Massimo Introvigne, Cristianità n. 115 (1984)
Con la partecipazione di ventitrè delegazioni di sedici paesi oppressi dall’imperialismo socialcomunistico. La presenza di Alleanza Cattolica.
Si è svolto a Parigi nell’ottobre del 1984
Il 2º congresso della Conferenza Internazionale delle Resistenze nei Paesi Occupati, la CIRPO
Il 23 ottobre 1984 si è tenuto a Parigi, in una sala gremita da circa cinquecento persone, il secondo congresso della CIRPO, la Conferenza Internazionale delle Resistenze nei Paesi Occupati. Ha presieduto la seduta Bruno Bertez, direttore del gruppo editoriale che pubblica uno dei più diffusi settimanali francesi, La Vie Francaise – con una tiratura di 140 mila copie -, alla presenza di numerose personalità, fra cui Guy de Longeville, vicesindaco di Parigi. La CIRPO è, secondo il suo manifesto di fondazione del 1983, «una conferenza permanente delle Resistenze che nel mondo si oppongono alla distruzione dei loro Stati, delle loro convinzioni, della loro cultura e delle loro tradizioni», alla quale partecipano organizzazioni selezionate in base a tre criteri: a. «il rifiuto delle dottrine totalitarie, materialistiche per natura»; b. «una lotta prioritaria contro l’espansionismo e la dittatura sovietico-marxistica»; c. «il rifiuto di tutti i compromessi che, con il pretesto della distensione e del commercio tra l’Est e l’Ovest, vorrebbero imporre a coloro che difendono il loro suolo natale, la loro cultura e le loro tradizioni, una pretesa “riconciliazione” con gli assassini delle loro famiglie e delle loro libertà».
I lavori del congresso sono stati aperti dal giornalista-politologo Pierre Faillant de Villemarest, presidente della CIRPO, che ha spiegato come l’obiettivo principale della organizzazione consista nell’aiutare tutti coloro che svolgono un’azione di effettiva resistenza al totalitarismo nei paesi occupati, privilegiando i gruppi che – come avviene, per esempio, in Afghanistan, in Vietnam e in Laos – hanno ancora la possibilità di combattere, giacché – fino a quando è possibile – «non si combatte un avversario armato con i manifesti». L’oratore ha poi denunciato gli sprechi e i tradimenti dell’Occidente di fronte a movimenti di resistenza che mancano di armi, di vestiti, di medicinali, e che non sono mai stati veramente aiutati: dal 1949 al 1959 gli Stati Uniti e altri paesi hanno speso settecentocinquanta milioni di dollari per un programma di presunto «aiuto alle organizzazioni anticomunistiche», che in realtà non ha quasi mai raggiunto i combattenti effettivi. Nonostante tutto questo nei paesi occupati si continua a combattere, e anzi nascono nuovi movimenti di resistenza, dalle Seychelles – entrate ormai ufficialmente a fare parte del blocco comunistico – a Cabinda, un piccolo paese africano ricco di petrolio, brutalmente occupato dall’Angola marxistica, che tuttavia non riesce a sconfiggere la lotta armata degli abitanti. A proposito di Cabinda, Pierre Faillant de Villemarest ha ricordato un toccante episodio: la guerriglia afghana, che pure si trova notoriamente in una situazione pressoché disperata, ha inviato alla resistenza di Cabinda alcune casse di medicinali, a testimonianza della solidarietà internazionale fra coloro che resistono al totalitarismo.
