Salvatore Napoli, Cristianità n. 127-128
Intervista con il cardinale Miguel Obando Bravo
Nicaragua: «persecuzione» e «ostilità permanente contro la Chiesa»
D. La sua nomina a cardinale è stata interpretata come un rafforzamento della posizione della Chiesa gerarchica nei confronti di quella che si autodefinisce «Chiesa popolare», cioè la «Chiesa» politica legata al governo.
R. Come sa, la cosiddetta «Chiesa popolare» ha soltanto una risonanza a livello propagandistico, ma non ha alcuna base in Nicaragua. Se visita chiese in cui predicano i sacerdoti di questa «Chiesa popolare», si renderà conto che sono vuote. Questo capita, naturalmente, se va a una delle normali celebrazioni e non a qualche atto liturgico organizzato appositamente per i giornalisti.
Nella sua stragrande maggioranza, il popolo del Nicaragua è in comunione con i suoi vescovi, i quali a loro volta sono in comunione con il Sommo Pontefice.
D. Cosa pensa dei sacerdoti che hanno incarichi politici nel governo del Nicaragua?
R. La Santa Sede si è espressa molto chiaramente su questo tema, chiedendo di applicare il Codice di Diritto Canonico, e vi è poco da aggiungere.
Personalmente ritengo che il compito del sacerdote sia quello di dedicarsi alla evangelizzazione, lasciando che siano i laici a occuparsi delle funzioni politiche.
D. Quale è la sua posizione rispetto alla cosiddetta «teologia della liberazione»?
R. Naturalmente anche in questa materia noi seguiamo gli orientamenti della Santa Sede, che mi sembrano più che espliciti. Io penso che possa esistere in tesi una sana «teologia della liberazione», che ricerchi una opzione preferenziale per i più poveri, seguendo il Documento di Puebla. Quando dico «preferenziale» sottolineo la parola, perché questo vuol dire che non esclude la salvezza dei ricchi o di altre persone. Non vi è dubbio che sia poi in circolazione un ’altra «teologia della liberazione», che interpreta la Bibbia in chiave marxista e nei cui confronti la Santa Sede si è pronunciata molto chiaramente dando orientamenti precisi.
D. Cardinale Obando, la stampa di sinistra la cataloga come «un vescovo di tendenze conservatrici». Che commenti meritano queste affermazioni?
R. Vede, durante il regime di Somoza vi erano giornali che mi chiamavano «comandante Miguel», perché criticavo vari aspetti di quel governo. Oggi mi catalogano come un «conservatore»» oppure «di destra», ma la verità è che noi non siamo né «di sinistra» né «di destra», ma cerchiamo di mantenere sempre la nostra identità, che consiste nell’annunciare la Buona Novella, di Cristo, confrontandola, quando è necessario, con la realtà che esiste nella nostra nazione.
D. Venendo alla situazione attuale del Nicaragua, vi è chi dice che sia la politica degli Stati Uniti a spingere il governo a rafforzare le proprie relazioni con l’Unione Sovietica e con Cuba. Che cosa pensa di questa tesi?
R. Veramente si deve considerare che il governo, ancora prima dell’embargo, manteneva relazioni molto strette con il governo cubano e con quello sovietico.
D. Si è parlato molto del problema dei dieci missionari stranieri espulsi dal paese. Vi è qualche prospettiva per il loro rientro e il loro ritorno al lavoro pastorale?
R. No, nessuno è stato autorizzato a rientrare, né il governo ha presentato progetti che permettano il rientro di queste persone, di cui il popolo tanto necessita. Il governo ha promesso da tempo di darci una risposta, ma fino a questo momento non è stata proposta nessuna soluzione del problema.
D. Dopo la sospensione delle libertà civili decisa dal presidente Ortega, quali sono le relazioni fra la sua curia e il governo?
R. I nostri comunicati hanno evidenziato una situazione di persecuzione, e di fatto esiste una ostilità permanente contro la Chiesa. Credo che lei sia al corrente di questa realtà.
D. Nonostante questo, esistono ancora riunioni fra le commissioni della curia e del governo, che cercano di mantenere qualche dialogo?
R. L’ultima riunione è avvenuta lo scorso 28 ottobre [questa dichiarazione è stata raccolta l’8 novembre 1985]. Purtroppo, tuttavia, non si raggiunge alcun tipo di soluzione, perché ogni volta che queste commissioni si riuniscono vi è un problema marginale, spesso creato ad arte, che non permette di entrare nei temi di fondo.
D. Qual è la situazione dei laici impegnati nelle parrocchie?
R. Moltissimi laici che lavorano per la Chiesa vengono convocati con vari pretesti dai servizi di sicurezza dello Stato. Altri ricevono pressioni di ogni genere perché non partecipino alle attività pastorali della Chiesa.
Un problema particolarmente grave è quello dei seminaristi, di cui alcuni sono stati reclutati per il servizio militare, nonostante gli accordi precedenti.
D. Come interpreta la «sospensione per un anno di tutte le libertà civili» annunziata da Daniel Ortega?
R. Il ministro della Giustizia ha spiegato che rimangono sospesi tutti i diritti e le garanzie dei cittadini, rimanendo vigenti solo il diritto alla vita, e quello – per i prigionieri politici – di non essere confusi con i detenuti per delitti comuni. Credo che questo risponda – per quanto mi è possibile – alla sua domanda.
D. Esistono limitazioni per il culto?
R. Da quando è cominciato lo stato di emergenza è proibito svolgere attività religiose al di fuori delle chiese. Vi sono pressioni perché anche le visite dei vescovi e quelle del cardinale nelle altre diocesi si riducano strettamente all’interno delle chiese, con esclusione di qualunque attività esterna.
D. Vi è qualche aspetto della situazione che vi preoccupa particolarmente?
R. Stiamo reclamando energicamente la restituzione degli edifici della curia confiscati dall’esercito il 15 ottobre.
In essi funzionavano vari uffici importanti, e una piccola tipografia della Chiesa. Sono stati sequestrati perfino i registri di battesimo, cosa che non ci permette di rilasciare neppure i certificati di battesimo.
D. Che cosa pensa della resistenza armata contro il governo del Nicaragua? In particolare, crede che sia giunto il momento di rovesciare il governo?
R. Non sta a un arcivescovo decidere se è giunto il momento di rovesciare il governo con le armi: penso che questo richieda una riflessione molto seria; sono i laici che hanno questa responsabilità. Come pastore è mio dovere sottolineare che occorre ricercare, per prima cosa, la soluzione dei problemi mediante la via del dialogo. In base al Magistero della Chiesa spetta comunque ai laici prendere queste decisioni dopo una matura riflessione.
a cura di
Salvatore Napoli