Roberto Beretta, Cristianità n. 367 (2013)
Intervista raccolta da Roberto Beretta e comparsa in il Timone. Mensile di informazione e formazione apologetica, anno XV, n. 119, Milano gennaio 2013, pp. 42-43; trascritta con qualche modifica grafica e con inserti fra parentesi quadre e note redazionali.
Intervista a Giovanni Cantoni
Cristo re e civiltà cristiana. Non ha mezzi termini lo statuto di Alleanza Cattolica, l’associazione di laici fondata da Giovanni Cantoni negli anni Sessanta. Un programma che si propone “l’instaurazione della regalità di Cristo anche sulle società umane”, dunque nettamente in controtendenza rispetto all’attuale proposito di “laicità dello Stato”, molto diffuso anche negli ambienti cattolici. Ma quali sono le premesse di una posizione del genere, tanto “fuori moda”? Lo spiega qui Cantoni stesso: piacentino, 75 anni, intellettuale conservatore.
“Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Però, nella storia del cristianesimo, questa saggia prescrizione messianica è stata spesso trascurata. Si ha infatti l’impressione che la Chiesa abbia piuttosto cercato un accordo preferenziale, se non addirittura il compromesso, con il potere. Qual è il giudizio dello storico?
Anzitutto due premesse fondamentali: in primo luogo, come afferma il venerabile Papa Pio XII (1939-1958), “[…] se la Chiesa e lo Stato conobbero ore ed anni di lotta, si ebbero altresì, da Costantino il Grande [280 ca.-337] fino all’epoca contemporanea ed anche recente periodi tranquilli, spesso prolungati, durante i quali essi collaborarono in piena comprensione all’educazione delle medesime persone. La Chiesa non nasconde che essa considera per principio tale collaborazione come normale e che essa ritiene come un ideale l’unità del popolo nella vera religione e l’unanimità d’azione tra essa e lo Stato” (1); e, in secondo luogo, Stato sta per “Stato moderno”, termine tecnico a indicare lo “stato della società” in Occidente grosso modo negli ultimi cinque secoli.
Rivolgendosi ai viventi in questo Stato, con la sua dottrina sociale la Chiesa offre princìpi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione per costruire “una società a misura di uomo e secondo il piano di Dio” (2), come propone il beato Papa Giovanni Paolo II (1978-2005). Non spetta a essa, però, realizzare concretamente queste indicazioni, ma ai laici che agiscono nell’ordine temporale e perseguono il bene comune, inteso come insieme delle condizioni che, ai diversi livelli e nelle diverse situazioni, garantiscono e favoriscono le migliori situazioni di vita di ogni singolo, quindi la realizzazione sociale della gloria di Dio. Tuttavia, in Occidente le forze politiche si sono poste in modi diversi nei confronti della Chiesa, a volte ignorandola o perseguitandola, come nei primi tre secoli della sua storia; a volte collaborando alla costruzione del bene comune, come nell’epoca della Cristianità, che ha visto anche la nascita del Sacro Romano Impero; altre volte, e specificamente nell’epoca moderna, separandosi conflittualmente dalla Chiesa in nome d’ideologie laiciste. Il potere non è qualcosa di negativo in sé ma, scrive san Paolo nella Lettera ai Romani (13, 1), non vi è autorità che non provenga da Dio e quelle che esistono sono volute da Dio. Ovviamente quando sbagliano, soprattutto se gravemente, vanno coraggiosamente criticate e spesso bisogna denunciare e resistere alle iniquità che commettono, ma la Chiesa ha un atteggiamento collaborativo e di rispetto verso ogni autorità legittima.
Il prossimo anniversario dell’Editto di Milano dell’anno 313 sulla libertà religiosa dopo le persecuzioni anticristiane dei primi secoli ha richiamato l’attenzione sulla controversa figura di Costantino: “imperatore cristianissimo” per alcuni, origine di tutte le rovine della Chiesa stessa per altri. Dove sta la verità?
Non si può negare che Costantino ha posto fine alle persecuzioni contro i cristiani con un atto giuridico che introduceva il principio della libertà religiosa, cioè il diritto di ogni persona a professare la propria religione senza interferenze da parte dello Stato. Non si possono neanche dimenticare i benefici concessi alla Chiesa, che veniva integrata nel diritto pubblico romano, e l’impegno profuso per superare le divisioni fra cristiani, soprattutto con il Concilio di Nicea, del 325, in cui Costantino ha avuto una parte importante.
