Marco Invernizzi, Cristianità n. 14 (1975)
La mancanza di una formazione autenticamente contro-rivoluzionaria e la disperazione in cui versano i moderati italiani davanti alla minaccia comunista, inducono spesso molti anticomunisti ingenui a considerare come autentiche ed efficaci contrapposizioni al comunismo sostanzialmente false, perché, come vedremo, non sono altro che momenti contingenti della “dialettica rivoluzionaria”.
Tale errore dottrinale e operativo si sta puntualmente verificando anche in Portogallo, soprattutto nei confronti del nuovo “campione” delle “false destre”, cioè del segretario del Partito Socialista Portoghese, Mário Soares.
Questo personaggio, venuto gradualmente alla ribalta sulla scena portoghese, riassume in sé tutte le caratteristiche predilette dal moderatismo nostrano, caratteristiche opportunamente paludate dagli slogans irrinunciabili dell’”uomo politico moderno”, quali “democrazia”, “pluralismo”, ecc.
Una siffatta presentazione di Soares, corredata dalla espressione rituale, secondo cui “è un uomo che ama le riforme, purché fatte gradualmente, con moderazione e senza violenza“, è sufficiente a gratificarlo dell’attributo di anticomunista convinto, addirittura di destra. Dopo avere appreso con stupore, e in contrasto con ogni seria indagine dottrinale e storica che fascisti, liberali, democristiani, repubblicani e socialdemocratici sono tutti di destra, abbiamo finalmente incontrato i “socialisti di destra”. Ne sentivamo la mancanza.
Fortuna volle, però, che ci imbattessimo in una intervista concessa proprio da Soares al quotidiano francese Le Monde, pubblicata il 3 ottobre e ripresa da Relazioni Internazionali, il settimanale dell’Istituto per gli studi di Politica Internazionale (1).
Anzitutto Soares reclama per il suo partito quel socialismo puro che non deve essere confuso con prospettive socialdemocratiche, perché “i metodi adottati dai nostri amici socialdemocratici europei non sono necessariamente validi per noi. Noi vogliamo creare una vera democrazia socialista, che rispetti le regole della democrazia politica, ma che accetti le forme concrete della democrazia diretta, le esperienze d’autogestione. Queste esperienze esistono e sono positive” (2). Dunque, osserviamo, Soares si colloca più a sinistra della socialdemocrazia europea. Ma i socialdemocratici europei sono quelli che con Kerensky, nel 1917 in Russia, spianarono la strada a Lenin e al bolscevismo; e che negli anni settanta, in Germania, con Brandt, lanciarono la Ostpolitik verso l’Unione Sovietica e i paesi comunisti. Di conseguenza Soares, collocandosi più a sinistra di Kerensky e di Brandt, si pone più vicino di loro ai comunisti.
In secondo luogo è opportuno smascherare la distinzione di Soares tra “democrazia politica” e “democrazia diretta“. Soares vuole instaurare una “democrazia socialista” che rispetterà la “democrazia politica“, cioè il pluralismo dei partiti, ma dovrà accettare la “democrazia diretta, le esperienze d’autogestione” (3).
Viene subito da chiedersi che libertà avranno quanti, nell’ambito della “democrazia politica“, rifiuteranno la “democrazia diretta” e l’”autogestione“. Non è forse questa una nuova formula di quella “democrazia totalitaria” secondo la quale tutti possono parlare, tranne chi non accetta i dogmi della democrazia moderna?
Se poi ci soffermiamo sulle forme di “democrazia diretta” auspicate da Soares, quelle che hanno portato alla nazionalizzazione del “60 per cento della nostra economia” (4) e che, sempre a detta del segretario socialista, rappresentano “esperienze” che “sono positive“, notiamo immediatamente il contrasto con la realtà dell’attuale economia portoghese, disastrata come mai si era verificato in quarant’anni di governo autoritario.
Il disastro economico è stato riconosciuto anche dall’attuale primo ministro portoghese Pinheiro de Azevedo, che in un recente discorso ha invitato a “ricostruire l’economia dissestata” (5), ricordando, tra l’altro, il fallimento delle imprese nazionalizzate (6).
Già a questo punto, un qualsiasi uomo ancora dotato dell’uso di ragione, potrebbe avanzare fondatissimi dubbi sul preteso anticomunismo di Soares. Ma le sue stesse parole, nel corso dell’intervista, servono a illuminarci meglio. “Non abbiamo mai considerato il PCP [Partito Comunista Portoghese] un nemico. Il nemico principale, il solo, è la destra, che cospira e aspetta” (7). La maschera è caduta e ogni dubbio cancellato. Dopo queste parole solo i ciechi o i traditori possono dare credito all’anticomunismo di Soares. Infatti, secondo l’insegnamento di Lenin, l’apparente contrapposizione tra comunisti e socialisti in Portogallo si spiega con la necessità di gestire e recuperare una reazione popolare anticomunista che rifiuta e combatte l’ipotesi del totalitarismo rosso. Per impedire che questa reazione spontanea diventi consapevole, razionale e ordinata, cioè diventi Contro-Rivoluzione, deve essere guidata da “falsi anticomunisti”, dei quali Soares è l’espressione più qualificata.
