Marco Invernizzi, Cristianità n. 114 (1984)
Da una biografia del cardinale Andrea Ferrari un equivoco intervento de La Civiltà Cattolica, «attualizzato» da L’Espresso, apre una schermaglia su aspetti teologici, culturali e disciplinari del pontificato di Papa Sarto, nel 70º anniversario della morte del grande Pontefice e nel 30º della sua canonizzazione.
Un nuovo episodio di una polemica mai sopita
Apologia del modernismo e denigrazione di san Pio X
Settanta anni fa, il 20 agosto 1914, moriva san Pio X, lasciando incompiuto uno sforzo straordinario per «restaurare ogni cosa in Cristo» (1), cioè per «richiamare alla disciplina della Chiesa il consorzio umano allontanatosi dalla sapienza di Cristo» (2).
La sua azione di riforma e di restaurazione tendeva a continuare e soprattutto ad applicare la straordinaria opera dottrinale – il cosiddetto corpus Leonianum – concepita dal suo predecessore, Leone XIII, nel corso del suo lungo pontificato. Il compendio della dottrina cristiana (3); l’inizio della riforma che porterà alla promulgazione del Codice di Diritto Canonico (4); i decreti eucaristici tendenti a favorire la comunione frequente (5) e ad anticipare la comunione ai bambini (6); gli interventi per favorire il ripristino della musica sacra e del canto gregoriano nelle celebrazioni liturgiche (7); la ristrutturazione del movimento cattolico italiano dopo la soppressione dell’Opera dei Congressi (8), sono soltanto alcuni degli atti del Magistero dottrinale e pastorale di san Pio X che hanno profondamente segnato la storia della Chiesa contemporanea.
Indubbiamente, però, ciò che maggiormente attira l’attenzione degli storici del pontificato di san Pio X -, e che continua a dividerli – è la lotta contro la eresia modernistica, con gli atti del Magistero che la caratterizzarono (9).
La recente pubblicazione di un volume sull’episcopato del cardinale Andrea Carlo Ferrari (10), infatti, ha fornito la occasione per una nuova esplosione di una polemica mai sopita all’interno del mondo cattolico, a conferma di uno scontro né accademico né occasionale, ed espressione della esistenza di un tentativo di snaturare la fede cattolica, tentativo che cambia nelle forme, adattandosi ai tempi, ma che mantiene inalterata la sua sostanza ereticale.
Tutto è cominciato con la recensione del libro in questione scritta da padre Bartolomeo Sorge su La Civiltà Cattolica (11); in essa, il direttore della rivista dei gesuiti – prendendo spunto dall’ampia trattazione che Carlo Snider dedica alle Convergenze e divergenze nell’esperienza umana e pastorale di Giuseppe Sarto e Andrea Ferrari (12) – affronta il tema del programma pastorale di san Pio X, con particolare riferimento alla lotta contro il modernismo.
La recensione – sia per la importanza della rivista, sia per la delicatezza del tema trattato, sia, soprattutto, per i riferimenti e per le indicazioni offerte ai cattolici di oggi in essa contenuti – non passa inosservata. Viene dapprima commentata da Sandro Magister sulle pagine de L’Espresso dove – senza troppe «mediazioni» e con l’evidente scopo di fare emergere dal testo ciò che egli ritiene vi sia sottinteso – si attribuisce a padre Sorge la intenzione di paragonare san Pio X all’attuale Pontefice che, circondato e coadiuvato dagli integristi di Comunione e Liberazione, sarebbe «contro il cardinale Carlo Maria Martini e gli altri dirigenti dell’episcopato italiano» (13). Alla tesi di Magister rispondono Rocco Buttiglione e Cesare Cavalleri, denunciando il tentativo di «riabilitare le distorsioni moderniste» (14) e invitando «il direttore di Civiltà Cattolica […] a chiarire la sua posizione» (15). A questo punto, la polemica suscitata dall’episodio sembra conclusa, almeno a livello pubblico. Ma, prima di depositarla in archivio, mi pare opportuno mettere in risalto ciò che rimarrà di essa, o meglio ciò di cui essa ha rappresentato soltanto un momento.
