Saggio tratto da: CESNUR. CENTRO STUDI SULLE NUOVE RELIGIONI, Massoneria e religioni, a cura di Massimo Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1994, (pubblicato per gentile concessione dell’Editore).
Marco Tangheroni
1. Templarismo, massoneria e “leggenda templare”
I cavalieri templari, a differenza dei cavalieri ospedalieri che ad un certo momento cercarono di far risalire le proprie origini a San Giovanni, non tentarono mai di ricostruire una loro “leggenda”. Nonostante ciò, a secoli di distanza, nacque, progressivamente arricchendosi, una leggenda templare. Ciò non finisce di meravigliare gli storici più seri dell’Ordine, come Régine Pernoud, che pubblicò anni orsono una validissima sintesi nella collezione Que sais-je?, ora finalmente tradotta in italiano (1), e Alain Demurger, professore a Parigi, autore dello studio più aggiornato e documentato, pure tradotto (2). Ascoltiamoli un attimo.
Col consueto impeto la Pernoud scrive: “Per lo storico lo scarto tra le fantasie a cui si sono abbandonati senza alcun ritegno gli scrittori di storia di tutte le opinioni e, d’altra parte, i documenti autentici, i materiali sicuri che gli archivi e le biblioteche custodiscono in abbondanza, è tale che non vi si crederebbe, se questo contrasto non si manifestasse nel modo più visibile e più evidente. Succede per i templari quanto è accaduto, per esempio, per Giovanna d’Arco, a proposito della quale, accanto a un’abbondante letteratura agiografica e a ipotesi numerose, totalmente gratuite ed uniformemente sciocche (…) i documenti, da parte loro, si impongono con il rigore più totale. Anche per i templari si fa fatica a credere al confronto in tesi fra la letteratura che hanno suscitato – non più agiografica, ma, in qualche caso, completamente demenziale – e, d’altra parte, i documenti così semplici, così probanti, così tranquillamente irrefutabili, che costituiscono la storia vera” (3).
Più tranquillo, ma non meno deciso, Demurger osserva: “Insieme ai catari e a Giovanna d’Arco, il Tempio alimenta uno degli inesauribili filoni di quella pseudo-storia che ha l’unico scopo di offrire ad avidi lettori la loro razione di misteri e segreti…” (4).
Per quanto una storia globale del “templarismo” sia ancora da scrivere, noi oggi sappiamo bene che la leggenda templare nacque all’interno della massoneria settecentesca, in rapporto a tensioni tra correnti spiritualiste e correnti razionaliste, anche se furono questi in fondo due volti, spesso ambiguamente intrecciati, di un’unica realtà (5). Si cominciò allora a dire e scrivere che l’ordine era una società segreta e che l’ultimo maestro noto, Jacques de Molay, avrebbe avuto il tempo di trasmettere i segreti templari a un cavaliere di nome John Mark Larmenius; da allora la catena dei gran maestri non si sarebbe più interrotta (6).
Veri e propri avventurieri riuscirono allora ad arricchirsi promettendo rivelazioni su questi presunti segreti specie in ordine alla possibilità di arricchirsi per vie occulte. Tuttavia, certe operazioni assunsero un significato simbolico-politico di grande interesse. Come la solenne cerimonia di assoluzione e riabilitazione di Jacques de Molay che Napoleone Bonaparte – circondato in famiglia e nel suo entourage da altissimi dignitari massonici – fece fare dal “suo” clero a Parigi nel 1803. E non è senza interesse constatare che la Rivista Massonica degli ultimi decenni dell’Ottocento, pure espressione della massoneria italiana più laicista e razionalista, rilanciò una campagna templarista, definendo, tra l’altro, i garibaldini come “i nuovi templari” (7).
D’altra parte anche alcuni autori “reazionari” accolsero questa tesi, come l’abate Augustin Barruel, tanto meritorio per certi aspetti, che credette all’esistenza di un vendicativo complotto massonico-templare, con radici pre- e anti-cristiane.
Va pure ricordato che una buona parte della storiografia francese si è a lungo impegnata nella ripresa dei più infondati elementi anti-templari spinta dal desiderio di difendere a oltranza un re di Francia, Filippo il Bello, che si impegnò vittoriosamente in un conflitto con la Chiesa, nelle circostanze assai debole, montando l’affare templare per cupidigia, volontà politica assolutista e altre ragioni di ordine interno ed internazionale.
La leggenda doveva poi trovare accoglimento, anche nel nostro secolo, in correnti esoteriche interne ed esterne alla massoneria, sempre nel più elementare disprezzo, spesso teorizzato, nei confronti della verità storica pur di non difficile accertamento.
Indubbiamente, come ricorda Demurger, la storia di questa leggenda è anch’essa territorio dello storico; ma non di quello medievale, bensì di quello della storia contemporanea.
Qui, molto semplicemente, come contributo alla dissipazione di eventuali nebbie che ancora persistono, vogliamo, invece, parlare del Medio Evo e della storia dell’Ordine del Tempio così come ci è nota dai documenti. Con inevitabile eccessiva rapidità, ma col desiderio di offrire un panorama sufficientemente articolato e, a grandi linee, completo (8).
2. Le origini dell’ordine templare
Nei manuali di storia, normalmente, i capitoli sulle crociate, dopo aver trattato un po’ diffusamente della prima crociata e della riconquista cristiana di Gerusalemme (1099), si soffermano soltanto sulle crociate, per così dire, canonizzate e numerate, guidate per lo più da sovrani o imperatori.