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Esiste una vera destra in Portogallo? Sono di destra almeno gli altri partiti che hanno partecipato alle elezioni?
Eccone le risposte autentiche. Il Partito Popolare Democratico (socialdemocratici), come ci dice lo stesso Soares, dopo la rivoluzione del 25 aprile, addirittura “sollecitava il riconoscimento dell’Internazionale socialista” (8). Il Centro Democratico Sociale (centristi), in un comunicato emesso due giorni dopo le elezioni, addebitava il proprio relativo insuccesso elettorale al fatto che i propri militanti nella campagna elettorale “hanno saputo collocarsi nella posizione di chi proclama ma non attacca, rifiutandosi, per esempio, di fare dell’anticomunismo o di una politica anti-PCP una bandiera elettorale” (9). Lo stesso partito, nel suddetto comunicato, faceva una sconsiderata apologia del Movimento delle Forze Armate, attore principale della rivoluzione portoghese, e auspicava “attraverso i mezzi radiofonici e televisivi, un’ampia analisi nazionale sul concetto e sulle prospettive del socialismo” (10).
Queste le posizioni dei partiti che dovrebbero garantire la libertà del Portogallo dalla minaccia totalitaria; questo, soprattutto, un fecondo insegnamento per quella “falsa destra” italiana che sembra voler sostituire all’anticomunismo un demenziale post-comunismo, secondo i dettami della più pura “filosofia del fatto compiuto” piuttosto che di quella “della reazione”.
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Dove si nasconde la vera destra portoghese che, secondo le parole di Soares “cospira e aspetta“? Come sempre, dal 1789 a oggi, essa è presente nella base popolare, nel buon senso della gente, fra quel popolo che ama e rispetta la religione, vuole l’unità della famiglia ed è fieramente legato alla proprietà privata. Questo popolo, che probabilmente neppure sa cosa significhi essere di destra, è continuamente “giocato”, irriso e tradito da una classe dirigente che non vuole o non ha il coraggio di assumere la difesa aperta della tradizione religiosa e civile, della famiglia e della proprietà.
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Dal comportamento e dalle scelte dei cattolici, in Portogallo come in Italia, dipenderà l’esito finale della battaglia. Lo conferma lo stesso Soares: “[…] comunque, se una grande parte dei cattolici tradizionalisti ha votato il più a destra possibile, presumo che la grande maggioranza dei cattolici progressisti abbia votato per il Partito socialista. Mi sembra sia una buona cosa, nella misura in cui ciò significa che il problema religioso è stato superato e che i cristiani possono dare un contributo originale alla via socialista che stiamo percorrendo e che cercheremo di percorrere con il Partito socialista” (11).
Ecco, nella misura in cui i cristiani non riterranno superato il problema religioso, ma opereranno alla luce di questo nella vita politica e sociale del loro paese, verrà innescata l’unica miccia capace di far saltare il progetto rivoluzionario portoghese, smascherato e colpito nella sua matrice anticristiana. Solo dall’incontro tra una classe dirigente finalmente consapevole con la sua naturale opinione pubblica, cioè il popolo cattolico, potrà nascere la Contro-Rivoluzione portoghese.
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Non possiamo non chiedere, prima di concludere, a quella opinione pubblica che in Italia si stringe attorno a quotidiani come il Giornale di Montanelli o a riviste come il Settimanale – cioè a quella stampa che ha sempre inneggiato a Soares come al garante della libertà portoghese – con chi si schiererà davanti alla minaccia comunista, se con la “falsa destra” di Soares, che considera i comunisti, “suoi alleati naturali” (12) e sostiene che “Il Partito comunista deve essere associato al governo […] (13), oppure con la vera destra, che è reazionaria, perche reagisce contro tutte le forze rivoluzionarie, ed è soprattutto cattolica, perché nella “dottrina sociale” della Chiesa trova le ragioni del suo autentico anticomunismo.
MARCO INVERNIZZI
Note:
(1) Cfr. Relazioni Internazionali, 11-10-1975, n. 11, pp. 993-994
(2) Ibidem.
(3) Ibidem.
(4) Ibidem.
(5) Ibid., p. 995.
(6) Cfr. Il Giornale nuovo, 14-10-1975.
(7) Relazioni Internazionali, cit.
(8) Ibidem.
(9) Relazioni Internazionali, 10-6-1975, n. 19, p. 460.
(10) Ibidem.
(11) Dichiarazione apparsa in Portugal Socialista, del 28-5-1975, e riportata da Relazioni Internazionali, 10-6-1975, n. 19, p. 459.
(12) il Settimanale, 6-8-1975, n. 32, p. 28.
(13) Relazioni Internazionali, 11-10-1975, n. 41, p. 994.