Si tratta di un episodio forse destinato a ripetersi, se è vero che il tema sembra stare particolarmente a cuore a padre Sorge, il quale ne aveva già abbondantemente trattato alcuni anni fa, seppure soprattutto in relazione all’«integrismo» (16).
Proprio padre Sorge offre lo spunto per cogliere il motivo per cui la polemica non può essere considerata occasionale. Scrivendo a proposito «della crisi spirituale dell’epoca» di san Pio X, la descrive come «una crisi che ha radici lontane tre secoli, di cui il modernismo dei giorni di Pio X fu soltanto un momento culminante, e la cui spinta ancora non s’è esaurita, anzi – per più d’un aspetto – sembra addirittura voler rinverdire» (17).
Dunque, esiste una crisi, iniziata con la Riforma protestantica, che ha invaso la società e da essa è ritornata nella Chiesa, e di cui il modernismo rappresenta «soltanto un momento», che oggi «sembra addirittura voler rinverdire».
Posto che non può esistere alcuna crisi che non sia prodotta volontariamente dalla libertà di alcuni uomini, di fronte a questa «crisi provocata», nel corso della storia degli ultimi secoli i cattolici si sono sempre divisi: alcuni per opporsi a essa e per «rimettere nell’antico onore le leggi santissime ed i consigli del Vangelo» (18); altri, come i modernisti, per blandirla, per «mediare» tra essa e la dottrina cattolica, diffondendo «gli errori mostruosi sulla evoluzione del dogma, sul ritorno al Vangelo puro, vale a dire, sfrondati delle spiegazioni della Teologia, delle definizioni dei Concili, delle massime dell’ascetica; sulla emancipazione della Chiesa e sull’adattamento ai tempi in tutto, nel parlare, nello scrivere, nel predicare una carità senza fede che apre a tutti la via dell’eterna rovina» (19). Da questa divisione nasce inevitabilmente lo scontro e, quindi, quella «repressione ecclesiastica» di cui scrive padre Sorge (20). Questa, peraltro, non fu «violenta e indiscriminata» né può essere contrassegnata dalla «mancanza di discernimento» (21), perché «il modernismo è stato condannato da san Pio X non perché proponeva una risposta ai problemi del mondo moderno, ma perché rappresentava la risposta sbagliata ai problemi del mondo moderno» (22). San Pio X ne era talmente convinto – «l’errore che si vuol diffondere ai nostri dì, è ben più micidiale di quello dei tempi di Lutero» (23) – che arrivò a definirlo «il compendio ed il veleno di tutte le eresie che tende a scalzare i fondamenti della fede e ad annientare il Cristianesimo» (24).
Non un male di poco conto, dunque, ma il male più pericoloso del tempo, sia per la Chiesa che per la società. La crisi a cui facevo riferimento, infatti, cominciata nella Chiesa con la Riforma protestantica e verificatasi all’interno di una società ancora strutturalmente cristiana, era inevitabilmente trasferita nella società stessa, Come al liberalismo religioso dei protestanti era seguito il liberalismo politico che sfociò nella Rivoluzione francese, così al relativismo dogmatico del modernismo teologico seguiva il modernismo sociale e politico, che tendeva a separare l’azione sociale e politica dalla morale e lo Stato dalla Chiesa, attraverso il cosiddetto «aconfessionalismo».
San Pio X non mancò di intervenire anche su questo punto. Lo farà con un documento tanto importante – nel giudizio del suo biografo ufficiale sarebbe secondo soltanto alla enciclica Pascendi (25) – quanto poco conosciuto o, forse, volutamente ignorato, cioè la lettera apostolica Notre charge apostolique.
Se, dunque, padre Sorge avesse avuto la bontà di citare questo documento, avrebbe potuto evitare di ingenerare equivoci presso i lettori de La Civiltà Cattolica. Infatti, egli scrive che «di fronte al nuovo, la Chiesa di Pio X ebbe soprattutto paura» (26); ma quel «nuovo» con cui «la Chiesa poteva e doveva “riconciliarsi”» (27), avrebbe potuto diventare quella civiltà cristiana descritta e auspicata da san Pio X e dai suoi predecessori soltanto rinunciando ai principi che ne stavano alla origine. Oppure è proprio il concetto stesso di civiltà cristiana che viene attaccato indirettamente attraverso frasi come questa: «l’aver ritenuto che la “cristianità” medievale fosse l’unica traduzione storica valida del Vangelo impedì di comprendere che questo poteva e doveva animare e ispirare anche la visione moderna dell’uomo» (28)?
