Marco Albera, Cristianità n. 143 (1987)
Massimo Introvigne, Il reverendo Moon e la Chiesa dell’Unificazione, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1987, pp. 104, L. 6.000
Massimo Introvigne è nato a Roma il 14 giugno 1955. Sempre a Roma ha studiato filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana, quindi diritto presso l’università di Torino. Esercita la professione legale in una società di consulenza torinese e collabora con la cattedra di filosofia del diritto dell’Università di Torino. Ha pubblicato numerosi saggi di carattere giuridico e filosofico-morale, fra i quali vanno segnalati I due principi di giustizia nella teoria di Rawls (Giuffrè, Milano 1983), Pornografia e rivoluzione sessuale (Libreria San Lorenzo, Chiavenna [SO] 1983), «Mystische» e morale in Wittgenstein (Quadrivium, Genova 1984) e Le domande dell’uomo (Cirone, Torino 1985).
Dirigente nazionale di Alleanza Cattolica, in cui milita fin dagli anni del liceo, nonché regolare collaboratore di Cristianità e dei Quaderni di «Cristianità», nel 1984 è stato fra i fondatori del Coordinamento di Cattolici di Torino, che riunisce una trentina di associazioni e di movimenti, e di esso è oggi uno dei segretari. Fa parte del Consiglio Nazionale del GRIS, il Gruppo di Ricerca e di Informazione sulle Sette, nel cui ambito svolge attività di studio e di divulgazione sui Testimoni di Geova, sui mormoni e su altri «nuovi movimenti religiosi».
Nel quadro di queste ricerche si colloca l’opera Il reverendo Moon e la Chiesa dell’Unificazione, che colma una lacuna nella letteratura italiana appunto in tema di «nuovi movimenti religiosi», a proposito di una realtà che opera in Italia, per esempio, da oltre vent’anni e che ha rilevanti dimensioni mondiali. L’autore, partendo dal presupposto che «le informazioni che l’opinione pubblica — e talora anche gli specialisti di “sette’’— hanno a disposizione sulla Chiesa dell’Unificazione non sono […] sempre precise e rigorose» e che «per vari motivi una letteratura a sensazione si è impadronita dell’argomento, affrontandolo in modo confuso e fuorviante», si prefigge «lo scopo» di «descrivere la storia, le dottrine e le pratiche della Chiesa dell’Unificazione, passando quindi brevemente in rassegna le principali critiche degli oppositori e facendo cenno, infine, ai criteri per una valutazione critica dell’Unificazionismo da un punto di vista cattolico» (p. 5).
Massimo Introvigne ritiene anzitutto opportuno fare un inventario delle fonti bibliografiche e di informazione, che suddivide in tre gruppi principali: le fonti unificazioniste dirette, gli studi scientifici sulla Chiesa dell’Unificazione e, infine, la letteratura polemica, spesso di scarso valore e nel cui ambito abbondano, in particolare, i resoconti a sensazione di ex unificazionisti che hanno lasciato il movimento (pp. 5-1 1). Quindi, con un ampio excurus storico, tratteggia le vicende del fondatore, il coreano Sun Myung Moon — nato nel 1920 —, ma anche io sviluppo del movimento dalle origini in Corea fino all’attuale espansione mondiale, con particolare riferimento al gruppo unificazionista italiano e alla sua attività (pp. 12-19). E l’esposizione storica funge da necessario punto di partenza per l’esame della dottrina, che si sviluppa attorno al nucleo del Principio Divino — il testo fondamentale del movimento —, presentato come una «nuova espressione della verità [che] deve apparire» per «gettare una nuova luce» su quanto la Bibbia aveva già espresso, ma in modo spesso oscuro, e anche per mostrare «sotto un solo tema unificato» sia «la verità interna che la religione ha perseguito» sia «la verità esterna ricercata dalla scienza» (Divine Principle, 5a ed., The Holy Spirit Association for the Unification of World Christianity, New York 1972, pp. 131-132) (pp. 30-31).
La chiave in cui l’autore ricostruisce la dottrina unificazionista è di carattere storico-salvifico. Per il reverendo Moon il progetto originario di Dio sul mondo e sull’uomo è stato frustrato a causa del peccato originale e deve essere restaurato (pp. 31-36). Nella storia Dio ha spesso offerto agli uomini occasioni di restaurazione, che tuttavia, per vari motivi, non hanno mai raggiunto un successo completo (pp. 36-40). Questo è anche il caso della missione di Gesù Cristo — un uomo straordinariamente vicino a Dio tanto che «può anche essere chiamato Dio», ma che, «tuttavia, in nessun modo può essere Dio stesso» —, che, secondo il Principio Divino, non era destinato da Dio alla morte di croce, ma fu crocefisso per un «terribile errore» degli uomini ciechi di fronte alla verità (pp. 40-42). A causa di questo errore — pure senza sua colpa — Gesù Cristo ha potuto portare agli uomini solo una parte — anche se fondamentale — della salvezza, la salvezza «spirituale»; per la salvezza «storica», «fisica», occorre un Secondo Avvento che, in base a speculazioni numerologiche, si ritiene debba compiersi nel nostro secolo, la cui modalità essenziale è la lotta contro il rifiuto storico di Dio, rappresentato soprattutto dal comunismo, e la cui «figura centrale» è lo stesso reverendo Moon (pp. 43-47).
