Massimo Introvigne, Cristianità n. 356 (2010)
Il punto di partenza dell’apostolato di Alleanza Cattolica è la regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. Il regno di Gesù Cristo non è di questo mondo (cfr. Gv. 18, 36), nel senso che non trova nel mondo il suo fondamento, ma si estende su questo mondo, anche nelle sue dimensioni sociali. “Estendere il regno di Dio” (1) nella società — insegna il Concilio Ecumenico Vaticano II (1963-1965) nel decreto Apostolicam actuositatem — implica assumersi il compito di “costruire tutto l’ordine temporale e di ordinarlo a Dio per mezzo di Cristo” (2). Secondo lo stesso documento, se “è compito dei pastori enunciare con chiarezza i princìpi […] affinché l’ordine temporale venga instaurato in Cristo” (3), questa instaurazione spetta in concreto ai laici, così che la regalità sociale di Gesù Cristo non è una forma di teocrazia, né s’identifica con una presunta regalità sociale dei preti.
Perché l’ideale della regalità sociale non si riduca alle semplici celebrazioni, pure apprezzabili, della festa di Cristo Re, l’instaurazione cristiana dell’ordine temporale deve consistere nella realizzazione di una società che rispetti l’ordine morale del decalogo, il quale — in quanto corrisponde alla legge naturale — s’impone certo a tutti gli uomini dotati di retta ragione, ma per il cattolico è il modo concreto di rispondere all’appello del Signore della storia: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” (Gv. 14, 15). fra le declinazioni del decalogo nella vita sociale vengono al primo posto quelli che Papa Benedetto XVI definisce “valori […] non negoziabili” (4), un’espressione tecnica che nel magistero pontificio indica la vita, la famiglia e la libertà di educazione.
La tecnicità dell’espressione non significa, naturalmente, che altri princìpi non siano importanti. Indica però un ordine di priorità. Come scriveva la Congregazione per la Dottrina della Fede in una nota trasmessa ai vescovi americani durante la campagna elettorale statunitense del 2004, ci sono temi su cui “ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici” (5) — gli esempi indicati concernevano la giustizia e la guerra in Iraq, questioni non meno gravi di alcune evocate durante l’ultima campagna elettorale in Italia —, “non però in alcun modo riguardo all’aborto e all’eutanasia” (6), che sono appunto princìpi non negoziabili.
Accanto ai princìpi non negoziabili — mai prima — dovranno poi essere presi in esame altri princìpi, alcuni dei quali più importanti di altri. A monte di essi vi è l’identità della nazione, per l’Europa e per l’Italia collegata alle sue radici cristiane che devono essere esplicitamente riconosciute. E l’identità cristiana richiede anche un governo dell’immigrazione che s’ispiri al principio dell’accoglienza — perché la nostra identità è cristiana — ma anche a quelli della legalità e della difesa dell’integrità culturale del territorio, perché il nostro cristianesimo nella storia ha generato appunto un’identità. A valle vi sono poi i diritti collegati alla proprietà e al lavoro, perché chi non ha sicurezza economica e dipende interamente dallo Stato non è neanche in condizione di difendere la vita e la famiglia. La formula del pensatore cattolico contro-rivoluzionario brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) “tradizione, famiglia, proprietà” sintetizza il collegamento fra i princìpi non negoziabili, riassunti nella famiglia, e le premesse e conseguenze indispensabili per difenderli: l’identità, anzitutto, fondata sulla tradizione e sulle radici, quindi un’economia rispettosa della proprietà privata che consenta di vivere in libertà (7).
Una lunga marcia verso la scristianizzazione, che la scuola cattolica contro-rivoluzionaria cui Alleanza Cattolica s’ispira chiama “Rivoluzione”, con riferimento a un processo plurisecolare e non a un singolo evento, ha ferito l’Occidente fin dalla rottura fra fede e ragione del XVI secolo, evocata da Papa Benedetto XVI a Ratisbona nel 2006 (8) e nell’enciclica Spe salvi del 2007 (9). Secondo l’espressione di un altro pensatore contro-rivoluzionario del XX secolo, Jean Ousset (1914-1994), questo processo avanza attraverso truppe regolari, agenti segreti e quinte colonne (10). Le truppe regolari sono composte dai sostenitori delle ideologie che esplicitamente negano i princìpi non negoziabili. Gli agenti segreti sono le lobby che, per attaccare i princìpi, attaccano la Chiesa con manovre di cui siamo particolarmente testimoni in questi giorni. Le quinte colonne sono quei cattolici che oggi in linguaggio giornalistico si chiamerebbero “benaltristi”, nel senso che non sempre negano i princìpi non negoziabili ma sostengono che i problemi principali sono “ben altri”: la legalità, la giustizia sociale — di cui propongono peraltro idee distorte — e magari anche chi occupa quel tal posto di governo o di sottogoverno.