Nella Notre charge apostolique, san Pio X si riferiva alla cristianità medioevale non come all’«unica traduzione storica del Vangelo» – quasi che la Rivelazione divina non fosse essenzialmente superiore alle sue traduzioni storiche, e che tra la Chiesa e queste non vi fosse almeno la stessa differenza che intercorre tra Nostro Signore Gesù Cristo, il modello perfetto, e i santi canonizzati, che non potranno mai essere confusi con tale divino modello -, ma come a società strutturalmente cristiana, la cui memoria storica doveva quindi essere necessariamente difesa, anche per dimostrare la possibilità e la bontà di una incarnazione storica dei principi cristiani.
Inoltre, riferendosi alla cristianità medioevale, san Pio X indicava contro quale società storica la Rivoluzione si era scagliata, ed esortava affinché l’azione politica e sociale dei cattolici non mirasse a «cambiare le sue [della società] naturali e tradizionali basi», e non promettesse «una società futura costruita su altri principi, che essi [i rivoluzionari] osano dire più fecondi, più benefici dei princìpi sui quali poggia l’attuale società cristiana» (29).
Infatti, dice ancora che «non si edificherà la società diversamente da come Dio l’ha edificata; non si edificherà la società se la Chiesa non ne pone le basi e non ne dirige i lavori; non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole. Essa è esistita ed esiste; è la civiltà cristiana, è la società cattolica. Non si tratta che di instaurarla, ristabilirla incessantemente sulle sue naturali e divine fondamenta contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà: “Omnia instaurare in Christo”» (30).
Un’ultima considerazione, forse la più importante nella prospettiva di una efficace opposizione di fronte al pericolo modernistico. Rocco Buttiglione, nell’articolo citato, scrive: «Il limite che si può identificare nell’azione di san Pio X è, semmai, che essa fu più disciplinare che culturale e proprio per questo riuscì a contenere il modernismo, lo obbligò a nascondersi, ad interrarsi come un fiume carsico approfittando della complicità ipocrita di un certo costume clericale, ma non potè rimuoverne le radici» (31). Mi sembra una concessione inesatta e inutile agli avversari di Papa Sarto, che tra l’altro non regge all’esame attento degli atti del suo magistero, in particolare di fronte allo straordinario spessore culturale della enciclica Pascendi e della lettera apostolica Notre charge apostolique.
Mi pare, invece, che si debba notare come, molto correttamente da un punto di vista pastorale, «il modernismo […] fu debellato prima culturalmente e poi disciplinarmente, dato che le precisazioni magisteriali diventano operative quando si accompagnano a provvedimenti disciplinari» (32). Semmai, al contrario, si può dire che il merito di san Pio X fu proprio quello di combattere il modernismo anche disciplinarmente, non limitandosi – come spesso accadrà successivamente – a pure condanne dottrinali non seguite da adeguati provvedimenti disciplinari.
Così facendo, oltretutto, si smaschererebbe il sottile tentativo operato dai denigratori del pontificato di san Pio X – tra cui anche Carlo Snider e padre Sorge – consistente nell’attaccare l’entourage del Papa non volendo, o non potendo, attaccare direttamente un Pontefice canonizzato dalla Chiesa: «persone di scarsa levatura, di poca sensibilità per le condizioni dei tempi, tutti omogenei al modo di sentire del Papa, quindi incapaci di fornirgli un contributo intelligente, leale e costruttivo» (33), da cui emerge, tra l’altro, la tesi davvero peregrina secondo cui, per essere «intelligente, leale e costruttivo» collaboratore del Papa, bisogna dissentire dal suo «modo di sentire».
Queste ultime parole, se da un lato ci danno la misura del tentativo di squalificare l’azione di san Pio X e dei suoi collaboratori contro il modernismo, dall’altro non devono essere sottovalutate, anche a causa dell’autorevolezza – soprattutto passata – de La Civiltà Cattolica da cui provengono: perché anche oggi, come giustamente è stato scritto, «ciò che è in questione, in realtà, è l’essenza stessa del dogma cristiano» (34).
