modo l’istanza ecumenica. Ci sembra comunque interessante confrontare il dettato canonico con la Parola di Dio. L’istituto della scomunica indubbiamente ha le sue giustificazioni storiche e forse dogmatiche, se applicato all’interno della comunità cristiana; non lo comprendiamo, se applicato all’esterno, cioè a coloro che si oppongono, anche con la violenza, alla dirigenza o al popolo cristiano.
Lasciamo ai lettori il giudizio. Ci basta anche quello dei bambini della Prima Comunione:
Libro VI, Titolo II, De delictis contra ecclesiasticam Auctoritatem et Ecclesiae libertatem.
Canone 1374: Qui nomen dat consociationi, quae contra Ecclesiam machinatur, justa poena puniatur; qui autem ejusmodi consociationem promovet aut moderatur, interdicto puniatur.
Traduzione: Chi si iscrive ad un’associazione che cospira contro la Chiesa, sia punito con una giusta pena; colui che è a capo o che dirige un’associazione di questo genere, sia punito con l’interdetto.
Matteo, V, 11-12: «Beati siete voi quando vi insultano e vi perseguitano, quando dicono falsità e calunnia contro di voi, per il fatto che siete miei discepoli. Siate lieti, perché Dio vi ha preparato una grande ricompensa: infatti, prima di voi, anche i profeti furono perseguitati».
Matteo, V, 41ss: «Sapete che si dice “Ama i tuoi amici, odia i tuoi nemici”. Ma io vi dico: “Amate i vostri nemici, pregate per quelli che vi perseguitano. Così diventerete figli di Dio, vostro padre, che è nei cieli … Se amate solo quelli che vi amano, che merito avete? Anche i malvagi si comportano così …”».
Romani, XII, 14: «Chiedete a Dio di benedire quelli che vi perseguitano, non di castigarli … Andate d’accordo con tutti …».
Noi sentiamo parecchia fatica, nel riconoscere in queste righe canoniche la parentela con la tradizione biblica, soprattutto neotestamentaria. Perchè essa potesse presentarsi plausibile, dovremmo riuscire a immaginare Stefano, Paolo, Pietro e Giovanni incarcerati, la comunità dell’epoca dei Martiri, per non dire, addirittura Gesù dinanzi a Pilato o sulla croce, per indovinarne – anzi leggerne – il comportamento. Nessuno di loro viene sorpreso a invocare punizioni o interdetti sulla testa dei persecutori, dei giudici o dei carnefici. Invocano invece perdono, proclamano attenuanti («Non sanno quello che fanno»; «Se ho parlato male, dimostramelo, se bene, perché mi percuoti?»; «Perdona loro» …).
Così hanno fatto anche i perseguitati dei due millenni. Così dovrebbe fare anche il CIC. Almeno, ci sembra.
Rosario F. Esposito
Nota:
(*) «La Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, chiamata in causa, a proposito dell’articolo pubblicato su questa Rivista nel numero di aprile 1983 “Abolita la scomunica contro la Massoneria” del rev.do p. Rosario F. Esposito, ribadisce la piena validità della Dichiarazione del 20 settembre 1981, che qui riproduciamo:
“È apparsa sulla stampa la notizia che con la beatificazione di Giovanni Maria Gallot (1747-1794), viceparroco della Trinità e cappellano delle Benedettine di Laval, appartenente al gruppo dei martiri della medesima città, messi a morte il 21 gennaio 1794, e beatificati il 19 giugno 1955, la Chiesa avrebbe portato sugli altari un prete che si considera appartenente alla Massoneria.
“La notizia, così come è stata presentata alla stampa, con evidenti benevoli intenti nei confronti della Massoneria, è per lo meno equivoca.
“1. Dagli atti raccolti nella lunga indagine che ha preceduto la beatificazione del Servo di Dio, nessun indizio è emerso che porti a segnalare il Gallot come iscritto alla Massoneria.
“Nulla al riguardo, infatti, è detto nella prima raccolta di notizie, fatta dall’ex magistrato di Laval, poi parroco della SS. Trinità, can. Isidoro Boullier, e pubblicata a Laval nel 1841 (Mémoires ecclésiastiques concernant la ville de Laval et ses environs, diocèse du Mans, pendant la Révolution de 1789 à 1802); nulla risulta nelle nuove acquisizioni archivistiche, condotte da Francesco Gasnier, professore di storia e geografia a Laval, la cui Mémoire (del 1918) è stata pubblicata nella ufficiale Positio super introductione causae et super martyrio (Sectio Hist. n. 44, Typis Polyglottis Vaticanis, pp. 115-139).
“2. Beatificando il sacerdote Gallot, la Chiesa ha riconosciuto in lui un martire della fede, il quale: a) fin dal 1791 risultò di prestare il giuramento costituzionale, e per conseguenza lasciò l’ufficio di vicario, vivendo nella miseria; b) nel dicembre 1792 fu internato alla Patience e solo perchè dichiarato “très inferme” fu risparmiato dalla deportazione: c) liberato dai Vandeani, fu di nuovo arrestato; d) finalmente fu condannato alla ghigliottina il 21 gennaio 1794. perché aveva dichiarato di voler rimanere sempre cattolico.
“3. Pertanto, ammesso anche che il Gallot, prima della Rivoluzione francese, appartenesse all’Union di Laval, che il Dictionaire de la Franc-Maçonnerie et des Francs-Maçons (Editions Pierre Belfond, Paris. s.a., p. 265) definisce come loggia massonica, non sarebbe, evidentemente, né logico né corretto trarne argomento per concludere che, beatificandolo, la Chiesa avrebbe implicitamente ammesso la liceità, per un ecclesiastico, di appartenere alla detta Unione.
“Prima della Rivoluzione, come è noto, molte logge erano sorte a scopo corporativo ed operativo, né avevano quel carattere che la Massoneria ha avuto a partire dal Secolo XIX; ma anche se la loggia di Laval fosse stata massonica nel senso condannato dalla Chiesa e il Gallot vi avesse dato la sua adesione (cosa, semmai, da dimostrare), con il suo martirio egli avrebbe lavato questa, come eventuali altre colpe, anche, in ipotesi, gravi del suo passato, per diventare un eroe della Fede, professata sino all’effusione del sangue” (L’Osservatore Romano del 20 settembre 1981, p. 2).
Com’è evidente, trattasi di una smentita di valore storico, in base all’esame della documentazione raccolta in occasione della Causa: la documentazione, raccolta da storici di professione, dovrebbe essere combattuta – se del caso – allegando documenti in contrario finora sconosciuti.
Il p. Rosario F. Esposito, che a quanto ci risulta è laureato in storia, non ha fatto nulla di simile».