Il fatto che — per complesse ragioni storiche — siano stati spesso (anche se non sempre) cattolici di orientamento “benaltrista” a dominare i partiti detti cattolici ha determinato una certa sfiducia dei cattolici più fedeli al Magistero verso la forma del partito moderno, e una preferenza per accordi diretti con candidati sulla base d’impegni concreti su temi e valori, sul modello del Patto Gentiloni del 1913 (11) e di analoghe esperienze francesi e brasiliane.
La prima repubblica è stata caratterizzata in Italia dalla presenza di partiti ideologici e di un partito che si presentava come d’ispirazione cattolica, la Democrazia Cristiana, ampiamente dominato da esponenti della scuola cattolico-democratica, cioè di quella scuola che sui princìpi non negoziabili fa sistematicamente prevalere altri valori, a partire dalla democrazia considerata come un valore in sé e anzi il valore supremo. Alleanza Cattolica non ha mai ritenuto d’identificare la sua battaglia per la regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo con uno dei partiti presenti, dal momento che con ogni evidenza nessuno presentava dottrine e programmi conformi alla dottrina sociale della Chiesa. Questo non significa, naturalmente, che i partiti della prima repubblica fossero tutti uguali: di qui gli appelli di Alleanza Cattolica a “votare anticomunista”, ma anche a non fermarsi al voto, guardando anzitutto alle battaglie di principio. Lo strumento principale di queste battaglie sembrava essere principalmente negli anni 1970 e 1980 il referendum, dove appunto non si votavano partiti ma temi. Così Alleanza Cattolica per prima raccolse le firme in Italia per il referendum contro il divorzio, poi celebrato nel 1974 (12), e s’impegnò per proporre un serio referendum contro l’aborto, non mancando di denunciare le incertezze e le complicità di molti cattolici che ebbero un ruolo decisivo nel portare all’esito infausto del 1981 (13).
In Italia i partiti ideologici sono ampiamente — anche se non completamente — venuti meno con il passaggio nel 1994 dalla prima alla seconda repubblica. Con i nuovi sistemi elettorali l’adesione a una coalizione e a uno schieramento non aveva più il significato d’ingresso in una famiglia ideologica. Alleanza Cattolica ne prendeva atto, indicando in occasione di consultazioni elettorali la coalizione di centro-destra non come nuova famiglia ideologica portatrice di dottrine integralmente conformi alla dottrina sociale della Chiesa — il che da una parte non era vero, dall’altra corrispondeva a schemi ormai andati in pensione con la prima repubblica —, ma come spazio in cui, a differenza di quanto avveniva nel centro-sinistra, i princìpi non negoziabili potevano essere liberamente e talora efficacemente difesi. Si apriva anche la strada — sostenuta in particolare dal card. Camillo Ruini, nella sua lunga stagione di presidente della Conferenza Episcopale Italiana — di nuovi Patti Gentiloni, cioè della richiesta a politici che non si presentano come esponenti di un partito cattolico d’impegni precisi in tema di princìpi non negoziabili, a fronte dei quali i laici cattolici fedeli al Magistero offrono pure un sostegno elettorale. La manifestazione anche visibile di questa nuova presenza politica dei cattolici è stata il Family Day del 2007, cui Alleanza Cattolica ha attivamente partecipato, dalla fase dell’ideazione alla manifestazione romana del 12 maggio.
Le elezioni regionali del 2010 hanno visto la presentazione da parte del centro-sinistra di due candidature — Mercedes Bresso in Piemonte ed Emma Bonino nel Lazio — particolarmente emblematiche per una carriera militante caratterizzata dalla lotta incessante ai princìpi non negoziabili e dall’esplicito sostegno a forme di banalizzazione dell’aborto, all’eutanasia e al riconoscimento delle unioni omosessuali, insieme all’ostilità contro le scuole non statali. La situazione del Piemonte era a sua volta diversa da quella del Lazio per due ragioni: perché il candidato del centro-destra Roberto Cota si presentava esplicitamente come cattolico fedele ai princìpi non negoziabili, e perché con la candidata del centro-sinistra Bresso era schierato un partito che si dichiara d’ispirazione cattolica, l’UDC, l’Unione dei Democratici Cristiani e di Centro.