Marco Invernizzi
Note:
(1) SAN PIO X, Enciclica E supremi apostolatus, del 4-10-1903, in Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, 4ª ed., dall’Oglio, Milano 1964, p. 522.
(2) Ibid., p. 525.
(3) Cfr. Catechismo maggiore promulgato da san Pio X, 4ª ed., Ares, Milano 1981; cfr. anche SAN PIO X, Enciclica Acerbo nimis, del 15-4-1905, sull’insegnamento del catechismo, in Insegnamento del catechismo e predicazione, Edizioni Paoline, Roma 1966, pp. 1-17.
(4) Cfr. IDEM, Motu proprio Arduum sane, del 19-3-1904, in Actes de Pie X, vol. I, Bonne Presse, Parigi s.d., pp. 192-197.
(5) Cfr. IDEM, Decreto Sacra Tridentina Synodus, del 20-12-1905, in La Liturgia, insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, trad. it., 2ª ed. aggiornata, Edizioni Paoline, Roma 1962, pp. 211-218.
(6) Cfr. IDEM, Decreto Quam singulari, dell’8-8-1910, ibid., pp. 227-238.
(7) Cfr. IDEM, Motu proprio Tra le sollecitudini, del 22-11-1903, ibid., pp. 193-205.
(8) Cfr. IDEM, Enciclica Il fermo proposito, dell’11-6-1905, ai vescovi d’Italia. in Il laicato, insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, trad. it., Edizioni Paoline, Roma 1962, pp. 211-231.
(9) Cfr. IDEM, Decreto Lamentabili, del 3-7-1907, con cui si condannano 65 proposizioni modernistiche; e IDEM, Enciclica Pascendi dominici gregis, del 8-9-1907, in Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, cit., rispettivamente alle pp. 623-628 e 577-621; sul modernismo sociale, cfr., in ordine cronologico, IDEM, Motu proprio Fin dalla prima, del 18-12-1903 sull’azione popolare cristiana, in Cristianità, anni I, n. 2, novembre-dicembre 1973; IDEM, La lettera circolare, del 1-3-1965, al cardinale Domenico Svampa, arcivescovo di Bologna, sui democratici cristiani autonomi d’Italia, in Actes de Pie X, vol. II, «Questions Actuelles», Parigi s.d., pp. 58-59; IDEM, Enciclica Vehementer, dell’11-2-1906, che condanna la separazione dello Stato della Chiesa in Francia, in Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, cit., pp. 556-567; IDEM, Lettera apostolica Notre charge apostolique, del 25-8-1910, all’episcopato francese, contro le teorie politiche e sociali del Sillon, in La pace interna delle nazioni, insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, trad. it., 2ª ed., Edizioni Paoline, Roma 1962, pp. 268-298; IDEM, Enciclica Singulari quadam, del 24-9-1912, sui sindacati cattolici in Germania, parzialmente in I documenti sociali della Chiesa. Da Pio IX a Giovanni Paolo II (1864-1982), Massimo, Milano 1983, pp. 169-173.
(10) Cfr. CARLO SNIDER, L’episcopato del cardinale Andrea C. Ferrari, vol. II, I tempi di Pio X, Neri Pozza, Vicenza 1982. Per una adeguata valutazione dello studio; cfr. anche IDEM, L’episcopato del cardinale Andrea C. Ferrari, vol. I, Gli ultimi anni dell’Ottocento, Neri Pozza, Vicenza 1981.