La Chiesa occidentale ha svolto un secolare ruolo di supplenza del potere civile, che è stato certamente prezioso per la civiltà ma è stato pagato pesantemente in termini di purezza e di libertà del messaggio evangelico. Il cristianesimo è stato spesso confuso con il regime politico di turno, e forse ne porta tuttora i segni. Che ne pensa?
La Chiesa sa bene che per svolgere la sua funzione primaria di evangelizzare, comunicare la salvezza di Cristo attraverso i sacramenti ed educare alla fede con la catechesi, ha bisogno di condizioni adatte allo svolgimento di tali attività, a cominciare dalla libertas Ecclesiae. Essa non può non impegnarsi per un’accoglienza della verità della religione cristiana da parte della società in un modo quanto più possibile integrale, per cui anche la confessionalità dello Stato — cioè del profilo organizzativo della società —, con il riconoscimento della missione unica della Chiesa cattolica, è obiettivo da perseguire, naturalmente escludendo ogni coercizione sociale e civile in materia religiosa. Se il ruolo di supplenza del potere civile avesse comunque aiutato il bene comune e lo sviluppo della civiltà, vi sarebbe da esser contenti, perché anche questo rientra nei compiti della Chiesa. Quest’ultima infatti non può esimersi dal favorire la soluzione dei problemi politici e sociali nei diversi modi che la storia ci ha proposto. Non dimentichiamo che il cristianesimo è la religione dell’Incarnazione, che valorizza tutto quanto è umano.
Ancora oggi fra le religioni — non escluso il cristianesimo — non mancano le tentazioni teocratiche, e d’altra parte non sono pochi i sovrani e i dittatori che ammantano il loro potere di pretese religiose. Qual è il sano rapporto tra Stato e Chiesa oggi, secondo lei?
Recandosi negli Stati Uniti d’America nel 2008, Papa Benedetto XVI [2005-2013] ha indicato nel sistema politico nordamericano un modello per gli Stati moderni, contrassegnato da una laicità positiva che non nasce da un conflitto fra Stato e Chiesa, come invece avviene nel modello europeo che trae origine dalla Rivoluzione Francese (3). Laicità positiva significa che lo Stato non “adotta” una confessione religiosa, ma riconosce l’importanza della religione nella vita pubblica della nazione. Uno Stato laico non laicista, potremmo dire con uno slogan.
Quanto alla tentazione teocratica, in Occidente la distinzione fra i due poteri è sempre stata visibile, oltre che sostenuta dalla Chiesa. Da questo punto di vista proprio la nozione stessa d’Impero rappresenta la garanzia dell’esistenza di un potere laico distinto da quello ecclesiastico. Ma un potere consapevole di avere ricevuto da Dio il compito di governare e di dovere rispondere, a Dio certamente nel Giorno del Giudizio ma anche al popolo nel corso della storia, su come avrà esercitato il potere conferitogli. I due poteri, quello civile e quello ecclesiastico, hanno avuto fasi conflittuali nel tempo: dall’incoronazione imperiale di Carlo Magno (742-814) nella notte di Natale dell’800 fino alla fine del Sacro Romano Impero nel 1806, vi sono stati periodi di confusione e di sovrapposizione, abusi da una parte e dall’altra e anche scontri importanti, come la lotta per le investiture nel Medioevo. Ma, “contrariamente ad altre grandi religioni — afferma Papa Benedetto XVI —, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto — ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio” (4). Quindi nulla né di teocratico né di ierocratico, cioè nessun “governo dei preti”.
Note:
(1) Pio XII, Discorso “Vous avez voulu” ai partecipanti al X Congresso Internazionale delle Scienze Storiche, del 7-9-1955, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XVII, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1956, pp. 209-222 (p. 218).
(2) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana sul tema: “Dalla “Rerum novarum” ad oggi: la presenza dei cristiani alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa”, del 31-10-1981, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IV, 2, 1981. (Luglio-Dicembre), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1982, pp. 519-523 (p. 523).
(3) Cfr. Massimo Introvigne, L’ultimo viaggio di Tocqueville. L’”enciclica itinerante” di Papa Benedetto XVI sugli Stati Uniti d’America, in Cristianità, anno XXXVI, n. 347-348, maggio-agosto 2008, pp. 3-16.
(4) Benedetto XVI, Visita al Parlamento Federale nel Reichstag di Berlino, del 22-9-2011, testo originale tedesco in Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. VII, 2, 2011. (Giugno-Dicembre), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2012, pp. 276-283, trad. it. in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 24-9-2011.