Da qui l’iniziativa di Alleanza Cattolica, di Federvita Piemonte — cioè dell’associazione che riunisce in Piemonte settanta organizzazioni che operano sul territorio regionale in difesa della vita e contro l’aborto — e di esponenti del mondo del volontariato cattolico di proporre a Cota un Patto per la vita e per la famiglia contenente sei impegni concreti in tema di dissuasione nei confronti dell’aborto e dell’uso della pillola abortiva RU486, esclusione di ogni registro regionale dei testamenti biologici e delle coppie di fatto, sostegno alle famiglie e restaurazione della piena fruibilità del buono scuola per tutti i genitori piemontesi (14). Uno degl’impegni assunti da Cota nel Patto sottoscritto il 24 febbraio 2010 con quattro garanti — di cui due di Alleanza Cattolica, il sottoscritto e Mauro Ronco, reggente regionale dell’associazione in Piemonte, mentre gli altri garanti sono Marisa Orecchia, presidente di Federvita Piemonte, e Maria Paola Tripoli, storica esponente del volontariato cattolico torinese — riguarda elementi concreti di una gestione ragionevole dell’immigrazione, che coniughi l’accoglienza, e la tutela della vita e della famiglia anche fra gl’immigrati, con il necessario rigore. A fronte di critiche spesso rivolte al partito di Cota, la Lega Nord, per le sue posizioni — o per i suoi toni — sull’immigrazione, l’impegno appare come particolarmente significativo.
Sulla base di questo patto, Alleanza Cattolica il 25 febbraio ha lanciato l’appello Per la vita e per la famiglia. Alleanza Cattolica ha scelto Cota (15), indicando anche chiaramente come nella regione subalpina votare UDC significasse, in concreto, sostenere la Bresso, la quale fra l’altro aveva incluso nella sua coalizione anche la Lista Bonino-Pannella e la sinistra ultra-comunista, per conto della quale nel listino della stessa Bresso — cioè nella lista di candidati al Consiglio Regionale che, in base alla legge elettorale piemontese, sono automaticamente eletti in caso di successo della candidata presidente — era incluso il consigliere uscente Vincenzo Chieppa, segretario provinciale a Torino del Partito dei Comunisti Italiani, il quale si era segnalato per dichiarazioni particolarmente aggressive e offensive nei confronti della Chiesa e del Papa, oltre che per campagne di sostegno alla Repubblica di Cuba e alla Repubblica Popolare Democratica di Corea, cioè alla Corea del Nord. Per l’ultima settimana delle elezioni, questa messa in guardia rivolta in particolare agli elettori dell’UDC era reiterata nell’Appello agli elettori di Alleanza Cattolica, del 18 marzo 2010 (16).
Per la diffusione di questi documenti Alleanza Cattolica ha scelto una strategia di comunicazione diversificata, sia moltiplicando conferenze e incontri pubblici, sia utilizzando le nuove tecnologie con l’apertura del sito Internet dedicato alleanzapercota.org, con l’invio — tramite una società specializzata, che ha garantito fra l’altro il pieno rispetto delle norme sullo spam e sulla privacy — di 56.000 messaggi E-mail, con la spedizione di buste con materiale relativo alla campagna a seimila esponenti del mondo cattolico piemontese, ivi compresi tutti i parroci, con una costante presenza su Facebook e con una campagna di SMS. I numerosi echi di stampa, e le reazioni furibonde di esponenti della coalizione Bresso, dimostrano meglio di ogni altra argomentazione il buon esito della campagna di Alleanza Cattolica.
Queste reazioni non si sono placate neppure dopo le elezioni, come mostra la manifestazione Contro un patto per la vita che ha sapore di morte organizzata a Torino il 24 aprile 2010 dall’area della sinistra antagonista, dai centri sociali e da diverse organizzazioni femministe e omosessuali, al culmine della quale una versione — peraltro imprecisa e anzi caricaturale — del Patto per la vita e per la famiglia riprodotta su un grande striscione è stata cosparsa di benzina e pubblicamente bruciata in Piazza Carignano (17). Alla manifestazione hanno partecipato millecinquecento persone secondo gli organizzatori, duecentocinquanta secondo il quotidiano La Stampa (18). I toni aggressivi e violenti, e lo stesso rogo pubblico del Patto per la vita e per la famiglia, confermano peraltro a loro modo la centralità del documento nella campagna elettorale piemontese.