(11) Cfr. P. BARTOLOMEO SORGE, S.J., I difficili rapporti tra Pio X e il card. Andrea Carlo Ferrari, in La Civiltà Cattolica, anno 135, n. 3217, 7-6-1984, pp. 44-52. Per esattezza, il libro di Snider era già stato recensito da Giuseppe Mellinato, in L’Osservatore romano, 23-5-1984, commento aspramente criticato in sì sì no no, anno X, n. 10, agosto 1984. Inoltre, vi era stata un’altra recensione dell’opera da parte di Giancarlo Zizola, tendente a mettere in dubbio la canonizzazione stessa di san Pio X e quindi, per conseguenza logica, la infallibilità della Chiesa quando canonizza: «[…] non si può escludere che anche i giudici delle cause dei santi incorrano talora in errori di valutazione così decisivi da decretare un’aureola che potrebbe essere in seguito contestata» (C’è anche qualche aureola contestata, in Oggi, anno XL, n. 10, 7-3-1984). All’articolo di Zizola ha risposto padre Ferdinando da Riese Pio X O.F.M. Capp. compaesano di Papa Sarto, sul settimanale diocesano di Treviso, sostenendo che: «Non mi pare tuttavia serio che un “settimanale di politica, attualità e cultura” – come si qualifica Oggi – vada alla ricerca di aspetti negativi di un Papa e di un Santo, e con la facile penna di un Giancarlo Zizola li propini al pubblico dei suoi lettori, che non sempre li possono appurare e approfondire e chiarire» (La vita del popolo, 25-3-1984).
(12) Cfr. C. SNIDER, op. cit., pp. 209-295.
(13) SANDRO MAGISTER, A stelle e strisce, in L’Espresso, anno XXX, n. 34, 26-8-1984.
(14) CESARE CAVALLERI, Chi vuole riabilitare le distorsioni moderniste?, in Avvenire, 1-9-1984.
(15) ROCCO BUTTIGLIONE, Modernismo, eresia di moda che cavalca il Concilio, in Il Sabato, anno VII, n. 35, 1-9-1984.
(16) Cfr. B. SORGE S.J. e GIUSEPPE DE ROSA S.J., Fede cristiana ed integrismo, in La Civiltà Cattolica, anno 129, n. 3064, 18-2-1978, pp. 313-324. A proposito di questo intervento, cfr. GIOVANNI CANTONI, L’anti-integrismo come «dis-integrazione» della fede, in La «lezione italiana», Cristianità, Piacenza 1980, pp. 203-219.
(17) B. SORGE S.J., I difficili rapporti tra Pio X e il card. Andrea Carlo Ferrari, cit., p. 45.
(18) SAN PIO X, Enciclica E supremi apostolatus, cit. p. 525.
(19) IDEM. Allocuzione concistoriale. del 15-4-1907, cit. in P. GIROLAMO DAL-GAL O.F.M. Conv., Insegnamenti di san Pio X, Edizioni Paoline, Bari 1957, p. 116.
(20) B. SORGE S.J., I difficili rapporti tra Pio X e il card. Andrea Carlo Ferrari, cit., p. 45.
(21) Ibidem.
(22) C. CAVALLERI; art. cit.
(23) SAN PIO X, Lettera a mons. Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona, del 14-10-1911, in IDEM, Lettere, raccolte da Nello Vian, 2ª ed. riveduta, Gregoriana, Padova 1958, p. 376.
(24) IDEM, Allocuzione concistoriale, del 15-4-1907, cit., p. 116.
(25) «Nessun dubbio che la Lettera Apostolica “Notre charge apostolique” del 25 Agosto 1910 tra i documenti del santo Papa non sia il più grande dopo l’Enciclica “Pascendi”, perchè il Modernismo sociale altro non era che la conseguenza diretta e necessaria del Modernismo filosofico e religioso che scendeva ad intaccare l’intiero sistema democratico-sociale» (P. G. DAL-GAL O.F.M. Conv., Beato Pio X Papa, a cura della Postulazione della Causa del B. Pio X, Il Messaggero di S. Antonio, Padova 1951, p. 466).
(26) B. SORGE S.J., I difficili rapporti tra Pio X e il card. Andrea Carlo Ferrari, cit., pp. 45-46.
(27) Ibid., p. 45.
(28) Ibidem.
(29) SAN PIO X, Lettera Notre charge apostolique, cit., p. 274.
(30) Ibidem.
(31) R. BUTTIGLIONE, art. cit.
(32) C. CAVALLERI, art. cit.
(33) B. SORCE S.J., I difficili rapporti tra Pio X e il Card. Andrea Carlo Ferrari, cit., p. 48.
(34) R. BUTTIGLIONE, art. cit.