Ora, se è vero che in particolari momenti, come risposta a particolari situazioni di emergenza o di pericolo per gli stati latini in Terrasanta e nel Vicino Oriente, venivano organizzate spedizioni militari unitarie, consistenti e complesse (ad esempio la terza crociata, guidata dal Barbarossa che vi trovò la morte, per reagire alla riconquista islamica di Gerusalemme) è anche vero che un flusso continuo di milites cristiani ebbe inizio subito dopo la prima crociata. Apparve infatti immediatamente evidente che la difesa del regno di Gerusalemme e degli altri stati “franchi” nati con essa poneva problemi che le esigue forze superstiti non potevano assolutamente assicurare (9).
Lasciamo da parte, in questa sede, la funzione, pur fondamentale, svolta dalle città marinare italiane, Venezia, Pisa, Genova, le cui flotte e i cui mercanti assicurarono, in cambio di privilegi commerciali, i fondamentali collegamenti marittimi, pur se va almeno ricordato che esse interferivano anche nella vita dei nuovi stati (non a caso il primo patriarca di Gerusalemme fu l’arcivescovo di Pisa Daiberto, giunto con una flotta pisana di centoventi navi). Infatti, ai fini del nostro tema, è più importante concentrare la nostra attenzione sull’afflusso di cavalieri, pressoché continuo, dalle varie aree della Cristianità occidentale, soprattutto dalla Francia (peraltro parzialmente soggetta al re d’Inghilterra, in questi secoli) e dall’Impero.
In particolare, va ricordato che la riconquista di Gerusalemme aveva contribuito soltanto in parte a rendere sicuro il viaggio dei pellegrini verso la Città Santa, continuamente minacciato da bande di briganti e ladroni, oltre che, di tanto in tanto, da più consistenti ed organizzate offensive musulmane, che permettevano alle poche forze cristiane di mantenere soltanto il controllo delle città murate. Anche il viaggio più raccomandabile – giungere per via di mare a Jaffa e da qui percorrere il non lungo cammino alla Città Santa – era insicuro se non compiuto sotto scorta armata.
Del resto, i pellegrini non desideravano limitare a Gerusalemme il proprio pellegrinaggio; essi erano almeno attirati anche, verso sud, dalla vicina Betlemme e, poco oltre, da Hebron, ove si veneravano le tombe dei patriarchi, e, verso nord, dalle località della Galilea, come Nazaret o il lago di Tiberiade, dove tanta parte della vita di Gesù si era svolta. E queste strade erano molto insicure: le fonti riportano una gran quantità di episodi concreti che testimoniano la gravità della situazione e la fondatezza delle preoccupazioni.
Nella risposta a questi problemi bisogna trovare la motivazione immediata della nascita del nostro ordine, pur se essa non può essere completamente compresa – come vedremo tra poco – se non inquadrandola anche nella storia della cavalleria e, più in generale, della spiritualità del Medio Evo. Ma vediamo, prima, qualche data e qualche fatto essenziali, pur senza pretendere, com’è ovvio, di fare qui un riassunto dettagliato delle vicende e delle imprese del nuovo ordine, di questo “novum militiae genus“, per riprendere l’espressione di San Bernardo (10).
Nel 1118, dunque, o, secondo altri, nel 1119, un piccolo gruppo di cavalieri – destinato ad accrescersi molto rapidamente – si riunì attorno ad Ugo di Payens, con lo scopo dichiarato di consacrare, con un voto pronunciato di fronte al patriarca, la propria vita alla difesa armata dei pellegrini e delle strade che portavano a Gerusalemme. Tra i baroni di alto rango che si unirono, subito o negli anni immediatamente successivi, a questo gruppo vale la pena di ricordare lo zio di San Bernardo, Montbard, Folco di Angers e lo stesso conte di Champagne, Ugo.
Essi si installarono in una sala del palazzo reale sull’antica spianata del Tempio; quando poi il re trasferì la propria sede nella torre di David, tutto il palazzo reale (l’antica moschea di Al-Aksa) fu ceduto al nuovo ordine: così i “poveri cavalieri di Cristo” divennero i cavalieri del Tempio, i Templari. Il sigillo dell’ordine è stato a lungo considerato come recante l’immagine del Tempio di Salomone, ma recentissimi studi fanno pensare che si trattasse piuttosto della Rotonda, l’Anastasis, del Santo Sepolcro. Sull’altro lato figuravano due cavalieri che montavano uno stesso cavallo: la spiegazione più probabile è che il riferimento simbolico fosse alla buona intesa, alla disciplina e all’armonia che dovevano regnare nell’ordine.
Nel 1127 Ugo, accompagnato da cinque suoi compagni, rientrò in Europa per incontrare il Papa ed ottenere l’approvazione della regola. Un concilio, su richiesta del Papa Onorio II, fu riunito a Troyes, nella Champagne, per iniziativa di San Bernardo e presieduto da un legato pontificio: il concilio approvò la regola, con alcune modificazioni. Essa restò la base della vita dei Templari per i quasi due secoli successivi di esistenza dell’ordine, pur con aggiunte e variazioni introdotte secondo le circostanze in epoche successive.
Nel 1139 un altro Papa, Innocenzo II, con la bolla Omne datum optimum, concesse ai cavalieri del Tempio una serie di privilegi di grande portata, come l’esenzione dalla giurisdizione episcopale, l’autorizzazione ad avere propri preti e cappellani, il diritto di costruire oratori con possibilità di farvisi seppellire, l’esenzione dalle decime. Ciò non mancherà, naturalmente, di suscitare qualche opposizione in una parte della Chiesa. Intanto, anche nella Cristianità occidentale, le donazioni crescevano con una progressione impressionante.