GIOVANNI CANTONI, Cristianità n. 258 (1996)
La scena si ripete con una certa monotonia che la rende prevedibile: in occasione di questo o di quel pellegrinaggio apostolico di Papa Giovanni Paolo II i mass media annunciano novità, cioè innovazioni travolgenti, nel messaggio oppure nell’accoglienza. Poi vengono i fatti e la pubblicazione degli interventi. E tutto si rivela essere ampiamente una montatura, che però sottopone il povero fedele a un’ennesima prova, alla tensione fra l’ipotesi di mutamenti radicali bisognosi di spiegazione — resa angosciante dalla scarsità di chiaritori attendibili — e la realtà consueta e, in un certo senso, pacificante.
La conferma della sequenza viene dalla Francia, dove è in corso — programmato dal 19 al 22 settembre 1996 — il quinto viaggio apostolico del Papa, in visita nel paese in occasione del XV centenario del battesimo di Clodoveo, nonché — fra l’altro — pellegrino in Vandea, la terra legata alla predicazione di san Luigi Maria Grignion di Montfort, apostolo della “consacrazione” alla Vergine Maria, e alla rivolta contro la Rivoluzione del 1789. Si è annunciata, quindi si è in questo modo promossa, una straordinaria contestazione laicista così come uno “sfruttamento” altrettanto massiccio della presenza pontificia da parte de “l’estrema destra e una corrente tradizionalista nella Chiesa”, come ha detto mons. Jacques Gallot (1). Poi, sono venuti i primi fatti e i primi discorsi, ampiamente prevedibili: a tutt’oggi, una contestazione laicista di bassissimo profilo, non solo dal punto di vista qualitativo, ma anche da quello quantitativo; una composta e consistente presenza popolare, cui sono stati rivolti interventi nella linea del Magistero di Papa Giovanni Paolo II, cioè nella linea del Magistero pontificio di sempre.
Per esempio, era necessario essere profeti per immaginare la conferma del giudizio sulla rivolta vandeana come espressione di fedeltà alla Chiesa universale? “Voi siete gli eredi di uomini e di donne che hanno avuto il coraggio di rimanere fedeli alla Chiesa di Gesù Cristo — ha detto il Sommo Pontefice a Saint-Laurent-sur-Sèvre, in Vandea, il 19 settembre 1996 — quando la sua libertà e la sua indipendenza erano minacciate” (2). Passatisti? No: “Essi non erano rimasti estranei ai movimenti dell’epoca e desideravano sinceramente il necessario rinnovamento della società, ma non potevano accettare che s’imponesse loro una rottura della comunione con la Chiesa universale e in particolare con il Successore di Pietro” (3). Retorica alimentata dalla dialettica “illusione-delusione”? Non parole, ma fatti: “Perciò il curato di Maillé, Joseph Herbert, ispirato dalla parola di Cristo, aveva nobilmente detto: “Cittadino dello Stato, ho sempre dato a Cesare ciò che è di Cesare; tuttavia non rifiuterò a Dio ciò che è di Dio”” (4). Questo — e solo questo — è il significato della lotta, che non è cieca e preconcetta opposizione a ogni rinnovamento, ma contrasto frontale con la Rivoluzione, che colpisce alla radice quanto dichiara di voler rinnovare, uccide il corpo sociale da sanare continuamente. Ma chi lotta? Uomini contro uomini, non angeli contro demoni; quindi, “nei terribili scontri, molte azioni sono state segnate dal peccato, sia da una parte che dall’altra” (5), nota il Sommo Pontefice. Il martirio non è però definito dalla pena, bensì dalla causa; morte e martirio non coincidono: “È tuttavia santamente uniti a Cristo che numerosi martiri hanno offerto qui la loro vita, unendosi al Figlio di Dio nel sacrificio della Croce” (6). E accanto ai martiri, agli uomini straordinari, vi sono gli uomini comuni, la gente, il “brodo di coltura” del martire, che in esso sboccia sollecitato dalla persecuzione: “Nelle numerose testimonianze che ci sono pervenute è impressionante osservare come i Vandeani siano rimasti legati alle loro parrocchie e ai loro sacerdoti nonostante la crudeltà delle persecuzioni” (7). Qualcuno potrebbe maliziosamente ipotizzare che questo, forse, può esser stato vero per la gente comune, per i piccoli… ma che i capi, i nobili, erano di tutt’altra pasta. “Alcuni di essi diedero prova di un commovente spirito cristiano quando, religiosi e laici, curarono i feriti, di qualsiasi campo essi fossero, o quando, trascinati da alcuni capi come d’Elbée, che li convinse a prendere sul serio la parola del perdono recitata nel Padre Nostro, decisero di risparmiare i loro avversari” (8).
