Gli Stati Uniti fra Costituzione e disinformazione
Pur certamente non condividendo tutte le scelte politiche dell’amministrazione Reagan, riteniamo tuttavia di estremo interesse far conoscere il punto di vista del presidente degli Stati Uniti su aspetti importanti della vita politica internazionale e della relativa politica americana e, in modo particolare, sui temi dell’anticomunismo e della disinformazione come arma e come manovra della guerra psicologica rivoluzionaria.
Nell’intervista concessa ad Arnaud de Borchgrave, direttore di The Washington Times — intervista di cui pubblichiamo un’ampia sintesi per gentile concessione del qualificato quotidiano statunitense — Ronald Reagan lega le incertezze della politica estera americana a quella che gli esperti hanno definito una «crisi costituzionale», in cui il potere legislativo — il Congresso — cerca, ormai da parecchi anni, di espandersi comprimendo l’autonomia dei singoli Stati della federazione, l’indipendenza del potere giudiziario e — fra l’altro — anche le prerogative del potere esecutivo, cioè della presidenza. Infatti, se è vero che, in tema di politica estera e di aiuti obbiettivi all’espansionismo sovietico, anche il potere esecutivo statunitense ha avuto e ha le sue spesso rilevanti responsabilità, è ugualmente vero che il Congresso ha avuto responsabilità più gravi, schierandosi sistematicamente più a sinistra della presidenza. E poiché la tendenza continua, Ronald Reagan enuncia una serie di buone intenzioni a proposito di situazioni come quelle in cui versano l’Angola e il Nicaragua e di temi come il disarmo, ma dichiara con tutta franchezza che non sa se tali buone intenzioni potranno tradursi in fatti appunto a causa della prevedibile opposizione da parte del Congresso.
Alla spontanea domanda relativa a come mai lo stesso elettorato abbia scelto un presidente e un Congresso in così radicale contrasto fra loro su argomenti tutt’altro che secondari, Ronald Reagan — senza escludere affatto infiltrazioni dirette dell’apparato spionistico sovietico nel Congresso — attira l’attenzione sul ruolo crescente del «quarto potere», costituito dalla stampa e dalla televisione, che si inserisce nella delicata dinamica fra i tre poteri tradizionali, favorendo in specie il Congresso e in genere le forze ostili all’anticomunismo. Con particolare energia l’attuale presidente degli Stati Uniti denuncia la disinformazione, le infiltrazioni sovietiche nei media e l’opera, purtroppo coronata da successo, di agenti del comunismo internazionale che, insieme a «utili idioti», hanno fatto diventare «fuori moda» l’anticomunismo. E se talora — benché raramente — i media possono essere sconfitti in occasione di una campagna presidenziale, nel corso della quale vengono discussi direttamente i grandi temi della politica interna e internazionale, essi condizionano molto più pesantemente le elezioni per il Congresso, dal momento che, in pratica, nessun singolo deputato o senatore ha la forza — che gli stessi presidenti trovano raramente — di resistere all’aggressione sistematica e maliziosa dei mezzi di comunicazione di massa.
Nell’intervista Ronald Reagan non affronta il tema di cosa sia possibile fare per reagire allo strapotere dei media infiltrati da socialcomunisti o pervasi da una mentalità filocomunista. E comunque importante che, chiunque intenda opporsi al comunismo e all’espansionismo sovietico — quali che siano le modalità con cui si propagano —, si renda conto del problema costituito dalla disinformazione e dalle sue dimensioni — enormi, se tali da paralizzare perfino l’azione di un presidente degli Stati Uniti —, con ciò compiendo un primo passo nella direzione di una reazione e di una resistenza.