Una breve ma commovente cerimonia ha ricordato, nel giorno anniversario della insurrezione, i morti di Budapest, nel 1956, e la testimonianza di un combattente di quella rivolta, esule a Parigi, ha sottolineato il significato «filosofico» dei fatti ungheresi, che «strapparono la maschera al comunismo distruggendone per sempre il mito». Rappresentanti albanesi, polacchi, croati e rumeni hanno ricordato il continuato martirio dei loro popoli. Un esponente del Consiglio Nazionale Georgiano ha fornito informazioni sulla nascita di un movimento di opposizione nel suo paese, formato per grande parte da giovani, che pure non hanno mai vissuto nella libertà dal momento che la Georgia fu occupata dall’Unione Sovietica nel 1921. Il dr. Phanareth, già ambasciatore del Laos presso l’UNESCO, esponente dell’Unione per il Laos Libero, e rappresentanti di diversi gruppi vietnamiti hanno riferito sui sorprendenti successi militari della lotta anticomunistica indocinese; hanno contemporaneamente rilevato che «la battaglia decisiva per l’Indocina si combatte in Occidente», e che la resistenza difficilmente potrà vincere se continuerà nel mondo libero l’attuale situazione di indifferenza e di totale mancanza di aiuti.
Concetti analoghi sono stati ripetuti, per quanto riguarda l’Afghanistan, da Ghani Ahmadzai, vicepresidente del Comitato di Sostegno ai Rifugiati e alla Indipendenza dell’Afghanistan, il COSARIA: riallacciandosi ai fatti di Budapest, Ahmazdai ha detto che gli afghani «sono gli ungheresi del nostro tempo». Secondo l’autorevole esponente afghano, la resistenza nel suo paese si rende conto che nell’attuale situazione dell’Occidente non sarebbe realistico proporre passi contro l’unione Sovietica, ma indica almeno un obiettivo concreto per cui battersi subito: la rottura delle relazioni diplomatiche tra i paesi liberi e il governo fantoccio di Kabul guidato da Babrak Karmal, un gesto altamente significativo le cui ripercussioni economiche sarebbero modeste, in quanto le relazioni commerciali tra l’Ovest e l’Afghanistan sono cessate quasi completamente.
Il dr. Nahavandi, già rettore della università di Teheran, ha richiamato l’attenzione sulla tragica situazione dell’Iran, dove il fanatismo islamico nella politica interna non impedisce una politica estera sostanzialmente funzionale agli obiettivi sovietici, come dimostrano i sistematici aiuti iraniani al terrorismo internazionale e, recentemente, al governo del Nicaragua. Un rappresentante del movimento di resistenza delle Seychelles ha fornito notizie pressoché sconosciute in Europa sulla inquietante presenza sovietica nell’arcipelago africano, situato in una posizione strategica cruciale, e sulla nascita di una resistenza, animata in prevalenza da cattolici, contro il governo che ha trasformato le Seychelles «da paradiso terrestre della geografia in inferno della politica». Particolare interesse ha destato, infine, l’intervento del dr. Jagjit Singh Chohan, presidente della Unione Mondiale delle Opposizioni Sikh, che ha sottolineato come i sikh del Punjab, massacrati a migliaia negli ultimi mesi, non lottino soltanto per la loro libertà religiosa, ma anche contro la politica estera filo-sovietica del governo indiano e contro la crescente influenza culturale e politica del governo di Mosca in India.
Il messaggio della CIRPO è chiaro: la oppressione, spesso sconosciuta, è vicina – spesso molto vicina, come in Albania, dove ci sono quarantamila prigionieri politici di cui nessuno parla mai -, ma anche la resistenza è vicina e ha bisogno di aiuti effettivi. Come ha ricordato Pierre Faillant de Villermarest è inutile commuoversi per i casi isolati di «dissidenti», scienziati o poeti, e dimenticare che a soffrire non sono pochi intellettuali, ma popoli interi: «è inutile piangere sui morti e non aiutare i vivi che combattono».
Al secondo congresso della CIRPO era presente un delegato di Alleanza Cattolica. Pierre Faillant de Villemarest ha ricordato lo sforzo disinteressato che Alleanza Cattolica e Cristianità compiono per fare conoscere in Italia le resistenze dimenticate, sforzo – ha detto – che costituisce «un esempio di intelligenza politica e un richiamo alla speranza» in una lotta dove «a decidere della vittoria non sarà il numero dei combattenti, ma la loro capacità di battersi per l’ideale e di dire no alle combinazioni equivoche».
Massimo Introvigne