Finita la commemorazione, è tempo di propositi. E adesso? “Cari amici, ricordando solo alcuni tratti della vostra storia, vorrei invitarvi a conservare quelli migliori” (9), dice Papa Giovanni Paolo II ai giovani e alla popolazione della località vandeana. E io richiamo due tesi di Charles Maurras, del 1937: “La vera tradizione è critica e, senza distinguo, il passato non serve più a niente, i suoi successi cessano d’essere esempi, i suoi rovesci d’essere lezioni” (10); e ancora: “In ogni tradizione, come in ogni eredità, un essere ragionevole fa e deve fare la defalcazione del passivo” (11). Il Papa prosegue: “Rimanete uniti a Cristo; come Lui amate tutta l’umanità, a cominciare dai suoi membri meno fortunati” (12). E a me non vengono in mente i “teologi della liberazione” di marca marxista, ma Jacques-Bénigne Bossuet quando, in un discorso del 1659, afferma che “i poveri, ultimi nel mondo, sono i primi nella Chiesa” (13). Il Santo Padre esorta: “Rimanete fedeli alla Chiesa, all’Eucaristia e al sacramento del perdono. Lasciatevi pervadere dall’amore che viene da Dio! Allora, lungi dal coltivare sterili nostalgie, sarete degni dei vostri padri e continuerete a vivere generosamente come pietre vive della Chiesa, alla quale essi sono rimasti uniti fino a versare il loro sangue per essa” (14).
La conclusione ha il tono del discorso: “Prego affinché i martiri del passato vi guidino lungo il vostro cammino, vi aiutino a rimanere liberi di fronte a tutte le influenze e a tutti i poteri, vi comunichino la loro gioia di credere e il loro coraggio di servire nella sequela di Cristo” (15).
Se qualcuno la prende sul serio è la fine del laicismo, non solo francese. Per questo, chi ne è consapevole e non vuole la fine del laicismo alimenta metodicamente la confusione.
Giovanni Cantoni
* Articolo sostanzialmente anticipato, senza note e con il titolo redazionale Il Papa ai francesi: “La vera tradizione è sostenuta dal senso critico”, in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, anno XLV, n. 220, 22-9-1996, p. 11.
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(1) Dispaccio ANSA, del 20-9-1996.
(2) Giovanni Paolo II, Discorso a Saint-Laurent-sur-Sèvre, del 19-9-1996, n. 1, in L’Osservatore Romano, 21-9-1996.
(3) Ibidem.
(4) Ibidem.
(5) Ibidem.
(6) Ibidem.
(7) Ibidem.
(8) Ibidem.
(9) Ibidem.
(10) Charles Maurras, Le mie idee politiche, trad. it., Volpe, Roma 1969, p. 133; modifico la traduzione sulla base dell’originale: Idem, Mes idées politiques, con una prefazione di Pierre Gaxotte, Fayard, Parigi 1968 (1a ed. 1937), p. 134.
(11) Ibidem.
(12) Ibidem.
(13) Giacomo Benigno Bossuet, Il povero nella Chiesa. Predicato a Parigi — alla Dame della Provvidenza — febbraio 1659, in Idem, Discorsi morali, trad. it., Brescia 1949, pp. 171-185 (p. 173).
(14) Giovanni Paolo II, doc. cit., ibidem.
(15) Ibid., n. 2.