Di Vladimir Rozanskij da AsiaNews del 04/08/2020
Gli slogan “Russia, svegliati!” o in Bielorussia “Ci siamo stancati!” segnalano un esaurimento della fase “neo-sovietica” della politica russa e bielorussa. A Minsk, dimostrazione di 60mila persone contro Lukashenko (da 26 anni al potere) e a favore di Svetlana Tikhanovskaja. La popolarità di Putin è scesa al 23%. Forse è la fine dei “leader eterni”. Ma intanto dominano censura e arresti.
Mosca (AsiaNews) – Iniziate in estremo oriente a luglio, le proteste stanno ormai scuotendo tutta la Russia, fino alla vicina Bielorussia, dove si avvicinano le elezioni che dovrebbero conferire il settimo mandato (dopo 26 anni di potere) al Batka (Padrino) Aleksandr Lukashenko il prossimo 9 agosto. Per la prima volta la sua leadership viene seriamente messa in discussione, nonostante l’eliminazione in un modo o nell’altro di vari oppositori: 60 mila persone si sono radunate in piazza a Minsk per sostenere la candidata Svetlana Tikhanovskaja, la donna che osa sfidare il Padrino (foto 1).
Anche la popolarità di Putin sembra attraversare una fase di caduta vertiginosa; secondo i dati del Levada-Centr, il più autorevole istituto russo di statistica, sarebbe attualmente al 23%, dal mitico 80% dei giorni della presa della Crimea nel 2014. La presidenza ha intimato alla stampa di non diffondere tali dati, in un’impressionante stretta informativa di regime.
A Khabarovsk, dove da un mese ogni giorno si radunano grandi masse di manifestanti (foto 2a; 4), è stato arrestato il giornalista Aleksej Romanov, proprietario di un canale YouTube con 300 mila iscritti, che diffonde immagini delle proteste. A Mosca è stato vietato anche il “picchetto solitario”, dove i manifestanti sfilano da soli con cartelli di protesta, e anche la deputata municipale Julia Galjamina rischia ora fino a 5 anni di reclusione. A Ekaterinburg è stato arrestato il noto politologo e pubblicista Fedor Krasheninnikov, con l’accusa di offesa alle autorità.
L’ex-governatore di Khabarovsk, il carismatico Sergej Furgal, che da un mese è agli arresti per gravi accuse, acquista invece ogni giorno grandi fette di popolarità, tanto da essere considerato oggi uno dei primi 10 politici di Russia, e alcuni pensano che, se liberato, potrebbe ripetere il percorso di Eltsyn in opposizione a Gorbačëv all’inizio degli anni ’90. Con ogni probabilità, è nche per questo che le autorità non hanno ancora usato la forza per reprimere le manifestazioni, al di là di alcuni arresti. Da Khabarovsk, ma anche dalle vicine Komsomol-sull’Amur e Vladivostok, la protesta potrebbe esplodere davvero a livello generale.
Le proteste sono legate al cattivo stato dell’economia, ma anche al desiderio di essere protagonisti nella vita politica e sociale. Gli slogan “Russia, svegliati!” o in Bielorussia “Ci siamo stancati!” segnalano un esaurimento della fase “neo-sovietica” della politica russa e bielorussa, finora sempre collegate, anche se di recente Lukashenko ha cercato di mostrarsi più indipendente dall’influsso putiniano, arrestando perfino alcuni “berretti verdi”, le milizie russe non ufficiali che agiscono nelle azioni belliche in Ucraina, e spesso sono di stanza in Bielorussia.
I “leader eterni” non sono più molto popolari, e gli eccessi di verticismo di Putin – espresso nelle modifiche costituzionali – sta producendo l’effetto opposto a quello desiderato. L’esempio di Lukashenko è sintomatico: quando salì al potere nel 1994 affermò che l’unica dittatura sarebbe stata la “dittatura della legge”; l’anno dopo con un referendum riscrisse la costituzione assegnando al presidente i pieni poteri sul parlamento e le forze dell’ordine. In seguito si sono ripetute nuove “consultazioni popolari” per rafforzare ulteriormente la posizione presidenziale, ma ora il credito popolare sembra esaurito.
Negli ultimi due anni si sono susseguiti in Bielorussia numerosi arresti e repressioni nei confronti dei giornalisti, tanto che il Paese occupa il 153° posto (su 180) nelle valutazioni internazionali sulla libertà di stampa. Solo nell’ultimo mese, prima delle elezioni, sono finiti in prigione 25 esponenti della stampa d’opposizione, tra cui alcuni candidati alla presidenza.
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