Di Giacomo Gambassi da Avvenire del 24/03/2020
Ogni volta che don Carlo Leo celebra la Messa, si trova davanti agli occhi l’immagine di san Carlo Borromeo che dona i sacramenti agli appestati di Milano. È l’affresco che domina a sinistra dell’altare nella chiesa di Lambrugo che al santo riformatore del Cinquecento è dedicata. «Se san Carlo ha portato in processione la reliquia del santo Chiodo inserita in una croce di legno per chiedere al Signore che il morbo si placasse, perché noi non possiamo compiere un gesto analogo di fronte all’epidemia che ci sta mettendo in ginocchio? », si è chiesto il parroco del borgo in provincia di Como ma nell’arcidiocesi di Milano. Detto, fatto.
Assieme al coadiutore don Marco Cesana, ha attraversato a piedi, con un crocifisso e il secchiello dell’acqua santa fra le mani, due paesi: quelli che formano l’unità pastorale di Lambrugo e Lurago d’Erba, 8mila anime in tutto. E da soli i due preti si sono inginocchiati davanti alle edicole mariane o alle piccole cappelle ma soprattutto si sono fermati di fronte alle case, ai cancelli dei giardini privati e persino accanto alle auto che accostavano dove c’era qualcuno che si affacciasse o si facesse il segno della croce. «Abbiamo benedetto i nostri abitati e li abbiamo circondati di preghiera », raccontano i sacerdoti. Dieci chilometri percorsi in due domeniche, dalla mattina al tardo pomeriggio, facendo attenzione a non infrangere alcuna disposizione anti-contagio, a partire dalle distanze.
Hanno chiamato il loro pellegrinaggio “Cammino penitenziale”. «Con questa piccola iniziativa – spiega don Leo – abbiamo voluto portare il Signore in mezzo alla gente segnata dalla paura». Giungendo con la croce davvero in ogni strada e in ogni piazzetta. «Perché il Padre che è nei cieli non dimentica nessuno – afferma il parroco –. E anche noi sacerdoti ci siamo commossi quando abbiamo visto chi apriva le finestre o chi usciva sulla soglia dei portoni». Silenzio, partecipazione, magari qualche lacrima hanno accompagnato la singolare “Via Crucis” dei preti. «Si dice che viviamo un tempo secolarizzato. Ecco, questo viaggio per rincuorare lo spirito dei nostri fedeli ci ha mostrato quanta sete di Dio c’è ancora nelle case e nelle famiglie di oggi».
Don Leo definisce la benedizione “itinerante” un «gesto da parroco». «Abbiamo consegnato idealmente alle comunità due armi potenti: l’acqua santa che richiama il nostro Battesimo e quindi è invito a restare ancorati a Cristo; e la croce che annuncia il Signore morto e risorto per liberarci dai nostri peccati e dalle nostre angosce». Per di più a Lambrugo il singolare tragitto ha sostituito la benedizione delle famiglie che il coronavirus ha bloccato. Ed è diventato momento di unità anche di fronte alla morte. «Quanto tocca il cuore non poter dare l’ultimo saluto a un conoscente che è deceduto… – confida il parroco –. E quanto dolore vedere pochissime persone intorno a una bara. Si soffre. E allora alla gente dico: viviamo anche noi la deposizione del Signore che era stato portato al sepolcro in fretta e da pochi intimi». Una pausa. «È in situazioni drammatiche come questa che la fede fa la differenza – conclude don Leo –. Ritengo che in molti avvertano il desiderio di tornare ad essere cristiani. E, come scrisse san Carlo nel Memoriale ai milanesi dopo la fine della peste, tutti ci ricorderemo quello che è stato».
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