Di Franco Maestrelli da Destra.it del 20/01/2020
Sabato mattina mentre in treno mi stavo recando al Convegno “Libertà in gabbia?” in programma al Centro francescano Rosetum di Milano sono stato raggiunto dalla telefonata di mio figlio che mi informava di aver letto la notizia della morte di Giovanni Cantoni, avvenuta nella notte. Aveva da pochi mesi compiuto 81 anni ed era gravemente malato. Quando ero stato a trovarlo e l’avevo visto in sedia a rotelle e senza forza avevo provato un dolore lancinante. Successivamente avevo appreso che la situazione era peggiorata ma la notizia della fine del suo cammino terreno mi ha veramente colpito. Non ricordo bene in che occasione lo conobbi. Correva l’anno 1970 ma non so se lo incontrai a un ritiro nel Convento francescano di Busseto oppure in occasione di una sua conferenza milanese. Ma sono passati veramente tanti anni, una vita.
Per me fu un incontro di quelli sconvolgenti: ero un giovane scapigliato, pieno di letture evoliane e fui salvato da quell’incontro. Fu l’incontro con un maestro. Tutto quello che so lo devo a lui. Da lui ho appreso a conoscere la Cristianità, la Chiesa e il Papato, la Storia quella vera e non addomesticata insegnata nelle scuole e nelle università. Ma soprattutto mi ha insegnato a pregare, ad amare la Santa Messa, la recita del Santo Rosario. E’ questo che fa di lui il mio maestro in saeculo (perchè Uno solo è il Vero Maestro). Nei tanti ritiri ho imparato a conoscere l’opera di Plinio Correa de Oliveira, di Gustave Thibon dei grandi santi operanti nella Storia. Riusciva sempre a sorprenderti con la scoperta di un nuovo autore del tutto ignoto ai grandi media e te lo faceva apprezzare: Gonzague de Reynold, Nicolas Gomez Davila e tanti altri. La sua dialettica arguta e avvincente mi teneva inchiodato ad ascoltare. E poi in quei “formidabili” anni Settanta le molte visite presso la sua casa nel centro di Piacenza o i moltissimi incontri a casa mia assieme a Emanuele Samek Lodovici per prendere il caffè quando veniva per lavoro a Milano e pranzava nella trattoria toscana di fronte alla mia abitazione. Incontri fissi, settimanali, in cui ho appreso più che dai libri.
Tanti ricordi mi si presentano alla memoria: conversazioni sul ciclostilato il Resto della Verità, quattro numeri che precedettero l’uscita della rivista Cristianità (1973). Una mia visita nel 1979 assieme alla mia neosposa per conversare con lui in un ristorante piacentino sul Po del mio progetto (mai attuato) di una casa editrice. Ricordo il suo bonario rimprovero prendendomi sottobraccio quando me ne uscivo con qualche idea azzardata. Ricordo quando al termine delle sue conferenze veniva a chiedermi come fosse andata. Ricordo nel 2000 la presentazione del suo libro sulla legge sociale dell’Islam, a Milano in un elegante albergo del centro, dopo una spensierata cena con gli altri relatori.
Nel tempo erano diminuite le occasioni di incontro: il mio lavoro che mi portava spesso in viaggio, la famiglia, la mia pigrizia ma ogni volta che veniva a Milano per una conferenza non mancavo mai. Scherzosamente mi definivo “cantoniano di stretta osservanza” , a sua insaputa e senza la sua autorizzazione. O forse una volta glielo dissi e ricevetti in cambio un’allargamento di braccia e un sorriso…
Era un uomo di grande cultura ma su tutto prevaleva la sua umanità comprensiva ed amorevole. Ho perso un amico, non ho perso un maestro perchè i maestri sono per sempre (casomai il problema è essere degni di tale maestro) e spero di aver trovato un amico in Cielo che mi aiuti nel poco cammino che mi resta da compiere. Non sono facile alla commozione ma vi assicuro che sono commosso. Grazie Gianni!