Dopo la descrizione della dottrina e la ricerca del suo retroterra filosofico (pp. 48-52) nonché l’esposizione delle sue conseguenze politiche (pp. 53-57), l’autore dedica la sua attenzione alle attività e alle pratiche religiose della Chiesa dell’Unificazione. In particolare, a proposito della controversa questione del reclutamento, esamina le tecniche di proselitismo abili e sofisticate, mostrando tuttavia, nel contempo, come studi statistici condotti separatamente da istituti universitari inglesi e statunitensi abbiano evidenziato che meno del dieci per cento di coloro che partecipano a seminari o a corsi si impegna poi stabilmente nel movimento; questo fatto sembrerebbe smentire il luogo comune secondo cui la Chiesa dell’Unificazione utilizzerebbe tecniche segrete e miracolose, ovvero sarebbe in grado di praticare un vero e proprio «lavaggio del cervello» (pp. 58-65).
Per la prima volta nella storia degli studi in materia Massimo Introvigne dedica spazio anche alla descrizione della liturgia unificazionista, un argomento non secondario perché proprio l’esame di tale liturgia porta a una migliore comprensione della dottrina, mettendone in risalto taluni punti di particolare lontananza dal cattolicesimo (pp. 73-78).
Nella parte dedicata alla vita nelle comunità unificazioniste, l’autore mostra il carattere «datato» di molti studi degli anni Settanta, che prendevano in esame soltanto il moonie a tempo pieno, impegnato nelle attività missionarie per le strade e nei centri urbani: oggi lo stile della Chiesa dell’unificazione, almeno negli Stati Uniti, si è in larga parte modificato e non tutti i membri — e, forse, neppure la maggioranza di essi — sono a tempo pieno; spesso, inoltre, il sostegno alle attività culturali e giornalistiche nate dalla stessa Chiesa dell’Unificazione è considerato ormai più importante del proselitismo (pp. 66-73).
A questo proposito sembra fondamentale la distinzione — proposta da Massimo Introvigne nella marea delle sigle di associazioni e di enti collegati a vario titolo alla Chiesa dell’unificazione — fra realtà «direttamente unificazioniste», con scopi religiosi in senso stretto o di proselitismo, e attività «di origine unificazionista»: in queste ultime — fra cui assumono particolare rilievo l’organizzazione politico-culturale CAUSA e il quotidiano americano The Washington Times — il movimento è presente in modo determinante con uomini e mezzi, non tanto — tuttavia — con scopi di proselitismo, quanto piuttosto per favorire collaborazioni di carattere politico-culturale, nella convinzione che è sul terreno della battaglia delle idee e della lotta contro il comunismo che si costruirà il futuro, anche teologico, del mondo (pp. 19-32).
AI termine dell’opera l’autore introduce anche elementi e criteri per un giudizio — dopo aver però ripudiato le facili semplificazioni psico-sociologiche intorno alle quali si organizza spesso il movimento anti-settario negli Stati Uniti, l’anti-cult movement, di cui vengono messe in luce le origini laiciste — e invita a portare l’attenzione soprattutto sulla natura religiosa della Chiesa dell’Unificazione. E appunto l’esame del movimento anti-settario offre a Massimo Introvigne l’occasione per condannare duramente, come immorale e falsamente scientifica, la pratica della cosiddetta «deprogrammazione», che consiste nel sequestro — in genere su istigazione delle loro famiglie — di giovani maggiorenni aderenti alle «nuove religioni»: essi vengono, quindi, privati della libertà e sottoposti a trattamenti — caratterizzati da tecniche pseudo-psichiatriche, e spesso non privi anche di aspetti violenti — per indurli a rinunciare alle loro convinzioni (pp. 79-99).
Vi è una valutazione che talora viene espressa a proposito della Chiesa dell’Unificazione soprattutto in America Latina, dove organizzazioni di origine unificazionista hanno ottenuto successi significativi: autori cattolici, più o meno legati alla «teologia della liberazione» di impronta marxista, sono soliti proporre un giudizio sull’unificazionismo che ne apprezza eventualmente la teologia di carattere «ecumenico», mentre ne combatte duramente le scelte etico-politiche, che esprimerebbero un anticomunismo inaccettabile.
La lettura del volume di Massimo Introvigne, che pure non intende formulare giudizi inappellabili e non trae conclusioni definitive, potrà forse indurre più di un lettore cattolico a gettare, al contrario, uno sguardo molto critico sulla teologia della Chiesa dell’Unificazione, e a concludere che non si tratta di un punto di vista «ecumenico» da cui guardare il cristianesimo, ma — più semplicemente — di una vera «nuova religione», diversa dalla religione cattolica. Sul piano pastorale se ne potrà ricavare un invito alla cautela, contro il facile irenismo che spesso sottovaluta inopportunamente l’importanza delle differenze dottrinali. Più sfumata, invece, potrà essere la valutazione sul piano culturale e politico, dove le posizioni a cui pervengono talune organizzazioni di origine unificazionista — considerate dal punto di vista naturale piuttosto che nelle loro motivazioni teologiche — non sono sempre inaccettabili e dove talora un confronto, condotto con rigore ma anche con serenità, potrà rivelarsi non privo di interesse.
Marco Albera