Giovanni Paolo II, Cristianità n. 152 (1987)
Discorso a un gruppo di Vescovi polacchi in visita ad limina Apostolorum, del 17-12-1987, nn. 5-7, in L’Osservatore Romano, 18-12-1987. Titolo redazionale.
Diritto di proprietà e persona
[…] il diritto alla libertà religiosa non può rimanere isolato tra l’insieme dei diritti della persona umana e delle comunità umane e delle società. Questi diritti riguardano molti aspetti dell’esistenza dell’uomo nell’ambito della società. Da un lato essi condizionano la dignità dovuta ad ogni persona (ovviamente: essi stessi non la formano ancora, essa infatti deve essere elaborata definitivamente dall’uomo come soggetto consapevole e responsabile) — d’altro lato i diritti di cui si tratta, rendono giusta la vita della comunità stessa garantendone la sua autentica soggettività.
Sullo sfondo di una profonda crisi, vissuta attualmente dal nostro Paese [la Polonia], sembra che quel «prezzo della libertà», alla quale esorta l’Atto del Millennio a Jasna Góra, deve essere esaminato anche sotto l’aspetto di ben intesi diritti dell’uomo nel campo socioeconomico.
Verso il termine del ventesimo secolo questo problema deve essere ripreso nel contesto delle condizioni e circostanze attuali.
Il diritto di proprietà è unito alla persona, anche quando si tratta della proprietà dei mezzi di produzione — è unito perché l’uomo sin dall’inizio è stato nominato dal Signore come padrone della creazione visibile. È unito affinché possa essere correttamente liberata l’iniziativa economica, che serve non solo l’individuo ma anche la società. Questo principio, ritenuto da S. Tommaso espressione del diritto di natura (cfr. Summa Theol., II-II, q. 66, art. 2, in c. e nella risposta ad 1. um; cfr. anche I-II, q. 94, art. 5, ad 3), appartiene a tutta la tradizione della dottrina sociale della Chiesa, dalla Rerum novarum sino alla Laborem exercens.
Naturalmente il principio così posto non ha nulla in comune con l’assolutizzazione della proprietà dei mezzi di produzione. Per questa ragione parliamo addirittura dell’«ipoteca sociale» che grava sulla proprietà, riconoscendo allo Stato — per il bene dell’insieme dei cittadini — il diritto di controllo in questo campo. Tuttavia una cosa è questo diritto e un’altra il distogliere — da parte del sistema — l’uomo dal banco di lavoro a lui proprio, l’annientamento dell’iniziativa economica, ed indirettamente privarlo del senso del lavoro stesso.
Questi sono i sintomi da noi conosciuti di una crisi che non può essere curata solo in superficie.
Vi sarò molto grato, se vorrete rifletterci su e sviluppare sul banco di lavoro dell’attività della Chiesa in Polonia ciò che ho detto oggi, per forza con grande brevità.
Naturalmente, noi non siamo politici né economisti. Conosciamo invece la dimensione etica e della politica e dell’economia. Siamo in grado anche in questo campo di distinguere il bene dal male.
Giovanni Paolo II