Di Guido Santevecchi dal Corriere Della Sera del 02/07/2020
PECHINO Cortei, blocchi stradali, cannoni ad acqua della polizia, centinaia di arresti. Hong Kong, nel primo giorno dell’era della Legge di sicurezza nazionale imposta da Pechino, è tornata a mobilitarsi, come aveva fatto per mesi l’anno scorso. Ma ora tutto cambia: da ieri chi viene arrestato rischia l’incriminazione per sedizione, secessionismo, terrorismo o collusione con forze straniere. La Legge cinese prevede da un minimo di tre anni di carcere fino all’ergastolo. Però, in tanti non hanno avuto paura. E qualcuno sta già pagando: almeno dieci degli arrestati sono accusati di violazione della nuova legge, la più giovane è una ragazzina di quindici anni che sventolava un drappo indipendentista.
La scintilla della grande rivolta di Hong Kong, nell’estate 2019, era stata la legge sull’estradizione. Fu ritirata dopo mesi di marce oceaniche, scontri, lacrimogeni, roghi, l’occupazione per una notte del Legislative Council, la trasformazione dei campus universitari in fortezze assediate. Una sfida intollerabile per il Partito-Stato. Ieri, nel 23° anniversario della restituzione della colonia alla Cina e nel primo giorno di applicazione della Legge sulla sicurezza nazionale voluta dal presidente Xi Jinping, Pechino ha rivelato che chi sarà arrestato dagli agenti dell’intelligence cinese spediti a Hong Kong potrà essere estradato e processato nella Madrepatria (vale a dire consegnato a tribunali nella Cina continentale, non più ai giudici garantisti della City). Non è più prevista la libertà sulla parola in attesa del processo: solo il carcere.
Al mattino, durante la cerimonia del doppio alzabandiera, cinese e hongkonghese, solo una dozzina di persone ha osato marciare per protesta lontano dalla Bauhinia Square, sigillata da 4 mila poliziotti e da alti reti di recinzione.
Poi, più persone hanno preso coraggio e alcune centinaia di dimostranti si sono concentrati in Causeway Bay. Il corteo scandiva slogan per incitare a non abbandonare le «Cinque domande» al governo: liberazione dei detenuti, commissione d’inchiesta indipendente sulla repressione da parte della polizia e soprattutto «suffragio universale e democrazia» (si potevano invocare fino all’altro giorno a Hong Kong, ora sono sinonimi di sovversione e cospirazione con forze straniere).
I manifestanti si sono trovati di fronte cordoni di agenti che li hanno accolti con un nuovo striscione di ammonimento. La procedura di ordine pubblico nella City prevede che un agente per ogni reparto tenga pronti nello zaino gli avvisi da srotolare di fronte agli assembramenti e ai cortei. Gialli, rossi o neri a seconda della gravità della situazione sul campo. «Attenzione, disperdetevi», «Un altro passo e carichiamo», «Lancio imminente di lacrimogeni». Ora quello appositamente scritto per la Legge di sicurezza: è su sfondo viola e avverte che urlare slogan antigovernativi infrange la National Security Law cinese: «Potete essere arrestati e processati». C’è una versione in cinese e una in inglese, perché tutti capiscano, anche i residenti stranieri della City.
E subito c’è stato il primo arresto: un uomo che aveva un manifesto con la scritta «Hong Kong Independence». Rischia l’incriminazione per sedizione e secessionismo. Il corteo però si è infoltito, alcune migliaia di dimostranti e grida di «Resistenza fino alla fine»; qualche blocco stradale, la polizia ha schierato un cannone ad acqua, usato spray urticanti e moltiplicato gli arresti, circa 370 prima di notte.
A Bauhinia Square, dopo l’alzabandiera, la governatrice Carrie Lam ha detto ai dignitari: «La decisione di introdurre la Legge sulla sicurezza nazionale era necessaria ed è stata tempestiva, per mantenere la stabilità di Hong Kong e il principio “Un Paese due sistemi”».
A Pechino conferenza stampa di Zhang Xiaoming, vicedirettore esecutivo dello Hong Kong and Macau Affairs Office: ha detto che i sospetti arrestati da agenti del nuovo Ufficio di intelligence cinese nel territorio potranno essere processati in Cina, perché non ci si può aspettare che il sistema legale hongkonghese sia in grado di svolgere tutto il lavoro di applicazione della Legge di sicurezza nazionale.
L’Articolo 55 sancisce che l’ufficio di Pechino a Hong Kong eserciti giurisdizione su casi «complessi» o «gravi».
Zhang ha concluso: «Questa legge è un regalo di compleanno per Hong Kong e si dimostrerà preziosa nel futuro».
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