Nella vittoria di Cota, infatti — come tutti i commentatori hanno riconosciuto —, una parte fondamentale ha avuto l’appoggio del laicato cattolico, che ha determinato in particolare il crollo dell’UDC, un partito che in Piemonte in un anno, dalle elezioni europee del 2009, ha perso circa metà dei suoi elettori — da 147.365 del 2009 a 74.412 del 2010 — e forse più di metà, se si considera che nel 2010, a differenza del 2009, insieme all’UDC si presentava l’API, l’Alleanza per l’Italia, partito guidato da Francesco Rutelli e che presentava in Piemonte nelle liste dell’UDC candidati rappresentativi provenienti dalle fila del Partito Democratico. Considerando l’ampia coalizione messa in campo dalla Bresso — dai Comunisti Italiani all’UDC — e il vasto sostegno da parte di tutti i “poteri forti” industriali, bancari, culturali e giornalistici il successo di Cota ha del miracoloso — come la sconfitta della candidata radicale Emma Bonino nel Lazio, dove per di più nella circoscrizione provinciale di Roma era stata esclusa com’è noto la lista del principale partito della coalizione di centro-destra —, ed è certo dovuto anche al silenzioso impegno di preghiera di tanti cattolici.
I patti come quello siglato con Cota indicano un nuovo modo di fare politica dei cattolici dopo la fine della prima repubblica, che sceglie non sulla base di vere o presunte affinità simboliche o ideologiche con un partito ma d’impegni pubblicamente assunti e suscettibili di altrettanto pubbliche verifiche. Si tratta certo di una strada faticosa. Ma per chi ha a cuore i princìpi non negoziabili ormai non ce ne sono altre.
Note:
(1) Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto sull’apostolato dei laici “Apostolicam Actuositatem“, del 18-11-1965, n. 4.
(2) Ibid., n. 7.
(3) Ibidem.
(4) Cfr., per esempio, Benedetto XVI, Discorso ai membri del Movimento per la Vita italiano, del 12-5-2008, in Insegnamenti di Benedetto XVI. IV, 1. 2008. Gennaio-giugno, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009, pp. 777-780 (p. 779).
(5) Congregazione per la Dottrina della Fede, Dignità a ricevere la Santa Comunione. Princìpi generali, nota trasmessa al cardinale Theodore E. McCarrick, arcivescovo di Washington, e all’arcivescovo Wilton Gregory, presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, giugno 2004; trad. it. disponibile sul sito Internet del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, all’indirizzo <http://www.cesnur.org/2004/04_ratzinger.htm>.
(6) Ibidem.
(7) Cfr. Plinio Corrêa de Oliveira, Tradizione, famiglia e proprietà, trad. it., in Cristianità, anno VI, n. 34-35, febbraio-marzo 1978, pp. 3-5.
(8) Benedetto XVI, Discorso ai rappresentanti della scienza, Aula Magna dell’Università di Regensburg [Ratisbona], del 12-9-2006.
(9) Idem, Lettera enciclica Spe salvi sulla speranza cristiana, del 30-11-2007.
(10) Cfr. Jean Ousset, Pour qu’Il règne, La Cité Catholique, Parigi 1959, p. 175. Sul punto cfr. il mio Jean Ousset e La Cité Catholique. A cinquant’anni da “Pour qu’Il règne”, in Cristianità, anno XXXVIII, n. 355, gennaio-marzo 2010, pp. 9-61.
(11) Cfr. Marco Invernizzi, L’Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici. Con un’appendice documentaria, Cristianità, Piacenza 1993.
(12) Cfr. gli editoriali — non firmati, ma di Giovanni Cantoni — Il referendum per la famiglia, in Cristianità, anno II, n. 3, gennaio-febbraio 1974, p. 1; e 13 milioni di italiani resistono alla persecuzione laicista, all’aggressione comunista e alla corruzione del progressismo sedicente cristiano, ibid., anno II, n. 5, maggio-giugno 1974, p. 2.
(13) Cfr. G. Cantoni, Comunque è aborto!, in Cristianità, anno IX, n. 72, aprile 1981, pp. 1-2; e Idem, 17 maggio 1981: la verifica della confusione e della delusione, ibid., anno IX, n. 73-74, pp. 1-3.
(14) Cfr. Patto per la vita e per la famiglia, del 24-2-2010, in questo numero, pp. 57-58.
(15) Cfr. Per la vita e per la famiglia. Alleanza Cattolica ha scelto Cota, del 25-2-2010, all’indirizzo <http:// www.alleanzacattolica.org/ comunicati/ acnews/ acnews_2010_02. html>.
(16) Cfr. Alleanza Cattolica, Appello agli elettori, del 18-3-2010, in questo numero, pp. 59-60.
(17) Cfr. video postato dagli organizzatori della manifestazione su YouTube: <http://www. youtube.com/watch?v=VFZ0m-IXB9o> (consultato il 26-4-2010).
(18) “In trecento al corteo, flop del No Lega day”, in La Stampa, Torino 25-4-2010.