Di Michele Brambilla
Domenica 5 aprile Papa Francesco presiede la Messa della Domenica delle Palme all’altare della Cattedra nella basilica di San Pietro, facendovi seguire direttamente l’Angelus. Ancora una volta il Pontefice ha al proprio fianco l’icona della Salus Populi Romani e il Crocifisso di San Marcello al Corso.
L’omelia, che segue la lettura integrale della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo san Matteo, traccia una panoramica generale delle letture del giorno e dei momenti salienti della Settimana Santa: «Gesù “svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo” (Fil 2,7)». Esorta il Papa: «Lasciamoci introdurre da queste parole dell’apostolo Paolo nei giorni santi, dove la Parola di Dio, come un ritornello, mostra Gesù come servo: Giovedì Santo è il servo che lava i piedi ai discepoli; Venerdì Santo è presentato come il servo sofferente e vittorioso (cfr Is 52,13); e già domani», Lunedì Santo, «Isaia profetizza di Lui: “Ecco il mio servo che io sostengo” (Is 42,1)». Tutti questi passaggi scritturistici suggeriscono che «Dio ci ha salvato servendoci. In genere», ammette Francesco, «pensiamo di essere noi a servire Dio». Invece «no, è Lui che ci ha serviti gratuitamente, perché ci ha amati per primo». In che modo? «Dando la sua vita per noi».
Cristo non è stato esentato neppure dalle due «[…] situazioni più dolorose per chi ama», il tradimento e l’abbandono da parte delle persone a cui vuoi più bene. Lo stesso Padre è sembrato silente: «sulla croce, nel Vangelo odierno, Gesù dice una frase, una sola: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46). È una frase forte. Gesù aveva sofferto l’abbandono dei suoi, che erano fuggiti. Ma gli rimaneva il Padre. Ora, nell’abisso della solitudine, per la prima volta lo chiama col nome generico di “Dio”. E gli grida “a gran voce” il “perché?”, il “perché?” più lacerante: “Perché anche Tu mi hai abbandonato?”». Il Santo Padre precisa che «sono in realtà le parole di un Salmo (cfr 22,2): ci dicono che Gesù ha portato in preghiera anche la desolazione estrema. Ma resta il fatto che l’ha provata: ha provato l’abbandono più grande, che i Vangeli testimoniano riportando le sue parole originali». Perché? «Ancora una volta per noi, per servirci», per salvarci completamente con un amore che non conosce confini.
Il Padre non era affatto lontano dal Crocifisso: «il Padre, che ha sostenuto Gesù nella Passione, incoraggia anche noi nel servizio. Certo, amare, pregare, perdonare, prendersi cura degli altri, in famiglia come nella società, può costare», come è facile constatare in questi giorni di pandemia. «Ma la via del servizio è la via vincente, che ci ha salvati e che ci salva, ci salva la vita. Vorrei dirlo specialmente ai giovani […]. Cari amici, guardate ai veri eroi, che in questi giorni vengono alla luce: non sono quelli che hanno fama, soldi e successo, ma quelli che danno sé stessi per servire gli altri». «Sentitevi chiamati», riprende il Pontefice, «a mettere in gioco la vita. Non abbiate paura di spenderla per Dio e per gli altri, ci guadagnerete! Perché la vita è un dono che si riceve donandosi. E perché la gioia più grande è dire sì all’amore, senza se e senza ma. Dire sì all’amore, senza se e senza ma. Come ha fatto Gesù per noi».
Lunedì, 30 marzo2020