Il romanzo Mary e Clara si svolge su due piani temporali diversi. Il “tempo di Mary”, una laureanda in storia che vive a Boston, è il 1978 – anno in cui, guarda caso, l’autore aveva suppergiù l’età del suo personaggio. È un’epoca d’inquietudine per i giovani in Occidente, il cui universo affettivo e relazionale, se pure costretto a confrontarsi con gli imperativi libertari e politici del Sessantotto, non era destabilizzato dall’ancora di là da venire invasività e compulsività digitale. Il “tempo di Clara”, invece, una giovane abruzzese legata sentimentalmente all’ufficiale borbonico di fresca nomina Gaetano Grimaldi, è il 1860, anno “fatale” nel quale l’iperlaicista e indebitato Regno di Sardegna mise in atto la conquista militare del pacifico e relativamente florido Regno delle Due Sicilie, facendola precedere da un’infiltrazione ideologica ultradecennale e da tentativi di reclutamento delle sue classi dirigenti.
Se i resistenti in Lucania al violento cambio di regime – e all’altrettanto violenta repressione successiva dei moti popolari antiunitari – avevano già trovato nella narrativa dello scrittore Carlo Alianello (1901-1981) chi ne vendicasse la memoria, mancavano narratori della non meno eroica epopea degli Abruzzi e di Civitella del Tronto, cittadina della provincia di Teramo e ultima roccaforte borbonica a piegarsi all’invasione piemontese.
Il romanzo di Fabio Sciascia (1956-2017) prova a colmare questa lacuna. La verosimiglianza del “memoriale” di Gaetano Grimaldi – che costituisce il cuore del romanzo, e che ne è forse la parte letterariamente più felice – non è tanto linguistica, quanto storica e ideale. Non solo la figura di Gaetano –informa l’autore in una Postilla storiografica – è modellata sul realmente esistito barone Gaetano Trojani di Cornacchiano, ma la sua costellazione di princìpi, misconosciuta dalla storiografia risorgimentale, quella elaborata dai vincitori, fu effettivamente, e prima di tutto, il motore ideale dei soldati che difesero Gaeta, Messina e Civitella. Dopo di che quella stessa costellazione sostanziò il pensiero legittimista che, pressoché in clandestinità, ha circolato (e circola tutt’ora) nell’Italia postunitaria. Infine fu integrata dai più avvertiti fra i giovani monarchici italiani degli anni 1960 e 1970 – fra cui lo stesso Sciascia – nella prospettiva di riconquista culturale e politica proposta dalla scuola cattolica contro-rivoluzionaria, in genere, e da Alleanza Cattolica, in specie.
Merita attenzione anche il secondo motore narrativo del romanzo, cioè l’ansia interiore che spinge Mary Grimaldi a varcare l’oceano, alla ricerca dell’altra Grimaldi – Clara – e delle proprie radici. Vi scorgo il disvelarsi di un’intuizione già presente in Edmund Burke (1729-1797) come rielaborata dal filosofo britannico Roger Scruton (1944-2020): il principio fondante della società non è un contratto, quanto una forma di partenariato più simile all’amore, nella condivisione di un’eredità che appartiene ai morti, ai vivi e a chi deve ancora nascere, nella quale circoscriviamo le nostre richieste, vedendo noi stessi come parte di una catena ininterrotta di dare e ricevere. Contro questo capitale sociale si accaniscono, di volta in volta, i Rivoluzionari di ogni epoca. Per la sua salvaguardia hanno invece combattuto Clara, Gaetano e Fabio Sciascia.
Consigliabile ai lettori di romanzi e ai cultori di storia del Risorgimento.
Categoria:Romanzo
Autore:Fabio Sciascia
Pagine: 400 pp
Prezzo: € 17,90
Anno: 2019
Editore:D’Ettoris, Crotone
ISBN: 9788893280716